Bosnia, prove generali per il finale dipartita di Aldo Rizzo

Bosnia, prove generali per il finale dipartita Bosnia, prove generali per il finale dipartita INALE di partita in Bosnia? Sarebbe bello crederlo. Finale di partita nel senso che starebbero per sciogliersi i due ultimi, grossi nodi della tragedia nella ex Jugoslavia: il ritorno dei profughi nelle loro terre d'origine, dopo le spietate operazioni di pulizia etnica, e l'arresto dei maggiori criminali di guerra, primo fra tutti l'ex presidente della Repubblica serbo-bosniaca, Radovan Karadzic. Alcuni segnali per sperare non mancano. Tredici giorni dopo un feroce atto d'intolleranza da parte dei croati (cioè nell'ambito di quella federazione croatomusulmana, che dovrebbe, almeno essa, dare prova di concordia, di fronte all'«entità» serba di Bosnia), alcune decine di famiglie musulmane hanno avuto il permesso, sempre dai croati, di rientrare nelle loro case. Case abbandonate, saccheggiate, semidistrutte, ma pur sempre le loro case. Quanto all'arresto del criminale Karadzic e al suo trasferimento presso il Tribunale internazionale dell'Aia (questo sarebbe il vero «finale di partita»), sarebbe già pronta a scattare una squadra speciale della Nato, che intanto si starebbe «allenando» sui monti attorno a Pale. Così almeno dice l'inglese «Sunday Times», citando fonti militari britanniche. Se proprio così non fosse, si tratterebbe comunque di una crescente pressione sullo «psichiatra pazzo», responsabile col capo militare Ratko Mladic delle peggiori atrocità della guerra, e sui suoi residui, ma non impotenti, protettori. Chi sono questi protettori? Sul piano tecnico, una polizia «speciale», forte di almeno duemila uomini, con un nucleo duro, costituito da reparti scelti addetti alla difesa personale di Karadzic. Sul piano politico, i falchi del partito dominante, che sono poi la maggioranza, e infatti hanno espulso quella Biljana Plavsic designata alla testa della Repubblica dallo stesso Karadzic e poi staccatasi dall'ala intransigente per un soprassalto di moderazione, o per meglio dire di realismo. Ebbene, avere ragione di questi protettori non sarà facile per la Nato. Un blitz può sempre riuscire, ma se I si va a uno scontro aperto, I questo non sarà incruento. E si sa che evitare lo spargimento di sangue è, ovviamente, una ferrea regola della forza di pace. Ma c'è un rischio più generale, ed è che un attacco diretto a Karadzic spinga tutta l'ala dura, militare e politica, a riprendere le ostilità, mandando in frantumi l'intero, fragile castello degli accordi di Dayton, che posero fine alla guerra guerreggiata quasi due anni fa. Ma, se si parla di protettori, bisogna andare ancora più in alto, bisogna andare a Belgrado, fino al leader della Serbia-Serbia, Slobodan Milosevic. Questi, ufficialmente, ha liquidato Karadzic, ma sono in molti a credere che egli non abbia alcuna reale intenzione di favorirne l'arresto, per il timore di essere anche lui coinvolto, all'Aia, nelle responsabilità dei crimini di guerra, o nella loro ispirazione. Richard Holbrooke, il principale artefice di Dayton, negoziatore rude, sa tutto questo, e perciò ha minacciato Milosevic, alle prese con un'economia serba ridotta allo stremo, di nuove sanzioni internazionali. Basterà? E basteranno i primi rientri di profughi musulmani per considerare avviato a soluzione quell'altro, gravissimo problema? Il vero finale di partita, nel senso più ampio e conclusivo, sarebbe l'uscita di scena, non solo di Karadzic e Mladic, ma dello stesso Milosevic. E anche del croato Tudjman, protagonista solo un po' meno equivoco della tragedia bosniaca. A quel punto, si potrebbe esigere una maggiore apertura anche dai musulmani di Izetbegovic, a Sarajevo. I segnali di speranza, in conclusione, vanno visti in un quadro che resta estremamente complesso. Holbrooke dovrebbe tornare nell'area nei prossimi giorni, per verificare l'esito pratico delle sue «direttive». Certo, se nonostante tutto dovesse esserci l'arresto di Karadzic... Aldo Rizzo 20 I

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Dayton, Jugoslavia, Sarajevo, Serbia