Ioduro di mercurio ambiguo tuttofare

Ioduro di mercurio ambiguo tuttofare Ioduro di mercurio ambiguo tuttofare NON sempre è chiaro ai profani che cosa faccia esattamente chi studia la crescita dei cristalli. Alcuni forse pensano al sale da cucina e si chiedono come si possa spendere soldi pubblici per attività simili a giochi da ragazzini. La realtà però è alquanto diversa. Per esempio, pochi conoscono lo ioduro di mercurio: è un composto artificiale, che non esiste in natura, di formula HgI2, che suscita l'interesse di parecchi cristallografi perché sembra destinato ad acquistare una grande importanza pratica in un futuro non troppo lontano; è infatti un sensibilissimo rivelatore di radiazioni X e gamma a temperatura ambiente, con numerose possibili applicazioni in vari campi scientifici, medici, industriali e ambientali. ■ E' facile capire il perché: un rivelatore ad HgI2 permetterebbe ai medici di usare una minore quantità di radiazioni sui pazienti per le loro radiografie, permetterebbe misure più accurate della radioattività, anche minima, presente nell'aria o nell'acqua, o nella vegetazione, o comunque nell'ambiente. Lo ioduro di mercurio allo stato solido può presentarsi sotto diversi aspetti. Ha un diagramma di stato complicato: esiste il cosiddetto alfa-HgI2, che cristallograficamente appartiene alla classe tetragonale, di colore solitamente rosso (ed è quello con le proprietà più interessanti), e il beta-HgI2, che cristallizza nella classe rombica, di colore giallo. L'alfa-HgI2 migliore è quello cresciuto da vapore ma anche la crescita da soluzione può dare risultati interessanti. Però, nonostante anni di studio condotti in diversi centri di ricerca nel mondo (ad esempio presso il Politecnico di Zurigo e all'Università di San Paolo del Brasile), i meccanismi di crescita di tali cristalli non sono ancora ben controllabili. I problemi da risolvere riguardano soprattutto l'omogeneità strutturale, la purezza, la velocità di crescita, la forma dei cristalli, il grado di perfezione interna, la dipendenza della struttura reticolare dalla gravità. Non sono questioni di poco conto perché se si vuole che lo ioduro di mercurio dia il meglio di sé occorre che i cristalli siano di ottima qualità: senza difetti strutturali, senza impurezze, praticamente perfetti, insomma. Bisogna quindi farli crescere bene, questi cristalli, ma è un lavoro difficile, per ora. Di certo si è visto che la crescita da vapore è la tecnica che produce i cristalli migliori. Però c'è un altro inconveniente: il vapore di HgI2 che va a depositarsi sul germe cristallino per farlo crescere è riscaldato tra i 100 ed i 130 gradi C, ma a quelle temperature il cristallo di HgI2 non è rigido, anzi è piuttosto plastico e può piegarsi sotto il proprio peso; ne consegue che quando viene raffreddato fino a raggiungere la temperatura ambiente, quella cioè in cui dovrebbe essere arzillo e operativo, si è ormai deformato ed ha ridotto di molto le sue mirabolanti proprietà. Sarebbe perciò bello farlo crescere nello spazio, dove non c'è la gravità che lo appesantisce e lo deforma. Per approfondire la conoscenza di questo interessante ma ambiguo cristallo, che pare essere uno dei migliori candidati al titolo di «materiale-che-rende-benefarlo-crescere-nello-spazio» sia in termini scientifici sia in termini economici, l'agenzia spaziale italiana Asi ha finanziato un progetto triennale dei Dipartimenti di scienze della terra e di fisica dell'Università di Genova destinato alla costruzione di un «Diffrasore». Si tratta di un elegante apparecchio da laboratorio che può misurare lo spostamento che un raggio di luce coerente (laser) subisce attraversando un fluido (soluzione o vapore) all'interno del quale stia crescendo un cristallo. Fornirà misure locali del gradiente di concentrazione del fluido nelle immediate vicinanze del cristallo in crescita. «Locale» significa che la misura è fatta in un volume molto piccolo, di poco superiore alla lunghezza d'onda della luce usata. I primi esperimenti di crescita di HgI2 da soluzione condotti presso l'Università di Genova, in collaborazione con i ricercatori svizzeri e soprattutto con i brasiliani, risalgono a cinque anni fa, e furono eseguiti su un prototipo del Diffrasore «fatto in casa» che ora appare geniale ma obsoleto. II nuovo apparecchio, che è stato disegnato e costruito, in accordo coi cristallografi genovesi, presso il laboratorio della Microtex ad Almese, là dove la pianura torinese diventa Val di Susa, promette di essere un ec celiente punto di incontro tra meccanica, ottica e scienza dei materiali. Gianni Dall'Aglio Università di Genova

Persone citate: Gianni Dall'aglio

Luoghi citati: Almese, Brasile, Genova, Zurigo