SI DICE CHE GESÙ A CANA FOSSE LO SPOSO di Sergio Pent

..5 ..5 KRISTEVA Julia Kristeva Una donna decapitata Sellerio pp. 256, L. 15.000 Chi ha tagliato la testa a Gloria Harrison? UN poliziesco della scrittrice bulgara naturalizzata francese, studiosa di semiotica e psicanalisi. A Santa Barbara viene ritrovato il corpo senza testa di Gloria Harrison, letterata e madre di un bambino «speciale». Una giornalista parigina indaga, un po' collaborando un po' distinguendosi dal commissario Rilsky. Il fiuto femminile condurrà alla soluzione del mistero. Traduzione di Edda Melon. CASANOVA V. Orsenigo (a cura di) A Giacomo Casanova Archinto pp. 128. L. 20.000 Lettere d'amore al grande seduttore Et vero che considero il vostro amore un po' affievolito però non si tratta di un crimine, ho mille difetti, lo so bene...». Fine maggio 1757, da Parigi Manon Balletti scrive a Casanova, il conquistatore veneziano. Le sue lettere e quelle di Elise von der Recke sono state ora raccolte in volume a cura di Vittorio Orsenigo. Un tesoretto d'amore che era custodito nel castello dei conti Waldstein, in Boemia. TORRENT Ferron Torrent Un negro con un sax Marcos Y Marcos pp. 155, L. 22.000 L'ex campione di boxe querelato da Sandokan FERRON Torrent è fra gli scrittori emergenti della cultura catalana. Qui racconta di un ex campione di boxe che fa il cronista. In seguito a un articolo viene querelato da Sandokan, un pappone. Ne segue una discesa nel picaresco inferno di Valencia, tra night di quarta serie, locali porno per pensionati, putride balere. Una giostra di tipi fuoricorso, maledettamente pazzi. Traduzione di Gina Maneri. x.'ihà ! x.'ihà ! LE CLEZIO J-M. G. Le Clézio Diego e Frida // Saggiatore pp. 187 L. 25.000 Come andarono a nozze l'elefante e la colomba UNA coppia anomala sullo sfondo del Messico rivoluzionario. Lei è Frida Kahlo, pittrice. Lui, comunista ateo, più vecchio, possente, incita gli operai a spazzare via preti, borghesi, uomini di legge. Quando Frida annuncia di voler sposare Diego, il padre di lei commenta: «Saranno le nozze tra un elefante e una colomba». Un amore «assoluto e impossibile», nel racconto di Le Clézio. Traduzione di Armando Marchi. SI DICE CHE GESÙ' A CANA FOSSE LO SPOSO Le «scoperte» di un deluso studente di teologia GESÙ'. L'UOMO, LA FEDE Andrew Norman Wilson Instar Libri pp. 378-XLVIII L. 30.000 GESÙ'. L'UOMO, LA FEDE Andrew Norman Wilson Instar Libri pp. 378-XLVIII L. 30.000 GNI estate, ormai più puntuali dello stesso alternarsi delle stagioni, appaiono su quotidiani e settimanali, segnalazioni di sensazionali e autorevoli scoperte archeologiche o religiose: nuove localizzazioni del Monte Sinai o dell'Ararat su cui si posò l'arca di Noè; frammenti di papiri la cui sola calligrafia permette certezze di datazione impensabili a raffinati strumenti scientifici; reperti che sconfessano inoppugnabilmente i risultati cui gli studiosi erano giunti in base ai decisivi reperti dell'anno precedente... Ogni tanto poi, con meno frequenza dei temporali estivi, ma con l'insistenza delle piogge autunnali, appaiono non semplici interviste o resoconti giornalistici ma volumi imponenti che «sistematizzano» alcune di queste novità e conferiscono loro un'autorevolezza di forma, se non di contenuto. Indubbiamente la figura di Gesù di Nazaret, la sua vicenda storica e i primissimi decenni di vita della Chiesa sono tra gli argomenti che maggiormente si prestano a questo tipo di rivisitazioni. Andrew N. Wilson, deluso studente di teologia a Oxford divenuto autore di una «premiata serie di romanzi e biografie», con il suo Gesù ci presenta quella che «vorrebbe essere un'indagine oggettiva su Gesù» affrontando il «tentativo già di per se stesso arduo di ricostruire il Gesù della storia» tenendolo distinto, anzi sovente contrapponendolo al «Cristo della fede». Le stesse ripetute ammissioni e cautele dell'autore - «l'insufficienza dei dati a disposizione ci permette tutt'al più congetture intelligenti» - assieme alla sua indùbbia abilità narrativa invogliano a leggere l'opera e predispongono a un esame delle sue tesi scevro da ogni pregiudizio. Purtroppo però la speranza di trovarsi di fronte a una seria rilettura della figura di Gesù ad opera di un «agnostico benevolo» - come l'autore sembra definire se stesso svanisce ben presto. E non a motivo delle ipotesi francamente audaci che avanza (per esempio, a Cana lo sposo sarebbe stato Gesù in persona), ma in ragione dei fondamenti esegetici, storici e scientifici sui quali queste vengono basate. Gesù sarebbe stato «un chassid, ovvero un santo, della Galilea», dotato di poteri taumaturgici - come molti al suo tempo -, convinto delrimminenza della venuta del Regno di Dio e preoccupato che i suoi ascoltatori e seguaci tornassero a vivere da «buoni ebrei». Incompreso da parenti, discepoli, evangelisti e dalla prima generazione cristiana come da tutti i cristiani fino ai nostri giorni, Gesù non avrebbe dato vita a nessuna «nuova religione», la quale sarebbe stata invece il frutto di un'abilissima montatura degli evangelisti, preoccupati di rendere accettabile ai Romani il nuovo credo e succubi di «un ebreo chiamato Paolo» che ci viene dipinto a tinte forti: «grande poeta religioso piuttosto che pensatore», «ossessionato per il modo in cui Gesù era morto», «fanatico», autore di «una raccomandazione tanto imperiosa quanto falsa» ai Tessalonicesi, si sarebbe inventato il racconto dell'Ultima Cena e soprattutto la correlata «istituzione dell'eucaristia». L'avversione di Wilson per questo «invasato» che si è sognato di A sinistra William Gibson: nanzo «Aidoru» conta un amore nato navigando :i» informatiche, golare rapporto :ra due cantanti, io reale e l'altra le,.in un mondo le non vuole più distinguere mmagini e corpi '.dizione sospesa rimanda a Kafka jirinti dell'antico istremo Oriente Ma questi continui slittamenti dei piani narrativi ricordano solo formalmente i ritmi di certi racconti contemporanei. La straordinaria abilità di Gibson è infatti quella di scrivere (e dunque di farsi leggere) seguendo il flusso della Rete stessa. Non si tratta tanto di misurarsi con ormai tradizionali flash-hacks o con la tecnica dello stream of consciousness; quanto di adeguare il proprio battito cardiaco al surfing del Duemila. I conservatori come me, che credono ancora possibile vivere senza PC, modem e Internet, fa rebbero bene dunque a leggere Aidoru per capire che cosa li at tende e, chissà, che cosa stanno perdendo. Ruggero Bianchi ARPAIA: INGENUO E' IL RIVOLUZIONARIO TEMPO PERSO Bruno Arpaia Marco Tropea pp. 220 L. 25.000 OTREBBE essere il solito romanzo condotto sulle oscure tracce di una vita illustre. Invece no. Invece Bruno Arpaia prende una vita non qualunque ma certamente minore, la sta ad ascoltare, ne ordina il filo qualche volta ingarbugliato, e scrive la storia di una storia ricca di senso. Il romanzo è costruito a maghe strette, sul diritto e sul rovescio di una doppia marginalità. La prima è quella di un giovanissimo militante socialista dell'Ahanza Obrera, che ricorda fatti esattamente di sessantanni prima. La seconda è che questi fatti precedono la vera e propria guerra di Spagna. Non dunque la guerra più nota, ma le sue propaggini. Non il grande intellettuale, come avrebbe potuto essere Walter Benjamin, che sta qui come fiato di voce, ma l'oscuro militante politico di base che racconta la sua storia di rivoluzionario ingenuo e inesperto. Laureano Mahqjo, protagonista e voce narrante, ha settantotto anni e vive in Messico dal '41. Figlio di un padre che lascia la vita in miniera e di una madre che va «dietro i preti», cresce precocemente in mezzo alle riunioni di partito in sezione o alla Casa del Popolo e a diciotto anni si trova in mezzo ad eventi più grandi di lui, armato di pistola e di illusioni. Il suo sogno di riscatto parte dalla provincia delle Asturie, dalla città di Gijón, dal quartiere operaio del Llano, dov'è cresciuto, e si muove tutt'intorno in una serie di vicende che appartengono a quella che Laureano chiama la catena della storia, ma che è forse più propriamente la forza di un destino. C'è l'episodio della prima pistola, c'è l'amicizia di alcuni giovani insicuri, c'è l'organizzazione approssimativa, c'è la rivoluzione (Ufficile, scombinata, vissuta nel modo più antieroico che sia possibile imma¬ ginare, c'è il cosiddetto battesimo del fuoco, c'è la prigione, c'è l'orrore della tortura, c'è l'esilio e c'è Pilar, la ragazza ostinata e procace con cui Laureano vive la sua prima storia d'amore e d'abbandono. Ma su tutto c'è un filo di riflessione che lega le antiche esperienze rimemorate al senso che il vivere prende dalla doppia distanza del tempo e dei luoghi, il valore che proprio il tempo - enigma irrisolto viene ad assumere («Il tempo, il tempo è tutto, ci aveva mai pensato?»), la coscienza che l'oblio non è meno necessario della memoria («E lì capisci che, sì, bisogna ricordare, che la memoria bisogna averla lunga, però per vivere si deve anche saper dimenticare»), la resistenza che la paura («Me la facevo sotto, punto e basta») oppone alla retorica, tornando sempre a sorprendere con la sua mano gelata. Laureano parla di sé ad un interlocutore, le cui domande restano alluse, e intercala il suo racconto con i tipici segnali discorsivi di uno che controlla il grado di attenzione dell'ascoltatore, arrivando a rimproverarlo quando giudica che non sia stato abbastanza attento. Ne viene un personaggio solido e concreto dentro un filo narrativo pieno di cose, di personaggi, di fatti incisi e rivissuti senza abbellimenti, con sveltezza1 ^brevità. Laureano è ormai un saggio un po' rude, che non dice sentenze memorabili, ma butta lì considerazioni molto sensate. La misura della sua umanità è perfettamente orchestrata dalla scrittura di chi, come Arpaia, stando ad ascoltarne la voce, con giusta misura ce la fa risentire. Giovanni Tesio Le ipotesi sul Nazareno dell'inglese Wilson, «agnostico benevolo», suscitano un sano sdegno metodologico tanto sono infondate estendere ai gentili la religione riservata agli ebrei è tale che arriva a proporne l'identificazione con Malco, il «servo del Sommo Sacerdote» presente alla cattura di Gesù e colpito all'orecchio dalla spada di Pietro: «Se mi fosse concesso tornare nel passato e incontrare Paolo, osserverei le sue orecchie con attenzione»! D'altro canto Gesù stesso, che per molti versi sembra affascinare Wilson, viene comunque definito uno degh «invasati del giudaismo del I secolo», un «visionario» che ha tra i «suoi amici zeloti e assassini», «un genio religioso amante del paradosso fino al suicidio», circondato dai Dodici che appaiono «soprattutto come un gruppo di ribelli armati» e da folle di «cinquemila uomini (che) sono dei combattenti, catastroficamente settari e rabbiosi»... Ci si aspetterebbe che una simile analisi fosse supportata da documenti o indagini serie e da un estremo rigore filologico, ma è proprio qui che lo sconcerto suscitato da molte affermazioni lascia il posto a un sano sdegno metodologico. L'abbondante bibliografia non cita alcun testo della Scrittura in Il «Gesù» di Wilson svolge tesi non supportate da indagini serie lingua originale, bensì la francese «Bible de Jérusalem» e la relativa traduzione italiana (che però dell'edizione francese riprende le note e non il testo!); accanto ad essa viene citata «La Bibbia concordata» che è stata curata dalla Società Biblica Italiana (e non di Ravenna come detto a due riprese). Questi, si dirà, potrebbero essere difetti dell'edizione italiana, come confermano alcune maldestre «trasposizioni» dall'inglese che impediscono l'immediato riconoscimento di luoghi e situazioni bibliche: la moschea di Omar a Gerusalemme diventa il «Duomo della Roccia», il pozzo di Giacobbe diventa una «fonte», il Giorno dell'Espiazione diventa quello della «Redenzione», il Sepolcro diventa la «Tomba del Giardino», i neonati ebrei, circoncisi all'ottavo giorno, sono «ragazzi», mentre i giudeocristiani vengono chiamati «cristiani ebrei». Tutta colpa del traduttore, quindi? Nient'affato, è l'autore stesso, così ben documentato, che parla sistematicamente di «Immacolata Concezione» per indicare la verginità di Maria; è sempre lui - che vuole render conto del retroterra cultu¬ rale giudaico - a confondere regolarmente «l'immortalità dell'anima» (concetto greco) con la semitica «resurrezione dei corpi»; è ancora lui che, pur di convincerci della palese intenzione dell'evangelista Luca di accattivarsi i Romani, lo accusa di far dire al centurione ai piedi della croce che Gesù era «figlio di Dio» (questa definizione è sì sulla bocca del centurione, ma nel racconto di Marco, mentre Luca gli fa esclamare: «Quest'uomo era giusto»). E sempre a Wilson vanno addebitate serie lacune nella bibliografia, che trascura le opere su Gesù di autori ebrei contemporanei (come Flusser o Lapide) e quelle di cristiani che utilizzano non solo la chiave interpretativa storica, ma anche quella - interessantissima - sociologica (come Theissen). Non resta che applicare anche al «romanziere» Wilson una sua amara costatazione: «Lo storico può soltanto formulare ipotesi frustranti e piuttosto sterili, tirando a indovinare». Appunto, e, nel suo caso, mai che ci azzecchi! Enzo Bianchi CON CARMEN LLERA A COLLEZIONARE AMORI SARABANDA Carmen Llera Moravia Bompiani pp. 147 L 24.000 SARABANDA Carmen Llera Moravia Bompiani pp. 147 L 24.000 AMORE è confusione, dopotutto. Ne crea e ne spande senza preoccuparsi di conseguenze dolorose, traumi psico-affettivi, lacrimucce postume. Una sarabanda, a dirla con la dilettevole ironia di Carmen Llera, che dell'amore e degli uomini è stata sempre la spietata - ancorché amichevole - cronista letteraria, non senza movenze autobiografiche. In questo nuovo racconto a più voci, limitando allo scheletro le geografie sceniche, lasciando al lettore il compito di definire fisionomie, odori, retrospettive, l'autrice cerca di dar vita ad una specie di «bignami» della sfera affettiva, transitando attraverso le più svariate esperienze. Si va dal sesso puro - giocato sulle ipotesi, sul desiderio a distanza, sulle movenze eccitanti della clandestinità - alla malinconia dei distacchi; dalla relazione extraconiugale con annessi e connessi al prendi-e-fuggi di chi nell'amore cerca soprattutto vitamine psicologiche per rafforzare se stesso e la propria beata indipendenza. personaggi - vive movimentate esperienze sessuali che più maliziose e totali non si può. E al Sarebbe bello, dirà il lettore, sentire un po' che succede in queste pagine così apparentemente piene di tutto. Diremo noi, semplicemente, che il libro è un tentativo di antologizzare la vita affettiva di personaggi più o meno comuni colti nell'arco di tempo che va da una solitaria estate romana alle prime piovose giornate d'autunno, piovose anche di rimpianti e di nuove palpitazioni. La trama è quella dei distacchi, estivi e non. Le voci sono quelle di un certo Federico, di Lorenzo che va a Sarajevo per dimenticare Silvia, dell'uomo sposato di Parma con cui la voce narrante - che si alterna, si mescola e si maschera coi vari personaggi - vive movimentate esperienze sessuali che più maliziose e totali non si può. E altri ancora. D'estate c'è chi parte e chi resta: qualcuno va in vacanza con la moglie e telefona all'amante biascicando parole di circostanza; qualcun altro cerca consolazione con le amiche, davanti a una coppa di champagne. C'è chi passa per elitaria e ricca di speranza e chi, come la narratrice, si muove a livelli socio-culturali che le permettono di giudicare, conoscere, scoprire e godere. Già, perché tra un discorso e l'altro e i discorsi sembrano tutti la perfetta concatenazione dei luoghi comuni sentimentali, dai più adolescenti ai più critici - si gode dell'amore in modo esaltante, nelle pagine della Llera. Sesso senza pudori, così come dev'essere per cercare le vie - anche fisiche - della più completa conoscenza affettiva. Salvo il fatto che non vi è nulla di completo, o di definitivo, in questa sarabanda di voci e di storie incrociate che dell'amore raffigurano l'eclettico campionario. «Silvia ha telefonato/Diverse volte/Ti manca?Molto, ci penso continuamente/Incontri importanti/Forse/Dal punto di vista fisico o.../Per un mese ho trovato una grande armonia fisica/Ti invidio/Sono esausta e turbata». Così, pescando qua e là, fluttuano le parole che coinvolgono, in un giro di esperienze anonime ma essenziali, i vari personaggi-voce del testo. Un testo a cui non si può dare il giudizio di merito puramente letterario, in quanto rappresenta un insieme di dati di fatto che vorrebbero convogliare a giuste nozze con un'ideale simbologia dell'amore e del sesso, del prendere e lasciare che sempre sono alla base - inconscia - di un qualunque incontro. Non male come ambizione di fondo. Le voci, però, vanno e vengono, spesso si perdono, si confondono, rischiando di somigliare un po' troppo al cicaleccio inteso di sfuggita sui mezzi pubblici. Onoriamo perlomeno la simpatica, femminilissima intenzione della Carmen, di dare a ogni tipo d'amore la sua giusta, esclusiva voce. Sergio Pent

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