HOLDEN IN PROVETTA di Mirella Appiotti

cosi cosi HAPPENING, la festa permanente prese le sue mosse nel '67. In campo letterario cosa significò quell'anno? Fu uno spartiacque? «E' stato una ricchissima vigilia. Del resto come tutti gli Anni Sessanta - osserva il saggista e critico letterario Angelo Guglielmi, uno dei protagonisti del Gruppo 63 e dell'avanguardia letteraria italiana -. Il Sessantotto non è stato uno scoppio improvviso, ma è stato preceduto da un fittissimo lavorìo in campo poetico e narrativo. Per esempio l'antologia di poesia "I Novissimi", che spalancava le porte all'avventura della neoavanguardia, è del '61. Il "Verri", rivista anticipatrice del discorso sperimentale, aveva fatto la sua apparizione alla fine degli Anni Cinquanta. Nel '57 era arrivato in libreria "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" di Carlo Emilio Gadda e due anni dopo nel numero del "Verri" dedicato al barocco, s'inneggiava senza mezzi termini allo' stile del narratore milanese. Uscì proprio nel '67 la rivista avanguardista "Quindici". Che in quell'anno raggiungeva anche il suo picco di vendite, ventimila copie». Come si spiega questa improvvisa affermazione? «"Quindici" riusciva a cogliere le molteplici istanze del periodo. Eugenio Scalfari avrebbe voluto averla come supple- la rivista avanguardista "Quindici". Che in quell'anno raggiungeva anche il suo picco di vendite, ventimila copie». Come si spiega questa improvvisa affermazione? «"Quindici" riusciva a cogliere le molteplici istanze del periodo. Eugenio Scalfari avrebbe voluto averla come supple- sata invidia. Naturalmente erano tutti di sinistra. Le domande che mi sentivo rivolgere erano: come potevo vivere in un Paese che, dopo aver sterminato gli indiani, perseguitava i neri e bruciava gli asiatici con il napalm? Mi sventolavano davanti agli occhi le riviste radicali americane che in America non avevo mai visto o le loro copie dell' Uomo a una dimensione di Marcuse (popolarissimo anche in America) o dei Dannati della terra di Franz Fanon». L'Italia di sinistra che tanto disprezzava gli States ne seguiva però tutte le mode e le tendenze in campo letterario e artistico. «In pochi anni - osserva Moscati - la popolazione del teatro d'avanguardia aumenta e costituisce un villaggio... in cui convivono i seguaci di Carmelo Bene e quelli che nel teatro mettono sudore e febbre creativa sull'esempio del Living Theatre, i neofuturisti, i nuovi surrealisti, chi tenta di far spettacolo riprendendo Duchamp e chi rubando all'arte povera di Jannis Kounellis e di Michelangelo Pistoletto». Spuntano come funghi in provincia e nelle grandi città i film studio e il grande schermo si apre alla sperimentazione, mentre dilaga la passione per il documentario e per il cinema verità. L'America fa ancora scuola: «Nel corso dell'anno - osserva Kezich - apparvero ben cinque titoli di Jean-Luc Godard, si affacciava intanto nelle sale statunitensi "Gangster's story" con Warren Beatty e Faye Dunaway rapinatori in guerra con la società e "Il laureato" con il giovanotto Dustin Hoffman che buttava all'aria le convenzioni dell'alta società». Eppure quest'atmosfera di gaudente, febee attesa, non troverà i suoi sbocchi. Il '67, irruente e festosa epopea, scaricava la sua tensione «nel silenzio e nel terrore» del Sessantotto e degli anni successivi, osserva Moscati. «Nel dicembre 1967 - scrive il saggista - in piazza Barberini, al Piccadilly, una delle prime rivendite di hamburger importate dagli Usa in Italia, incontro un amico in maglietta e jeans. E' Julian Beck, il guru del Living Theatre. I suoi compagni e discepoli lo circondano... Vedendo Julian così poco coperto, come gli altri del Living, gli chiedono se non sentono freddo a Roma. Mi risponde che il freddo è soprattutto un'idea. Tremo e non replico». Nel traboccare di tante, troppe «idee», a volte anche assurde, utopiche, la febee creatitivita della vigilia appare meglio del successivo affermarsi della lotta politica, della prevaricazione ideologica e della violenza che. reabzzeranno la loro escalation di lì a poco. I tuoni che risuonarono prima del maggio furono un preannuncio. Il '67 era una festa, il Sessantotto una tempesta. Mirella Serri Nebraska, luglio 1967: due Pantere Nere scortano, armate, esponenti del loro gruppo dopo un interrogatorio di polizia Uno dei «tuoni prima di maggio», antologia dei documenti che prepararono il Sessantotto Guglielmi: «Aveva ragione Calvino, gli Anni Sessanta sono runico decennio creativo del secondo dopoguerra» mento letterario dell"'Espresso". Ma dopo molte consultazioni si decise che il mensile diretto prima da Alfredo Giuliani e poi da Nanni Balestrini, sarebbe rimasto sotto l'ala protettiva di Giangiacomo Feltrinelli. L'editore ci anticipava le spese. Ci distaccammo da lui quando riuscimmo ad ottenere l'indipendenza economica». Qual è la novità più importante di quegli anni in letteratura? «La selvaggeria, ovvero la narrativa della collana "I franchi narratori" pubblicata da Feltrinelli. Vi uscivano i testi dei cosiddetti narratori selvaggi, di romanzieri nati fuori da qualsiasi rapporto con il mondo dei letterati, scrittori non laureati né facenti parte dei gruppi letterari. Si trattava di operai, di ergastolani, di prostitute che affidavano alla carta la loro testimonianza di vita e le loro memorie. Un'altra novità fu che la letteratura che aveva dominato il campo negli anni precedenti - da Pratolini a Bernari a Saviane a Cassola tacque e fu ridotta al silenzio. Probabilmente fu intimorita dall'esplosione di tante novità». Come ricorda quegli anni? «Erano pieni di libertà intellettuale e di creatività. Lo diceva Calvino e lo ripeto anch'io, l'unico decennio creativo della seconda metà del secolo sono stati gli Anni Sessanta», [m. s.] Immagini di film Anni Sessanta Da sinistra: «L'ape regina» di Ferreri con Marina Vlady, «Non riconciliarti» di Straub e Huillet; «Edipo Re» di Pasolini con Silvana Mangano; «Marat-Sade» di Peter Brook HOLDEN IN PROVETTA Una vita «artificiale» IAMO nel 2011, no? Fate un passo indietro, agb anni 80-90, qui a Londra, quando era normale avere quattro tv, due lavatrici, sei tritatutto e una decina di carte di credito... quando tutto si poteva comprare... e consumare. Ecco, io credo questo di me: d'avere a che fare un casino con il consumismo. Io, sostanzialmente, ho consumato troppo... anche prima di nascere... Roba da restarci secco... se capite cosa vogho dire...». Che succede? Abbiamo trovato una paginetta inedita dell'ffoWen? Roba da restarci secchi, davvero. E forse è un po' così, benché si tratti del (quasi) incipit di un piccolo romanzo, piccolo solo di formato, che giocando con il lessico, lo stile, i tormentoni e anche qualche tratto di percorso del libro-cult dei nostri lontani Cinquanta, ampiamente oggi ricelebrato e appena un po' datato, ci accompagna in un ritorno al futuro, tanto beve e ricco di humour quanto nella sostanza drammatico se non disperato. Sopra il primo filmo caldo di Maria Castronovo, insegnante di Cornate d'Adda, pubblicato da Ellin Selae, editore cuneese, è anche una sfida, per diversi motivi. Il primo lo rivela subito il sottotitolo: «L'esperienza di essere nato. Artificialmente». Infatti l'avventura di Jimmy-Jo, l'io narrante, tra l'infanzia e la prima giovinezza così volutamente salingeriano, prende lo spunto da uno scambio di provette per la fecondazione artificiale avvenuto nel '94 in un ospedale londinese. «Se voi tornate indietro con la memoria trovate due corpi, due pance calde calde... Io no. Io vado indietro indietro e trovo un frigorifero. Un fallo di vetro, una pancia di ghiaccio e un guanto di plastica». E per di più «il guanto d'un imbecille con il cervello espiantato e gli occhi schizzati che si diverte a scambiar etichette così quando nasco io non ho proprio niente a che fare con il marito di mia madre...». Far finta di sorridere della biogenetica, forse è vero che questo non era ancora mai stato tentato. «Sottolineare la difficoltà di adattarsi linguisticamente al progresso scientifico, questo nipotino che usa il linguaggio del nonno mi è parso lo specchio di un disagio per ora insanabile», spiega l'autrice (che ha già nel suo curriculum altri due romanzi, uno dei quali un noir tra gb anni di piombo e Tangentopoh). Sicché Jimmy-Jo si troverà ben presto, dopo le dovute indagini sul Dna e la scoperta del vero genitore più l'inevitabile serie di divorzi e riaccoppiamenti, con una madre e quattro padri, uno dei quah ha per moghe la tenerissima Sally anziano tenente di fanteria poi architetto a Bloomsbury. Un «cicognino freddo» così, come lo chiama nonna Mae, non può non essere spedito dalla strizzacervelh Phillys specie dopo aver incollato al banco di scuola i capelli della compagna Betty, aver combinato un disastro con i regali di Natale porgendo alla casalinga sposa del genitore naturale il vibratore anatomico destinato all'ex militare, e essersi esibito con l'amico del cuore Rodney nel «gioco delle domande astruse» ovvero «il gioco dell'anatra» perché «la domanda più tradizionalmente astrusa suona così: "Dove vanno le anatre d'inverno quando il laghetto del parco è tutto ghiacciato?"» (vedi J. D. Salinger, Il giovane Holden, Einaudi, pag. 71). Il destino di Jimmy-Jo sarà comunque diverso da quello del «fottutissimo» Caulfield: il ragazzo nato dal frigorifero cercherà una vita «vera» con la bella Desirée venuta anche lei da una provetta nientemeno che dopo «due anni di ghiaccio, ma con.me non hanno scambiato le etichette» e dalla quale aspetta un «pupazzetto» concepito secondo le più tradizionah regole. Ma gb adulti non gbelo permetteranno. «Ecco, la cattiveria degb adulti verso i giovani - avverte la Castronovo ed è qui il grumo che accompagna questo gioiello di ironia e anche autoironia -. E' finita l'età dostoevskiana del patricidio, oggi è più facile ammazzare i figb, c'è rancore verso di loro, la logica del "debito formativo", il "devi ripagarmi" crea situazioni aberranti. E ogni giorno di più anche la scuola vuole meno bene ai giovani». La professoressa ha ingaggiato proprio partendo dalla scuola la sua battagba contro il malamore: il suo libro è cresciuto tra le classi dell'Istituto Tecnico di Trezzo d'Adda dove l'Holdsn è pane quotidiano: «I ragazzi lo amano molto, mentre rifiutano il pulp e lo splatter, Salinger non ha bisogno di mediazioni». Si è messa a scriverlo «nel novembre '95, durante le occupazioni, noi buttati fuori dalle cattedre, i genitori che volevano chiamare la pobzia. Ma l'occupazione è un modo di entrare nella vita. Perché non b fate vivere questi ragazzi?, mi chiedevo». Il libro, apprezzato da Gina Lagorio, viene rifiutato dalla Baldini, l'autrice lo affida a Franco del Moro, inventore della rivista di poesia nonché microeditrice Ellin Selae: «Una sorta di gioco, con un amico» il quale si dice «roso dai sensi di colpa per aver costretto una grande opera a un piccolo esordio». Ora non resta che attendere qualche furto da parte di editori pentiti «se capite cosa vogbo dire». SOPRA IL PRIMO FUMO CALDO M. Castronovo Ellin Selae pp. 127, L 18.000 SOPRA IL PRIMO FUMO CALDO M. Castronovo Ellin Selae pp. 127, L 18.000 Mirella Appiotti !