Tre pentiti riaccendono lo scontro sul 513

Il ministro Flick: favorevole a modificare la norma per quanto riguarda le minacce ai collaboratori Il ministro Flick: favorevole a modificare la norma per quanto riguarda le minacce ai collaboratori Tre pentiti riaccendono lo scontro sul 513 «Riaccolti dalla mafia perché non vogliono deporre in aula» ROMA DALLA REDAZIONE Tre pentiti della cosca Santapaola sarebbero stati «perdonati» dal clan in cambio del rifiuto di deporre in aula, facendo così decadere tutte le accuse fatte durante le indagini. I tre sono stati arrestati. E' il primo caso che mette in discussione la validità del nuovo articolo 513 del codice penale. E sulla riforma divampano ora le polemiche: è un passo avanti deÙa giustizia, oppure un favore fatto alla mafia? Quel che pare certo è che la modifica del «513», nella parte che riguarda eventuali minacce ai pentiti, avrà l'appoggio del ministro della giustizia Giovanni Maria Flick. E' l'opinione del Guardasigilli che già al momento della presentazione di due disegni di legge, uno di rifondazione comunista l'altro della sinistra democratica, di ulteriore riforma dell'articolo per i pentiti sottoposti a minacce, aveva affermato che «l'esame parlamentare di tali proposte servirà a migliorare l'articolo, e il dibattito sarà il benvenuto». L'episodio dei pentiti era «assolutamente prevedibile. E non è che l'inizio, non soltanto per i processi di mafia, ma anche per quelli di tangentopoli». Così il sottosegretario alla giustizia, Giuseppe Ayala, che prosegue: «Non è il caso di drammatizzare ma è certo che il governo aveva previsto esattamente la possibilità di episodi del genere, quando già a gennaio aveva presentato quattro, non uno ma quattro, emendamenti alla riforma del 513. Fra cui uno proprio per evitare il verificarsi di casi del genere». Immediata, la replica del presidente dei' senatòri di an, Giulio Maceratini: «Il governo non può essere prima come Ponzio Pilato, e non intervenire nella nuova legge, e poi fare il grillo parlante e dire "avevamo previsto tutto"... Il governo avrebbe potuto porre la fiducia sui propri emendamenti alla riforma dell'articolo 513, visto che ha il ricorso alla fiducia così facile. Invece non l'ha fatto». Non la pensa allo stesso modo il suo collega di partito, Maurizio Gasparri, coordinatore dell'esecutivo di an: «Questa storia deve servire a farci riflettere tutti, e mi auguro che alla ripresa il parlamento torni ad occuparsi di 513». «Fantapolitica». Così il verde Marco Boato, relatore sulla riforma costituzionale della giustizia in Bicamerale, definisce la notizia del «perdono» con¬ trattato da alcuni collaboratori di giustizia con i clan mafiosi di appartenenza. «Mi permetto di dubitare sulla verità di questa notizia - dice Boato - che a me pare fantapolitica. Come si fa a sapere che un clan mafioso avrebbe perdonato dei pentiti? Siamo di fronte ad uno scenario che, francamente, solleva fortissimi dubbi, anche, laddove fosse vero, sull'autenticità della collaborazione di questi pentiti». Dello stesso parere il portavoce dei Verdi, Luigi Manconi: «Non ho voglia di commentare la vicenda perché non so quanto sia credìbile la ricostruzione». «Questa storia dimostra che sull'articolo 513 avevamo ragione noi», afferma il segretario del cdu, «Rocco Buttiglione. E prosegue: «E' la dimostrazione che questi pentiti vanno trattati in modo diverso, come avviene negli Usa. E' venuto il momento di uscire dall'arbitrio di questi "galantuomini" che fanno le loro dichiarazioni esclusivamente per ottenere vantaggi dallo Stato e, allo stesso tempo, non perdere i favori della mafia». «La validità del principio del nuovo articolo 513 non viene meno in nessun modo», sostiene il presidente dei senatori di Forza Italia, Enrico La Loggia. «Un episodio come questo - dice non mette in discussione un principio di civiltà giuridica e processuale come quello del nuovo 513. E poi, riguardo alla vicenda in questione, non posso non esprimere qualche dubbio sull'attendibilità, sia prima che adesso, di personaggi del genere...». Il senatore Roberto Centaro, magistrato, capogruppo di Forza Italia in commissione antimafia, osserva che* «non è contro il 513 che ci si deve scagliare, ma contro la fragilità delle pseudo verità che certi pentiti hanno contrabbandato ai pm». Il leghista Roberto Maroni, invece, crede più alla «incapacità dei procuratori di Catania» che non al «perdono dei clan ai pentiti». E, in ogni caso, a suo giudizio la riforma dell'articolo 513 «non c'entra niente». IL 513 «RIFORMATO» Non possono essere utilizzate in dibattimento le dichiarazioni dell'imputato o del coimputato, rese nei corso delle indagini preliminari, se esse non vengono ribadite in udienza. Le dichiarazioni rese dall'imputato o dal coimputato che successivamente si avvalga della facoltà di non rispondere in aula, possono essere utilizzate soltanto se vi è il consenso delle parti. Vengono congelati per sei mesi i termini di prescrizione per i processi in corso. Questa norma è stata introdotta per consentire l'acquisizione di prove che suggellino dichiarazioni già rese durante le indagini e non confermate in dibattimento. Ayala: era tutto prevedibile Ma Boato: dubito che la storia sia vera Il caso divide gli esponenti di An Il boss di Acireale Sebastiano Sciuto accusato dai tre ex pentiti Nella foto grande la villa di Pippo Baudo distrutta da un attentato della mafia Il verde Marco Boato relatore sulla riforma costituzionale della giustizia in Bicamerale A fianco Giuseppe Ayala sottosegretario alla Giustizia

Luoghi citati: Acireale, Catania, Roma, Usa