A CAVALLO DELL'ANATRA ZOPPA di Enzo Bettiza
A CAVALLO DELL'ANATRA ZOPPA LA POLITICA ESTERA DELL 'ULIVO A CAVALLO DELL'ANATRA ZOPPA ORA che s'è compiuto lo sgombero delle truppe italiane ed europee impegnate nella missione albanese, è giunto forse il momento di tentare un bilancio della politica estera nazionale dalla seconda metà del 1996 alla prima metà dell'anno in corso. Il periodo, quanto mai travagliato, che ha visto l'Italia simultaneamente coinvolta nella crisi albanese e nei disagi politico-monetari europei, ha fatto emergere qualcosa che possa somigliare ad un'organica politica estera dell'Ulivo? Non direi. L'organicità, il coordinamento dei mezzi con i fini, già deboli e frustrati nella politica interna perseguita a troppe voci dalla coalizione di maggioranza, si sono rivelati quasi del tutto assenti nella politica estera. L'assenza precipua è stata quella del pds, rappresentato alla Farnesina con dignità e competenza, ma con poteri inerentemente limitati, dal sottosegretario Piero Fassino. Così, mancando l'impronta del partito più forte ai vertici della diplomazia, la struttura operativa di questa ha finito per frammentarsi in parrocchie quasi più personali che politiche. Da una parte la parrocchia del titolare della Farnesina, Dini, di evidente matrice stilistica andreottiana; da un'altra quella del presidente del Consiglio, Prodi, il cui stile incerto sembra ispirarsi a un miscuglio fra moroteismo attendista e degasperismo attivistico; da un'altra ancora quella del ministro della Difesa, Andreatta, il meno diplomatico di tutti, vittima umorale di soventi intemperanze di linguaggio e di idee. Alle inevitabili dissonanze personalistiche tra le parrocchie citate abbiamo udito poi aggiungersi, di tanto in tanto, qualche avven tata esternazione del Presiden te della Repubblica, per il quale la parola è spesso oro colato e il silenzio metallo vile. Infine, come se tutto ciò non bastasse, ha continuato a far sentire la sua voce contraria alle maggiori decisioni internazionali del governo, ex Jugoslavia, Albania, Maastricht, Germania, quel mastino sciolto dell'Ulivo che è Fausto Bertinotti. Non è dunque possibile, in un quadro così sparpagliato, parlare di una politica estera univoca dell'Ulivo. Semmai è lecito parlare di più politiche estere, che sotto la pressione degli eventi hanno assunto e assumono una sembianza momentaneamente unitaria, per separarsi poi subito, passata l'emergenza, in una politica di Dini, una di Prodi, una terza di Andreatta, una quarta di Fassino, una quinta di Bertinotti e, a corollario della mezza dozzina, una sesta di Scalfaro. A soffrirne in primissima istanza è l'immagine dell'Italia all'estero. Per esempio, tanti osservatori e uomini politici stranieri, anche quelli più indulgenti verso le debolezze italiane, non sono riusciti a capire perché mai Dini e i suoi messi diplomatici in Albania hanno seguitato a puntare sull'anatra zoppa, cioè Berisha, mentre Prodi dava l'impressione di dialogare più volentieri con i socialisti di Nano e di Fino. Ancora meno sono riusciti a comprendere i motivi del grottesco balletto degli ambasciatori italiani a Tirana, i quali, mentre la febbre albanese saliva a quaranta, dimissionavano, rientravano, si sparlavano addosso nei giornali, svilendo la reputazione già vacillante del Paese che avrebbero dovuto rappresentare e che in quel momento delicato era alla guida della missione Alba. Di tutto questo, comunque, non si può dare la colpa solo ai personalismi dei vari Dini e Prodi di turno. I disagi e le in certezze, in cui si trova da qualche anno impigliata la no stra politica estera, sono d'ori gine più complessa: risalgono almeno ad un mezzo secolo di storia diplomatica italiana. Ta le storia è stata segnata in prò fondita dalla diplomazia dei De Gasperi, dei Moro, degli Andreotti, i quali hanno conferito alle attività internazio nali dell'Italia, dopo la secon da guerra, i tratti di una placida schizofrenia cattolica. Il culto della mediazione, del doppio binario, dello sdoppia mento e pendolarismo peren ne tra Occidente e Oriente, fra Nord e Sud, ha finito per dare Enzo Bettiza CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA
Luoghi citati: Albania, Germania, Italia, Jugoslavia, Tirana
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