«La mia tv? Sarà con gli immigrati» di Alessandra Levantesi

Parla il regista, presidente di giuria a Locamo: prepara anche «La balia» da Pirandello «La mia tv? Sarà con gli immigrati» Parla il regista, presidente di giuria a Locamo: prepara anche «La balia» da Pirandello Bellocchio: oltre la violenza LOCARNO. Un anno intenso per Marco Bellocchio: il suo film «Il principe di Homburg» ha avuto una buona accoglienza, una serie tv a sfondo sociale da lui prodotta è in via di completamento e qui al 50° festival è presidente della Giuria. A Cannes era in concorso con «Homburg», a Locamo è in giuria. Che effetto le fa questa inversione di ruolo? «Anche se vengo da una famiglia di giudici e avvocati mi è più naturale il ruolo del giudicato. Nel giudicare entra in ballo inevitabilmente la giustizia formale, come nel Principe di Homburg, e questo non è naturale. Comunque è meno impegnativo fare 0 presidente di una giuria di cinema che di un tribunale. Credo che domani la premiazione, se non ci saranno sorprese dell'ultima ora, verrà fuori in maniera semplice. Tutti siamo rimasti colpiti, sia pure per motivazioni differenti, dagli stessi film». Nel 1965 ha vinto proprio questo festival con «I pugni in tasca», il film della ribellione radicale alla famiglia. Quest'anno ha presentato un corto dedicato alla sua figlioletta Elena ed è salito sul palco di Piazza Grande tenendola in braccio. Che è successo nel frattempo? «E' successo che sono passati 32 anni, ma c'è anche una logica. Questo scherzo affettuoso con mia figlia Elena allude alla tematica dell'allattamento e dell'importanza assoluta che ha in rapporto ai valori di formazione dell'individuo. Mi avevano chiesto un filmino e ho imbastito una cosa familiare, propedeutica ai temi che svilupperò nel mio prossimo film "La balia"». Come nasce la serie televisiva «Un altro paese nei miei occhi»? «In Italia fino a pochi anni fa il problema dell'immigrazione non esisteva. La serie cerca di indagare in questa novità, che coinvolge la società e 1 rapporti con gente culturalmente diversissima da noi, ma con una complessità sentimentale simile. C'era un'idea di Roberto Giannarelli e Renata Crea che io ho portato a Sodano. Era ancora alla Rai allora e con una certa coerenza da ex socialista, devo dire, ha visto con simpatia questa cosa che coinvolgeva l'area maghrebina. Alla fine abbiamo messo su quattro film: due, "L'apparta¬ mento" di Francesca Pirani e "Torino boys" dei fratelli Manetti, sono a Locamo, un terzo figurerà nell'Officina veneziana, un quarto forse andrà a Torino Giovani. Se l'accoglienza sarà buona, proseguiremo». E' stato per via del tema che le stava à cuore che si è deciso a mettere le sue energie al servizio di progetti altrui? «Essere produttore di se stesso significa assumersi in prima persona ogni responsabilità, ma avere anche una completa libertà. Produrre per gli altri (a parte il fatto che mio figlio Pier Giorgio si occupa di produzione) vuol dire per me partecipare alla lettura di copioni e usare la mia esperienza per collaborare, senza comportarmi nel modo persecutorio che a volte ho dovuto subire». Teme che i recenti fatti di cronaca, gli atti di violenza di alcuni immigrati clandestini, possano nuocere all'accoglienza dei film? «I film della serie vanno oltre i fatti di cui si occupano i giornali e il governo. Riflettono su situazioni umane, interessanti anche a livello di lin¬ guaggio». E' stato curioso ritrovare riuniti a Locamo i due mitici esordienti degli Anni 60, lei e Bertolucci. «Ho rivisto "Ultimo tango a Parigi" e l'ho trovato bello, importante. Quando il film è uscito, questo l'ho detto anche a Bernardo, nel giudicarlo mi ero attaccato ad alcuni particolari, piccole osservazioni forse dettate dall'invidia. Mentre Ultimo tango è ancora notevole, forte. Siamo nati quasi insieme io e Bernardo, poi lui è entrato in una dimensione di cinema intemazionale e le nostre strade si sono diversificate anche a livello di ricerca psicanalitica. Adesso forse ci stiamo riaccostando, ha dichiarato in tante interviste che sente l'esigenza di "riprivatizzarsi"». Che altro ci può dire sulla «Balia?» «E' ispirata a una novella di Pirani dello, poco nota e bellissima. Però me ne sto allontanando, sto mettendoci dentro tutta una serie di cose che mi appartengono». Alessandra Levantesi Marco Bellocchio si è ritrovato con Bertolucci, esordiente come lui nei '60

Luoghi citati: Cannes, Italia, Parigi, Torino