L'Italia merita le medaglie Unesco?

il caso. Altri 11 tesori inseriti nel «patrimonio dell'umanità». Ma non montiamoci la testa L'Italia merita le medaglie Unesco? il caso. Altri 11 tesori inseriti nel «patrimonio dell'umanità». Ma non montiamoci la testa Un riconoscimento e un impegno: spesso disatteso CINTILLA sempre più il forziere delle meraviglie culturali italiane. Da pochi giorni rimesco ha inserito nel «patrimonio dell'umanità» altri undici siti: la reggia di Caserta, il teatro romano e l'Arena di Verona, le residenze sabaude piemontesi, l'orto botanico di Padova, le Cinque Terre, la cattedrale di Modena (con Torre civica e Piazza Grande), le aree archeologiche di Pompei ed Ercolano, la costiera amalfitana, la Valle dei templi di Agrigento, la villa Romana del Casale e il nuraghe di Baramini. La «griffe» conferita dal comitato di esperti (una ventina, in rappresentanza degli oltre 140 Stati membri) suscita soddisfazione, ma anche perplessità in alcuni specialisti. In discussione non è certo l'importanza dei siti, quanto se il governo e gli enti locali italiani siano degni amministratori di beni culturali così preziosi. Ovvero, per dirla in burocratese, se ci siano tutti i requisiti di «accessibilità, sicurezza e mantenimento» dei capolavori. Il riconoscimento dell'Unesco (che proprio quest'anno compie 25 anni e che ha un grande estimatore di cultura italiana nel direttore parigino Mounir Bouchenaki) non rilancia solo il turismo internazionale d'elite e non consente solo l'accesso a un fondo speciale mantenuto grazie a contributi pubblici e donazioni private. Instaura un impegno materiale e spirituale, sottolinea come l'importanza di certi monumenti travalichi le competenze dei singoli stati. «Non tutti i siti meritano la "nomination"», spiega Andrea Bruno, tra i più noti architetti italiani e consulente Unesco. Bruno, dopo aver lavorato a lungo in Italia e a Torino, ha svolto missioni in Palestina, Betlemme, Nazareth, Algeria e soprattutto in Afghanistan, dove ha costruito l'ambasciata di Kabul e restaurato la cittadella di Herat, perla dell'architettura islamica. «Prendiamo le Cinque Terre - dice : dall'elicottero sono il posto più bello del mondo, ma se scendiamo a terra appare uno sfacelo di auto parcheggiate ovunque, di boutique e di case una volta di pietra e ora intonacate. Quanto all'Arena di Verona, sono contrario al "vincolo conservazione assoluta", ma molti ritengono che utilizzarla per gli spettacoli, la usuri troppo». Nella lista, che comprende già (tra gli altri) il centro storico di Roma e Firenze, Piazza del Duomo a Pisa, le incisioni rupestri camune, Città del Vaticano e S. Maria delle Grazie con L'ultima cena di Leonardo a Milano, ci sono ben 22 residenze sabaude, dal Palazzo Reale di Torino al castello di Govone. «Sono troppe - sottolinea Bruno -, in particolare mi lascia perplesso Venaria Reale. Ho sentito con terrore il ministro promettere 200 miliardi: finché non c'è un progetto preciso saranno soldi buttati via. I lavori di conservazione sono un cerotto sulla gamba di un mutilato. Negli Anni 60 ho restaurato tutta la galleria di Diana e 30 anni dopo l'ho vista rifare perché nel frattempo le porte erano rimaste chiuse, l'acqua era entrata dai tetti e aveva spaccato muri e pavimenti)). Bruno critica anche il blocco dei lavori a Palazzo Carignano, «ombelico delle regge sabaude», dove la grande aula ipogea (destinata alle esposizioni e conferenze di un Comune costretto a chiedere spazi a San Paolo, Cassa di Risparmio e Unione Industriale), «è ridotto a un vergognoso deposito di vecchi mobili e quadri della Soprintendenza». E che dire, ritornando agli altri siti «promossi» dall'Unesco, della costiera amalfitana, che guarda caso sta bruciando proprio dopo la battaglia contro le speculazioni edilizie e le richieste di demolizione dell'orrendo Hotel Fuenti? O dell'orto botanico di Padova, assediato da un cantiere che prosciuga le falde acquifere necessarie alle piante secolari? O della Valle dei templi di Agrigento, dove gli abusivi reclamano l'impunità come un diritto e dove solo da quest'anno si paga un biglietto d'ingresso? Cultura in trincea contro la barbarie: la medaglia dell'Unesco spesso marchia a fuoco i monumenti, che diventano obiettivo di guerra, simboli di aimichilimento della ragione. «Pensi al ponte di Mostar o alla cittadella di Herat, costruita da Alessandro Magno e devastata da Gengis Khan. Per quindici anni mi sono chiesto se proporla all'Unesco, ma ho rinunciato perché il disinteresse del governo avrebbe smentito la nostra scelta. Infatti durante l'occupazione russa e poi con la guerra civile è andata praticamente distrutta da mine e missili». Ma Andrea Bruno non si arrende: «Non abbandoneremo Herat, sono pronto a tornare in Afghanistan». Carlo Grande Regge sabaude, templi di Agrigento, costiera amalfitana, Cinque Terre. Un esperto mette in guardia gma e Firenze, Piazza del Duomo a Pisa, le incisioni rupestri camune, Città del Vaticano e S. Maria delle

Persone citate: Alessandro Magno, Andrea Bruno, Carlo Grande, Gengis Khan, Mounir Bouchenaki, Nazareth