la vedova in lacrime è la mente del delitto

Torino, è stato il giovane a uccidere l'uomo: in cella anche l'amico col quale aveva simulato l'aggressione per rapina la vedova in lacrime è la mente dei delitto Torino, è stato il giovane a uccidere l'uomo: in cella anche l'amico col quale aveva simulato l'aggressione per rapina La moglie del bancario arrestata con l'amante TORINO. Altro che ladri della collina. Altro che banda di immigrati. E' stata la moglie a organizzare l'omicidio di Sergio Cafasso, il bancario di 44 anni ucciso sette giorni fa davanti alla sua casetta bianca di Gassino, prima cintura di Torino. Ed è stato l'amante di lei a colpirlo con quattro coltellate, alla schiena e all'addome. Con lui, nella stradina senza luce davanti a casa Cafasso, c'era un complice quel venerdì 8 agosto. Un amico venuto per rendere più credibile la favola dei due albanesi che tentano di svaligiare una villa e che poi, scoperti, non esitano ad ammazzare, lasciando una madre in lacrime, disperata per il futuro suo e della sua bimba di 5 anni, e un intero paese nel terrore. Ma come nella vicenda degli amanti di Capriolo, nel Bresciano, che dopo essere stati sorpresi dal marito di lei ad amoreggiare sul divano lo avevano picchiato facendo ricadere la colpa su una coppia di misteriosi stupratori albanesi, gli extracomunitari non c'entrano nulla con l'omicidio di questo tranquillo funzionario di banca. In carcere, con l'accusa di omicidio premeditato, sono finiti ieri Luisa Pullara Cafasso, detta Luisella, classe 1964, impiegata in aspettativa presso un'agenzia pubblicitaria che sponsorizza anche spettacoli hard in tivù; il suo amante, Enrico Cubello, anni 25, barba, lunghi capelli castano chiari, un po' muratore e un po' venditore di stampe sui lungomare d'Italia; e Massimo Di Vico, 23 anni, che vive con Cubello in mia soffitta nel centro di Torino. Per sette giorni, Luisella ha recitato la parte della vedova affranta, già malata di cuore e ora vittima di un collasso dietro l'altro. Piccola e bionda, esile e ner- vosa, riceveva i giornalisti nel soggiorno di casa o in camera da letto. Lì apriva l'album dei ricordi e mostrava le foto che la ritraevano con il marito nei momenti felici: in Grecia, durante la cerimonia di nozze, in compagnia di amici. E piangeva e si disperava. Perdonare gli assassini? «Mai», diceva. E ancora: «Ma non voglio un colpevole qualsiasi. Voglio la verità». L'hanno tradita tanti piccoli particolari. A cominciare dal troppo tempo passato tra il momento dell'aggressione e l'allarme: oltre 20 minuti. Perché non ha telefonato subito ai carabinieri? «Ero sconvolta. Ho chiamato due volte il 113, e per due volte è caduta la linea. Poi, qualcuno mi ha detto di provare con il 112». Al telefono, ha detto che il marito era a terra, sanguinante. Ma come poteva aver visto il sangue se l'aggressione era avvenuta oltre il cancello e lei era rimasta sempre chiusa in casa? «L'ho detto per fare accorrere i militari il più in fretta possibile. E poi, quelli sono momenti in cui non capisci nulla». Infine, il cane, Lucky, pastore dei Pirenei. Perché Sergio Cafasso non l'ha portato con sé quando la moglie ha detto di aver sentito rumori sospetti e lo ha mandato a controllare? Risposta di Luisella: «Forse temeva che scappasse». Balle. La verità è che l'aggres¬ sione era stata studiata nei minimi particolari già una settimana prima del delitto. Nel giardinetto di Gassino, Luisella Pullara e Enrico «Erik» Cubello avevano definito tutto: ci sarebbero stati dei rumori nella siepe che separa questa casetta bianca dalla villetta accanto, disabitata dallo scorso marzo; Luisella, spaventata dalle notizie sui furti nelle abitazioni sulle colline attorno Torino, avrebbe chiesto al marito di uscire a vedere; nella stradina, sarebbero saltati fuori due «albanesi» con il volto nascosto sotto una calzamaglia. «Volevano uccidere», dice il sostituto procuratore Gabriella Viglione sfogliando la perizia del medico legale. L'autopsia ha stabilito che non c'è stata colluttazione. Sul corpo di Cafasso ci sono solo i segni dei quattro fendenti - lama lunga 19 centimetri e larga due - e la prova che l'uomo neanche ha tentato di difendersi. Così, adesso, viene davvero difficile credere a quello che la moglie, l'amante e il complice hanno detto al magistrato e agli ufficiali dell'Arma che li hanno arrestati, i capitani Davide Angrisani e Giovanni Cascone: «Sergio non doveva morire. L'accordo era che ricevesse qualche pugno. Ma poi abbiamo perso la testa». Una bella lezione per lui che, secondo Luisella, la maltrattava anche fisicamente: «Non l'ho mai denunciato per il bene di nostra figlia». Vero? Falso? Il paese difende la vittima: «Ottima persona». E lo stesso fanno i colleghi del San Paolo. «Di sicuro, si tratta di una versione poco credibile» afferma la dottoressa Viglione. Ma allora, qual è il vero movente dell'omicidio di Gassino? Gianni Armand-Pilon Ili Avevano architettato insieme il piano accusando poi una banda albanese

Luoghi citati: Capriolo, Grecia, Italia, San Paolo, Torino