Cusani: «Ho tanto da fare in carcere»
Cusani: «Ho tanto da fare in carcere» Cusani: «Ho tanto da fare in carcere» Per dedicarsi al lavoro dei reclusi ha chiesto di restare in cella di giorno e andare a dormire a casa ;mwara|i —sss—atta - ry*,—. -,. :-r~w:r,'r ., z L'altra faccia dell'ex «uomo d'oro» di Gardini FERRAGOSTO A SAN VITTORE mnf$ Cm MILANO. ~ E' un ufficio sempre aperto a Milano, anche a Ferragosto. E' in piazza Filangieri al due, è il primo a sinistra di un lungo corridoio. Un corridoio uguale ad altri cinque, nello stesso stabile con i muri ocra e le porte di ferro. Dentro quell'ufficio, davanti a uri computer portatile, accanto a libri, lettere, fogli e documenti che affollano la scrivania, c'è Sergio Cusani, il finanziere che fu braccio destro di Raul Gardini. E che da sei mesi è a San Vittore, primo raggio, cella per tre. Più l'ufficio, cuore del cuore del carcere. ;«Da quando sono qui penso agli altri detenuti e ai loro famigliari. Chi rimane fuori, in cèrti casi, sta peggio di chi sta qui dentro», spiega Cusani, maglietta nocciola, pantaloni chiari, uguale a mille foto, in niente solo 1'«Agenzia di solidarietà per il lavoro» che ha già elaborato una «Carta europea per le comunità carcerarie». «Ferragosto è un giorno come tanti altri, dietro a questi muri», assicura lui, due volte a San Vittore, l'ultima lo scorso febbraio per la storia Eni-Sai, tre anni fa altri sei mesi per la maxitangente Enimont, quella del processo tecnologico di Antonio Di Pietro. Praticamente preistoria. «E poi qui non fa nemmeno troppo caldo», minimizza. Giusto, non a caso si dice «andare al fresco», quando si parla di carcere. «Ma no, è che qui i muri sono abbastanza spessi, non fanno entrare troppo calore. In altre carceri si sta sicuramente peggio», è la spiegazione dell'ex finanziere che non sudava nemmeno davanti alle telecamere che riprendevano Di Pietro che gli dava del «traditore, tre volte traditore». Sarà, ma in questo Ferragosto da canicola, Sergio Cusani rappresenta l'altra faccia di San Vittore. A suo modo istituzionale. Tanto che sulla sua scrivania, iri bell'ordine, è raccolto il carteggio per dar vita all'Agenzia: lettere ai sindaci di Milano Gabriele Albertini, di Trieste Riccardo Illy fino ad Antonio Bassolino, primo cittadino di Napoli. E ancora: a Sergio Cofferati, segretario generale della Cgil, a Ferruccio De Bortoli direttore del «Corriere della Sera», ad Ernesto Auci del «Sole 24 Ore», a Benito Benedini, presidente di Assolombarda. Più intenso il carteggio con Renzo Imbeni del pds e Claudio Podestà di Forza Italia, vicepresidenti del Parlamento europeo a Strasburgo. A tutti, il gruppo di lavoro capeggiato da Cusani chiede una cosa sola: fate conoscere l'Agenzia, impegnatevi in prima persona in questo progetto. «C'è ancora un mucchio di lavoro da fare...», confessa Cusa¬ ni alla sua terza vita, dopo la prima dedicata al «Movimento studentesco», la seconda alla finanza internazionale, questa ai detenuti come lui. «No, Ferragosto non è un giorno particolare qui in carcere», spiega Cusani. «Non si sta peggio di tanti altri giorni. Il giorno peggiore è Natale, quan- do pensi alla famiglia, ai figli, a quella normalità che manca in carcere». La normalità del detenuto Sergio Cusani è fatta di orari rigorosi. Al mattino, dopo il caffè, si infila nel suo ufficio. Alle 12 torna in cella per il pranzo preparato sul fornellino da campeggio. In cella c'è un letto a castello più una branda. «Sto con loro due», fa le presentazioni Cusani. Uno quando era libero faceva l'avvocato, l'altro fa parte anche lui del gruppo di lavoro messo in piedi per fare da ponte tra quelli che stanno dentro e il mondo di fuori. Al pomeriggio di nuovo in ufficio. Con il giro della posta so- no arrivati anche i fax, scrivono gruppi di detenuti, di volontariato, operatori sociali. Pure i sindaci e le amministrazioni locali, che vogliono capire come si fa a rompere il muro di diffidenza verso un ex detenuto che vuole entrare, magari per la prima volta, nel mondo del lavoro. «Agosto non ci ferma, abbiamo ancora due settimane, se ce la facciamo, a settembre vorremmo far conoscere a tutti il nostro progetto», annuncia Cusani. Della sua storia e delle vicende giudiziarie che rimbalzano da Perugia, non vuol dire niente neanche al consigliere regionale di An Piergianni Prosperini che gli sta davanti. Prosperini, che almeno una volta al mese visita San Vittore, osserva: «E' paradossale. Nessuno può negare che, con quello che fa, Cusani si sia ravveduto. Ma siamo al punto che il suo lavoro è così importante, che sarebbe un peccato farlo uscire da lì». Qualcosa del genere, a Cusani l'hanno già detta. E lui si era inesso a ridere, forse appena infastidito da quelli che lo chiamano «San Francesco» per questo suo impegno 24 ore al giorno, nato per caso, la seconda volta che è finito dentro, dopo aver bussato alla porta di ferro di San Vittore, la sacca in mano, un sorriso tirato e la presentazione: «Sono Cusani...». Dopo sei mesi, dell'uomo d'oro di Raul Gardini non è rimasto più nulla. Anche quando si è trattato di chiedere la semilibertà, Cusani ha scelto la via più difficile: voleva rimanere in carcere di giorno, nel suo ufficio, per tornare a casa alla sera. A luglio, un giudice ha detto «no» perché sarebbe stato troppo presto. «Se l'ha presa male, non l'ha fatto vedere a nessuno. Cusani non è il tipo che esterna le sue sensazioni», giura Prosperini. E poi racconta del detenuto Cusani, davanti al computer, in quell'ufficio che non chiude mai, nemmeno a Ferragosto. Fabio Potetti La sua agenzia si occupa degli ex detenuti che devono affrontare di nuovo la società Sergio Cusani A destra: il leader della Cgil Sergio Cofferati
Luoghi citati: Milano, Napoli, Perugia, Strasburgo, Trieste
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