Sos per il turismo fai-da-te

OPERAZIONE Sos per il turismo fai-da-te Piano della Farnesina per Vemergenza-vacanze OPERAZIONE R ROMA APIMENTI, arresti, violenze e disagi: la Farnesina corre ai ripari contro i guai d'estate dei nostri turisti, il cui numero continua ad aumentare di anno in anno. Lamberto Dini e il suo neo-designato segretario generale, Umberto Vattani, seguono da vicino ^Operazione Estate», che si articola su quattro piani: assistenza in loco dei consolati, rafforzamento delle strutture del ministero,azione a livello politico e nuove iniziative per proteggere il turista più a rischio, quello fai-date. L'onere maggiore pesa sui consolati. Dall'inizio di giugno almeno trenta sedi sono state in prima linea, dal Congo alla Spagna, da Londra a Sana'a. Ma le ultime settimane sono state le più intense. A Palma de Maiorca, dopo il ferimento della giovane Paola Boldi da parte di un vigile urbano, il console onorario ha ottenuto risarcimento danni e sospensione dell'agente. A Londra è stato il consolato a trovare alloggio per i 187 passeggeri beffati dal charter della «Sabra Airways». In Romania è andata in porto la contestata adozione del piccolo Andrea Saltini e a Bangkok il rientro dei connazionali feriti dalla guardia che fece fuoco contro un gruppo di occidentali. Ma il compito più difficile è toccato alle nostre feluche a Sana'a, impegnate nelle trattative senza fine con gli sceicchi-rapitori. A ogni sede diplomatica la Farnesina ha inviato una «carta dei diritti» dei cittadini, che impegna i nostri diplomatici all'assistenza ma ne segna anche i limiti. Ad esempio, se un connazionale viene arrestato per violazione delle leggi locali su stupefacenti o pornografia non è nei compiti né nei poteri del console quello di ottenerne subito la scarcerazione. La «carta dei diritti» sull'assistenza ai turisti è il manuale voluto da Dini che i diplomatici seguono per fronteggiare le emergenze, facendo capo, all'interno del ministero, all'U¬ nità di crisi diretta da Vincenzo Petrone e alla direzione generale per l'Emigrazione guidata da Lorenzo Ferrarin. Entrambe le strutture sono state rafforzate nelle ultime settimane. La novità della «carta dei diritti» sta anche nel fatto che la sua introduzione prevede delle ispezioni del ministero per verificarne la corretta applicazione nei consolati nonché la possibilità, da parte dei connazionali, di presentare denunce e rimostranze sulle eventuali mancanze in appositi «registri delle proteste». J Poi c'è l'azione prettamente politica, che chiama in causa i vertici della Farnesina. Non a caso fu Dini a intervenire, lo scorso inverno, per ottenere la liberazione dei due italiani condannati all'ergastolo per droga nelle Maldive. Ed anche nel caso delle Yemen, la Farnesina ha ottenuto un «telefono rosso» col ministero degli Interni di Sana'a per le crisi degli ostaggi. «Ma l'assistenza che fornia1 mo al turismo di massa e ai tour operator - spiegano al ministero - non raggiunge quegli italiani che si muovono da soli, magari con uno zaino sulle spalle, mentre sono proprio questi che spesso incorrono in ogni sorta di disavventure». La Farnesina sta così mettendo a punto un «piano» per evitare le disavventure dei saccopelisti. Il progetto punta sull'informazione. Per raggiungere il turista fai-da-te vi saranno appositi video negli aeroporti italiani, sui voli dell'Alitalia diretti verso le destinazioni ritenute più «pericolose» nonché un sito Internet e brochure negli scali e nei consolati. «Sarà una campagna a tappeto che metterà a dura prova la nostra capacità di assistenza, ma stiamo studiando ogni mezzo per mettere al corrente ogni turista isolato sui pericoli che incontra nei luoghi più a rischio, in Asia come in Africa», spiegano nei piani alti del ministero. Ma c'è dell'altro: alla Farnesina si sta lavorando a un programma di riqualificazione del personale consolare. Il fine è quello di mettere i nostri diplomatici in grado di affrontare argomenti, come la droga o l'assistenza ai detenuti, che in passato venivano considerati solo come eccezioni, ma che oggi si presentano sempre più spesso. L'idea di Dini è di far rientrare l'«Operazione Estate» nel più generale - e imminente - riassetto della rete consolare, cui spetterà il compito di perfezionare - e codificare - una rete di assistenza per ogni tipo di presenza italiana fuori dalla Penisola: assistere i nostri connazionali all'estero ma anche fronteggiare nuovi temi, come il supporto agli operatori economici, alle coppie in cerca di adozioni o ai pescatori cui vengono sequestrate le barche in Nord Africa. Maurizio Molinari LA STORIA La via dell'incenso L'orgoglio tribale e il gusto della faida sono da sempre inscritti nei cromosomi degli yemeniti: si sono instancabilmente combattuti tra loro e nessun invasore è mai riuscito a piegarli completamente, romani, etiopi, omayyadi, abassidi, turchi ottomani e inglesi. Percorso dalle vie carovaniere dell'incenso e della mirra, al centro degli scambi tra l'Oriente e l'Occidente pre-cristiano, lo Yemen della regina di Saba diventa così ricco da crearsi un'agricoltura avanzata e un'architettura sofisticata che non hanno paragoni in una penisola, come quella arabica, percorsa solo da nomadi. Caduti i sabei (alla loro crisi irreversibile non è estraneo il blocco delle relazioni commerciali deciso da Teodosio), gli yemeniti si convertono in massa all'Islam nel 628 e nel XVI secolo diventano una riottosa provincia dell'impero ottomano. L'indipendenza è un evento recente, conquistato a inizio Novecento, ma negli Anni 60 il Paese si spacca tra Re- pubblica araba del Nord (filooccidentale) e Repubblica democratica popolare del Sud (filosovietica). La ferita da Guerra Fredda si rimarginerà solo nel '90 e si riapre d'improvviso nel '94 con un rigurgito di guerra civile, quando la fazione del presidente Ali Abdullah Saleh si scontra con quella del suo vice, Ah Salem al Baid, capo del partito socialista che aveva regnato sul Sud marxista. La fine del conflitto non porta la pacificazione: le rivalità delle tribù restano roventi e si aggravano in seguito alla scoperta di numerosi giacimenti petroliferi. Tra odi plurisecolari e recentissime rivendicazioni economiche, ogni mezzo è buono per far sentire la propria voce a Sana'a, anche i sequestri (finora incruenti) di turisti occidentali. LA POLITICA Gli odi tribali Per attraversare senza rischi molte zone dello Yemen, soprattutto al Nord, i convogli di jeep cariche di turisti devono accettare di buon grado la «scorta» dei guerrieri delle tribù locali. In caso contrario, addio visite. E' un mosaico di fazioni che ignorano l'autorità del presidente Ah Abdullah Saleh, rifiutano di pagare le tasse al governo centrale e non riconoscono nient'altro che i rigidi dettami teocratici dei loro imam. Le promesse politiche ed economiche del dopo-unificazione continuano a restare lettera morta e lo Yemen viene classificato dagli analisti internazionali tra «i 40 Paesi meno sviluppati del mondo», con un reddito pro-capite annuo che arriva a stento a 500 dollari. .Nonostante la vittoria strappata nel '94, con la definitiva conquista di Aden e la cacciata dei nostalgici di Marx in salsa mediorientale, Saleh è un presidente dimezzato e i segni dell'anarchia che avvelena il Paese sono immediatamente visibili: non c'è yemenita sopra i 12 anni che non si sposti armato, esibendo alla cintola la «jambiya», il caratteristico pugnale ricurvo, e a tracolla un moschetto o (chi può permetterselo) un Kalashnikov. In questo disfacimento petrolio e turismo rappresentano le uniche speranze di rimettere in moto un Paese altrimenti in crisi profonda. Ma il petrolio ha suscitato le immediate gelosie di un vicino potente come l'Arabia Saudita (molti giacimenti si trovano nella zona di confine) e, contemporaneamente, ha riattizzato gli appettiti dei capitribù che vogliono partecipare alla grande «torta». E ora anche l'altro rubinetto che pompa valuta pregiata rischia di seccarsi: dopo gli ennesimi rapimenti lo Yemen potrebbe tornare «terra proibita». Secondo la regina delle guide la «Lonely Planet» -, non si può capire fino in fondo il concetto di «sporco», finché non si è passato qualche giorno in Yemen, dove non esistono discariche e la gente è abituata a buttare dove capita tutto ciò che non serve, a cominciare dalle indistruttibili bottiglie e bottigliette di plastica. Eppure, da questo immenso e multicolore mare di spazzatura che avvolge il Paese come un sudario alla Christo, emergono tesori usciti direttamente da un Medioevo che - come ripetono instancabilmente i tour operator - è da Mille e una Notte: in quella che si chiamò «Arabia Felix» l'Unesco ha scovato 3 località Sana'a, Shibam e Zabid - per includerle nel patrimonio mondiale dell'arte da salvare, il «world heritage». Il centro di Sana'a, la capitale, è una città nella città, celebre per le case di basalto e mattoni, intarsiate da finestre in gesso bianchissimo. Nonostante le crepe nei muri, le erbacce nei giardini, i buchi nelle strade, l'incanto è miracolosamente intatto. E lo stile takhrim vecchio di oltre un millennio sopravvive anche a Shibam, r«archeo-Manhattan del deserto», dove si stagliano oltre 500 palazzi di mattoni e fango alti fino a 7 piani, mentre Zabid esibisce una novantina di spettacolari moschee, sopravvissute all'età d'oro, quando nel XIII secolo la città era un centrochiave della cultura islamica. I 6 mila italiani che corrono in Yemen ogni anno cercano questi luoghi-cartolina, ma ne trovano tanti altri altrettanto impressionanti: da Kawkaban, simbolo del gusto di costruire villaggi in luoghi inaccessibili, a Marib, capitale del regno di Saba, dalle cui sabbie emergono i Templi della Luna e del Sole A CURA DI Gabriele Beccaria Dall'alto, Adolfo Ferraro e Enrico De Notaris, due dei napoletani rapiti