UN INSUCCESSO SOLO APPARENTE di Sergio Romano

L'INDIA COMPIE50ANNI UN INSUCCESSO SOLO APPARENTE L'INDIA COMPIE50ANNI LA storia della decolonizzazione comincia a New Delhi nella notte fra il 14 e il 15 agosto di cinquantanni fa. E comincia con una straordinaria, irrazionale scommessa politica. La posta in gioco è l'indipendenza di un subcontinente in cui vivono, nel momento in cui gli inglesi ammainano la loro bandiera, poco meno di cinquecento milioni di persone. I giocatori, a Londra e a New Delhi, sono un piccolo gruppo di persone: un profeta di nome Gandhi, un brahmino di nome Nehru, un principe del sangue, Lord Mountbatten, un uomo politico laborista da poco assurto alla guida del più grande impero coloniale del mondo, Clement Attlee, un vecchio sindacalista duro e sanguigno chiamato a dirigere la politica estera del suo paese, Ernest Bevin. Gli indiani vogliono l'indipendenza del loro Paese; gli inglesi, dopo lunghe esitazioni, hanno deciso che è giunto il momento di concederla. In apparenza tutti sono d'accordo. Le fotografie di quei giorni ritraggono sorrisi, strette di mano, cerimonie augurali, fastose uniformi e allegre parate. Ma ciascuno dei giocatori ha fatto, in cuor suo, una scommessa diversa, non necessariamente compatibile con quella degli altri. Gandhi è un sacerdote laico, conosce male l'Occidente, ha trascorso tutta la sua vita in India e in Sud Africa: vuole una grande nazione armoniosa, tollerante, «non violenta», restituita alle proprie tradizioni ancestrali e ai tempi lunghi della sua storia millenaria. Nehru è un giovane avvocato, conosce l'Europa, è stato educato nelle migliori scuole della grande potenza di cui è suddito: vuole modernizzare il subcontinente con gli strumenti (industrie, riforma agraria, educazione, buona amministrazione) di cui ha preso coscienza durante i suoi soggiorni all'estero. Attlee e Bevin sono socialisti, ma britannici. Sanno che il vecchio impero è destinato a morire, ma sono decisi a trasformarlo in un grande Commonwealth composto da Stati sovrani, ma soggetti pur sempre alla guida politica della Gran Bretagna. Mountbatten è un grande aristocratico, erede di una famiglia principesca che ha cambiato il suo nome durante la prima guerra mondiale (si chiamava Battenberg) per dimostrare la propria lealtà alla Gran Bretagna: lavora per la maggior gloria di casa reale, vuole che l'India, pur divenendo Repubblica, continui a essere, come nell'anno in cui Vittoria ne divenne imperatrice, la «perla della corona». Se un'impresa politica si giudica alla luce degli obiettivi e delle intenzioni di coloro che ne sono responsabili, quello che si celebra a New Delhi in queste ore è il maggior fiasco della storia del Ventesimo secolo. Proviamo a rifarne brevemente la storia. La grande nazione armoniosa e tollerante che Gandhi sognava negli anni delle sue dimostrazioni non violente contro il Raj britannico, si divide, ancor prima di nascere, fra i due maggiori gruppi religiosi indù e musulmani - di cui è composta. La divisione si consuma nel sangue, fra reciproci massacri. Muore in quelle settimane un numero tuttora imprecisato di persone, ma non inferiore, nella migliore delle ipotesi, ad alcune centinaia di migliaia. Una zona contesa, il Kashmir, sarà d'ora in poi occasione di sommosse popolari, stati d'assedio, guerre, attentati terroristici. Il rapporto con altre minoranze non è meno difficile. L'India ha alcuni tristi primati. E' uno dei pochi Paesi al mondo in cui nessuno può dire con esattezza dopo un attentato terroristico chi ne sia l'autore, tanto numerosi sono coloro che potrebbero averlo commesso. Il suo fondatore, Gandhi, e due Primi ministri la madre e il figlio, Indirà e Rajiv - sono stati assassinati. La violenza e i conflitti non impediscono a Nehru di met- Sergio Romano CONTINUA A PAG. 8 SETTIMA COLONNA COSI' VOLEVO UCCIDERE II MAHATMA Parla l'uomo che fallì l'attentato riuscito 10 giorni dopo al fratello di Bruno Philip A PAGINA 9

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, India, Londra, Sud Africa