L'AMORE nell'era degli automi

come cambiera# la nostra vita. Tra donne-belva e analfabeti emotivi, lo psicologo Galimberti disegna il futuro dei sentimenti come cambiera# la nostra vita. Tra donne-belva e analfabeti emotivi, lo psicologo Galimberti disegna il futuro dei sentimenti LAMORE nell'era desìi automi L, MILANO / AMORE cambia, cambia moltissimo, e sempre più cambierà; è la spia di un 1 vortice, di un mutamento che tutti ci trascina e ci porterà chissà dove. L'amore fra uomo e donna, fra uomo e uomo e fra donna e donna, si mette mille maschere, è imbrigliato, deviato o fatto esplodere da abitudini e necessità sociali in gran parte inedite che lo trasformeranno forse definitivamente, lo renderanno irriconoscibile, lontanissimo dall'amore ancora presente nei miti, nei sogni, nella cultura e nella stessa realtà quotidiana a cui siamo abituati. Uno scenario gelido e fosco, contemplato con appassionata amarezza da Umberto Galimberti, filosofo e psicologo, che in molti libri, da II corpo a Gli equivoci dell'anima e a La terra senza il male (tutti editi da Feltrinelli), fino all'importante Dizionario di psicologia (Utet) e al recente Paesaggi dell'anima (Mondadori), ha raccontato molte idee sui sentimenti, la morale, la religione, la società dalla Grecia all'età contemporanea, in continua polemica contro la boria scientista, razionalistica, quantitativa, che specie ai nostri giorni pretende d'essere egemone, di spiegare ogni cosa. Oggi questa ragione utilitaristica, sempre volta au'efficienza, al massimo rendimento col nummo dispendio, dilaga e penetra in ogni anfratto di vita. Tutti ne siamo condizionati. La nostra è l'età della tecnica. Anzi, essendo un avvenimento epocale, va scritto con le maiuscole, così: Età della Tecnica. Impossibile prescinderne: è talmente vittoriosa che si sta mangiando il futuro. E con essa bisogna fare i conti quando si parla d'amore, avverte Galimberti. Che razza d'amore si para dunque all'orizzonte? Diverse sono le lìnee di tendenza, e tutte poi si confondono, si intrecciano in un panorama accidentato. C'è innanzi tutto questa deriva dell'azione meccanica, una delle conseguenze più devastanti della Tecnica: «Sempre più spesso compiamo azioni senza risonanza emotiva», dice il filosofo. Agiamo, sì, ma al risparmio, senza coinvolgere la sfera della psiche, cioè del sentimento, della fantasia, dell'emozione, della stessa coscienza. Al comando c'è la mente impersonale e pura. Siamo in parte degli automi, come credeva Moravia {L'automa è il titolo di ima raccolta di suoi racconti). Anche l'amore, inevitabilmente, riveste questi panni. Rifulgerà perciò un amore sempre più fine a se stesso, spettacolo di corpi ansanti e ben scolpiti, un amore-body building che fa bene alla salute. I corpi sono lì, si attraggono, ci stanno: che si vuole di più? Basta con le complicazioni del sentimento, le attese, gli sguardi, le lettere, le telefonate, gli infiniti corteggiamenti e i languori d'un tempo. La Tecnica vuole risultati, tanti e subito. Un'altra tendenza «antropologica», come la chiama Galimberti, consiste nel non impegnarsi mai in una scelta fino in fondo. Oggi tutto è revocabile: «Mi sposo ma divorzio, sono incinta ma abortisco, faccio un lavoro ma poi lo cambio». All'interno di questa variabilità, di questo turbinio di opzioni intercambiabili dal tornaconto immediato, l'amore canta una breve stagione, s'immiserisce presto nell'affanno, nel logorio delle difficoltà comuni, e diventa effimero, provvisorio, come lo stesso amore-passione, di gran lunga più frequentato dell'amore-stima, una stima ormai diventata calcolo, astuzia, denaro: la passione è per definizione a termine, ha il fiato corto. E vivremo sempre più murati, ben difesi dalle eruzioni del sottosuolo, dell'inconscio. Al centro d'ogni attenzione ci sarà l'io, l'identità, così labile e fragile: un io tanto insicuro e onnivoro che s'annette lo stesso amore, lo subordina alle sue esigenze di difesa e di dominio. Ecco la terza scena dell'amore prossimo venturo: l'amore narcisistico, che massaggia il mio io, la mia pochezza, la mia vanità, il mio bisogno di potenza. Non mi metto in gioco, non rischio d'infrangermi sugli scogli di una vera relazione: «Una volta - spiega Galimberti c'erano due identità che costruivano una relazione. Adesso la relazione è al servizio dell'identità». Un bel capovolgimento. «Se mi amano, io ci sono; se non mi ama nessuno, non sono nessuno». Oggi l'identità ha le pile deboli: né la famiglia né la scuola né il lavoro, nessuno insomma prende a cuore chi sono io veramente, perché a tutti interessa solo il mio rendimento. La Tecnica privilegia la funzione, non la persona. Così mi aggrappo al mio smunto io e lo proteggo e lo nutro in ogni modo, non affacciandomi neanche sui pozzi della mia interiorità per evitare gli spifferi della foiba che ne vengon su, quello spaesamento furioso e sbigottito che da sempre accompagna il turbamento amoroso ed è garanzia di «vita nova», di cambiamento e di crescita. Ora vince Narciso: tu sei io, tu servi a me. Nell'amore spadroneggiano le stesse regole presenti negli altri rapporti sociali: «Ognuno fa i suoi comodi, ognuno strumentalizza tutti. Si erotizza la propria immagine, il proprio successo professionale. Ci si incontra solo per inneggiare alle proprie virtù: vince l'esibizione, il gioco delle potenze, dei biglietti da visita». Tutti questi flash sembrano comporre a prima vista un film freddo, asettico, dove i personaggi agiscono inguauiati, protetti in un egoismo che tiene lontani gli assalti della vita e dell'amore. H sesso è ginnico, l'anima è un computer. Invece - assicura Galimberti - davanti a noi si spalanca un oceano di sofferenze: «Sofferenze che vedo, che ascolto nelle sedute analitiche. Si soffre e si soffrirà d'amore molto più di ieri». Non c'è proprio nessun guadagno? Sì, qualcosa c'è: «Una sorta di libertà individuale, una maggior cura di sé, del corpo, dell'apparire. Ma saremo sempre più analfabeti emotivi». Ecco il punto: nell'Età della Tecnica la psiche, quest'insieme di canali amorosi aperti verso la realtà, questo fascio di energie fecondate, secondo il mito, da Eros, da cui nasce anche l'arte, non solo si riduce a tutto vantaggio della mente calcolante, ma è spiazzata, retrodatata. E' rimasta indietro perché «le trasformazioni sociali e antropologiche sono più rapide delle trasformazioni psicologiche». Noi ci comportiamo e ci comporteremo come vuole la Tecnica, ma paghiamo lo scotto. Capita come nei grandi sommovimenti della Terra, quando un'immensa placca lentamente sfrega e ne schiaccia un'altra, sovrapponendosi ad essa. La psiche, compressa, mortificata da una mente ormai ipertrofica, nel soccombere sprigiona il suo dolore. Così la donna, liberata dalla maternità coatta («con la pillola: la chimica è qui più forte della coscienza»), scatena una potenzialità erotica a cui la psiche maschile «non è assolutamente preparata»; e peraltro la donna spesso cova ancora delicatezze romantiche, vagheggiamenti d'amore eterno. Da parte sua l'uomo è letteralmente terrorizzato dalla donna: la vede come donna-ragno, come donnabelva, predatrice castrante, distruttrice del suo io. Un fenomeno chiamato ginofobia. Aumentano impotenza e omosessualità. Le nuove paure sono impressionanti, dominano anche il teatro d'amore. In generale «in Italia sono due milioni i malati di panico, vittime di paure improvvise fino allo svenimento», dice Galimberti. E tutt'e due, uomini e donne, soffrono, e soffriranno ancora di più, di gelosia, perché la gelosia «è un sentimento di debolezza, è il mancato riconoscimento dell'alterità dell'altro, del fatto che un altro è un altro, non sono io. Il geloso soffre non di mancanza d'amore, ma di possesso: in una società insicura come l'odierna il possesso è fondamentale». E tutt'e due, uomini e donne, invocano un amore protettivo: incapaci di reggere un amore vero, che è «sfida, tentazione e seduzione, guerra e cedimento», uomini e donne pigolano dall'anahsta, levano un comune lamento: «Non mi ama nessuno», confessano. «Pensano alla mamma - spiega Galimberti -. Pensano a un amore incondizionato, genitoriale. Sognano qualcuno che gli dica ancora: "Qualunque cosa tu faccia, sei il mio bambino". Non c'è più la forza di sostenere un amore adulto». E tutt'e due, uomini e donne, mitizzano la gioventù imposta dalla pubblicità e patiscono la decadenza, la nascondono, la rimuovono, la esorcizzano con bisturi e protesi. Se non fanno l'amore sono infelici, depressi. Far l'amore è un imperativo, un elisir. «L'amore sarà sempre più corpo e consumo». Ci troviamo di fronte a un destino che il filosofo-psicologo chiama di «psicopatia». Destino obbligato? Una speranza c'è, ma non all'insegna del ritorno al passato, di una psiche di nuovo ricca e prensile, capace di uscir fuori, di rischiare e di ricreare il mondo, bensì nella direzione di un suo ulteriore appiattimento, di una quasi totale scomparsa della sua ormai ingombrante e pericolosa presenza. Una volta eliminata lei, addio pure alla sofferenza, al gap fra le prestazioni e i comportamenti imposti dalla Tecnica e i residui e gli slanci d'amore antico. «La Tecnica anestetizzerà l'uomo», prevede Galimberti. Scenario apocalittico? Il filosofo formatosi su Heidegger e Severino, su Marx e Junger e Jaspers, nasconde forse la sua disperazione con questa risposta: «Una simile visione appare disumana solo se abbiamo in mente l'uomo che abbiamo conosciuto finora. Dobbiamo invece pensare che la Tecnica produce un altro tipo d'uomo». Claudio Al tarocca «le trasformazioni sociali e antropologiche sono più rapide di quelle della nostra mente Ormai trionfano i narcisi, dopo l'anestesia e le devastazioni provocate dalla tecnica» «Oggi il sesso è ginnico, l'anima è un computer Ma nonostante ciò si spalanca davanti a noi un oceano di sofferenze In Italia i malati di panico sono due milioni» ii; o;-!b:s>A .iviJna ■ s/tuiii tósi dbUp ir» OfflSfli) ■m Vinti ih Hrti! ni hm s-ìiic! :ota li ito OfJ^ijj «tKttioD.sr Jiilìliill'"""'! iìlliiTl'l ,!o8abmixutó*siBraviciMmiq06^^^hdta^ttttìiiii£^'J^*asasHA MiitA i> iuiì iìmiq 00£ isb satooTten i eI-:-q*li|F ^tiberi iunÌBDH||f« jiiisctc ««tolte aU .taf"! fikj iwbS :»b svsrid biette* 1 jojjKiM» P anfolM «d .otoì»T foìi' ini jsHiUn; «iUm^ ìliiJe*a8JS|tDi«Ì» tfi •11: log i'ib «Un ^lisb annua li*! -ibigp ,ìHH)i:;i"iti/« &ktfètLl>f, mot iwt&aKrsswlitihashaaiia xts&pir, ! nyf.ujqsiqta^sittiìis'jsfinffifi* ««tot2i:1««Bi*K>'J .sa'tìrifrSfcè | »W; ed iét .olnR ira» iteaup « -.Si-'ilBi?. «I <5leOTK;'.!^i^y1KlÌ^!ni::.'i:-S I 0ì!;ii ti ■;);;,';;';■)' OJS»! :. <p<{ ^J» Olii**) .te3 » (>l!!Ìaàl;»]r.j;Jlso'inq ut afcnsio I e.t«à*3Ìi miiaic* -.'SI hb stim al t. im ■IwtyJkml iqqf,-jj? obnSiiVil | ! ltt!c> :t3Ì(ho! 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