L'ITALIA CHE NON HA PAURA di Sergio Romano

L'ITALIA L'ITALIA CHE NON HA PAURA Forse. Ma l'unica replica convincente alla strategia di chi «non ci ama» consiste nel togliere di mezzo le ragioni della diffidenza. Se i negoziati per la riforma dello Stato sociale si fossero conclusi prima dell'estate godremmo di maggiore credibilità. Il rinvio alla fine di agosto dimostra, agli occhi degli osservatori meno benevoli, che il governo non ha la forza necessaria per imporre la propria linea europea. Se hanno torto, come spero, bisognerà dimostrarlo. La seconda considerazione di cui Prodi dovrebbe tener conto concerne i rapporti economici e culturali fra Italia e Germania. Nessuno meglio di lui (autore qualche anno fa di un lungo articolo nella rivista del Mulino sul «modello renano») conosce l'importanza dell'esempio tedesco nella storia italiana. Non è ne- cessario scomodare la retorica del Sacro Romano Impero per sapere quale influenza la Germania unita abbia avuto sull'Italia unita. Francesco Crispi, soprattutto durante il suo ultimo governo, cercò d'importare in Italia la democrazia autoritaria di Bismarck. Sidney Sonnino cercò di trasportare da noi il «socialismo della cattedra» che il cancelliere di ferro aveva sperimentato nella seconda metà degli Anni Ottanta. Abbiamo fatto buona parte della nostra migliore industrializzazione, a cavallo del secolo, grazie a capitali tedeschi, a tecnologie tedesche e a un tipo d'istituto bancario (la banca mista) che fu concepito in Germania. Tali erano i nostri rapporti economici e commerciali con la Germania allo scoppio della prima guerra mondiale che aspettammo quindici mesi dal maggio del 1915 all'agosto del 1916 - prima di dichiararle guerra. Non basta. Il modello economico e sociale che abbiamo costruito negli ultimi trent'anni è per molti aspetti la copia (spesso brutta, ma questa non è colpa tedesca) dell'«economia sociale di mercato» che Ludwig Erhard cominciò a realizzare nel suo Paese durante gli Anni Cinquanta. Anche noi, come i tedeschi, abbiamo vissuto di proporzionalismo, di consenso e di estenuanti negoziati con le «parti sociali». Ora, tuttavia, quel modello è in crisi. La rivoluzione tecnologica e la mondializzazione dell'economia sono le campane a morto del «modello renano». Molti tedeschi lo sanno e, come tutti i popoli seri, provano, di fronte alla necessità di cambiamenti così importanti, un sentimento di angoscia. Prodi e Ciampi lo sanno, ma confidano nella buona sorte e pensano che l'Italia, come al solito, finirà per arrangiarsi. Prodi ha «paura di una Germania che ha paura». Temo che l'Europa, invece, abbia paura di un'Italia che non ha paura. Sergio Romano

Persone citate: Bismarck, Ciampi, Francesco Crispi, Ludwig Erhard, Prodi, Sidney Sonnino