il procuratore di Palermo

^wmtmmm Caselli: ma quella di Prodi °"*u*MO è l 'ii ^wmtmmm °"*u*MO" Caselli: ma quella di Prodi è solo un'opinione personale GROMA IANCARLO Caselli non ama le polemiche, specialmente se investono le istituzioni. Nei giorni scorsi ha assistito al dibattito sul «caso Andreotti» imponendosi il silenzio. Accettando il colloquio, ora, premette che non è sua intenzione «aprire controversie di alcun tipo». Nulla da dire a Prodi? «Il presidente Prodi ha precisato: non difendo né accuso, ho fiducia nei giudici. Stando così le cose, non c'è niente da dire. Le altre considerazioni del presidente Prodi sono opinioni. Autorevolissime, ma opinioni». Non dirà che sia passato senza conseguenze l'intervento del presidente del Consiglio sul «caso Andreotti»? «Quali che siano state le intenzioni, sulle quali non ho che da prendere atto delle parole di Prodi, le polemiche che ne sono seguite hanno determinato una conseguenza che è sotto gli occhi di tutti». Può scendere nel dettaglio? «Nel bel mezzo di un processo di mafia, è avvenuto che l'imputato ha creduto di poter ringraziare il capo del governo. Vuol dire che qualcosa non ha funzionato, qualcosa è andato storto. E qui mi fermo, non voglio assolutamente aggiungere altro». Cosa non ha funzionato? «Il fatto che si butti in politica tutto il processo.' Questo non è un processo politico, sott'accusa c'è una persona singola, specifica, che di mestiere faceva, o meglio fa, il politico. Una persona imputata di fatti specifici e riferibili esclusivamente a quella persona e a nessun'altra». Sta parlando di indebite ingerenze? «Io non temo le interferenze sui giudici, perché se ci sono le prove non basta questa o quella polemica per cancellarle. Il problema - e non c'è riferimento a Prodi ma semmai a qualche intervento registrato nei giorni scorsi sugli organi di informazione - è che potrebbe crearsi un certo clima di minor serenità sui testi ancora da ascoltare, si potrebbero aprire spazi per qualche manovra». Teme lo «scippo» del processo? «Non ci sono gli estremi. La tesi dell'accusa è chiara, il processo dirà se corroborata anche da prove. E cioè: vi sarebbero state - tra l'altro - cinque occasioni in cui l'imputato ha incontrato dei capimafia. Sempre secondo l'accusa, gli incontri sarebbero avvenuti per parlare di "aggiustamenti di processi" o di questioni riguardanti per esempio l'omicidio di Piersanti Mattarella, un democristiano onesto, coraggioso, ucciso dalla mafia proprio per questi motivi. Tutto ciò riguarda esclusivamente l'imputato Andreotti e nessun altro soggetto al mondo. Quindi la politica vera e propria, la storia d'Italia non c'entrano un bel niente. Farla entrare ad ogni costo significa rifiutare il confronto coi fatti. Tanto più che sostiene l'accusa - quegli incontri, insieme con altri elementi probatori, risultano da testimonianze oculari non soltanto di collaboratori, ma anche di testi normali, non mafiosi». Ma Andreotti ha detto chiaro che ((Palermo non era competente». «H problema del Tribunale dei ministri e della competenza romana - oltre che affrontato nella richiesta di autorizzazione a procedere - era stato eccepito dalia difesa all'apertura del processo. In entrambi i casi è stato respin- to». Il senatore aggiunge che è passato troppo tempo e non si vede la fine del processo. «Forse può aiutare un po' di cronistoria. La richiesta di rinvio a giudizio è del maggio 1994, dopo un anno di istruttoria. La Procura avrebbe potuto, per legge, chiedere una proroga di altri dodici mesi. Non l'ha fatto, e perché i magistrati avevano già raccolto sufficienti indizi, e per manifestare rispetto nei confronti dell'imputato e dell'opinione pubblica. Il responso del gip era atteso per l'ot- tobre '94. E' giunto con sei mesi di ritardo perché la difesa ha chiesto - legittimamente, intendiamoci - un rinvio. Poi il processo è cominciato, ma ad un certo punto si è interi-otto per la sostituzione di uno dei tre giudici originari (colpito da una grave ma- latria) ed è ricominciato daccapo. Da quando è ripreso sono state celebrate 120 udienze, nonostante lo sciopero degli avvocati ed un ritmo più lento di quello stabilito dal Tribuanale, che ha accolto una giusta richiesta dei difensori (due udienze al mese in meno) impegnati anche nell'altro dibattimento di Perugia». Ciò non toglie che siano passati quattro anni e mezzo. «In Italia i processi sono - purtroppo - lunghi ed anche questo lo è. Ma, vista la sua complessità e paragonandolo ad altri dibattimenti, si deve concludere che è certamente più celere di tanti altri, considerato che non presenta imputati detenuti. Tanti processi con imputati in carcere non sono più veloci. Prendiamo per esempio il processo per la strage di Capaci: ha avuto la precedenza assoluta, si è avvalso dello straordinario eccezionale, meritorio impegno dei colleglli di Caltanissetta, e tuttavia, a cinque anni dai fatti, non siamo ancora alla sentenza di primo grado». Ma intanto, sostengono più commentatori, l'immagine dell'Italia ne risente. «Sottoscrivo quanto sull'argomento ha evidenziato il collega Scarpinato, ricordando come nel 1991 il cancelliere Kohl invitasse l'Italia a migliorare la propria legislazione antimafia, pena l'espulsione dalla comunità europea. Oggi siamo considerati un modello, grazie all'impegno di tutti. Sono questi i fatti che giovano alla nostra immagine all'estero». Quindi, le polemiche sono solo pretestuose? «Quando la Procura di Palermo arresta i killer o i capi di Cosa nostra, tutto va bene, non c'è problema. Quando invece le indagini riguardano imputati di rango, qualche volta non sempre, airivano le polemiche. Eppure la mafia non sarebbe la mafia, se non esistesse l'intreccio programmatico con pezzi della politica, delle Istituzioni». Sa che questa è una implicita ammissione di isolamento? Si sente più vulnerabile? «Su questo non dico nulla. Non vi darò l'occasione di descrivere un Caselli contro il governo. Perché non è così». Francesco La Licata iiIIfatto che un imputato nel bel mezzo di un procedimento si sia sentito in dovere di ringraziare il presidente del Consiglio dimostra che qualcosa non funziona ■■ fi 6 Macché processo politico, noi abbiamo contestato al senatore fatti specifici che riguardano lui e nessun altro La storia d'Italia con il procedimento non c'entra nulla j sp non rispondetedesco che valutazione dreotti». Poiquestioni del tici e giornalisua parte, fusare le paroattenzione». Pollice verste di Maurizdinatore dellleanza naavrebbe fatttacere. Con questo generinfluenzare tanto meno svita: «Se è difAndreotti chc'è alcun dubciato Salvo Lparlare di retica, mi pare za», m«In no ed Ma, visità e p Qui accanto il procuratore di Palermo Giancarlo Caselli A sinistra Andreotti al processo

Luoghi citati: Caltanissetta, Capaci, Italia, Palermo, Perugia