Guidolin: più ricchi grazie inglesi

Il 23 agosto sfiderà la Juve in Supercoppa, poi l'avventura in Europa Il 23 agosto sfiderà la Juve in Supercoppa, poi l'avventura in Europa Guidolin: più ricchi, grazie inglesi «Ma ora viene il difficile, tocca alla squadra» INTERVISTA L'AUTORE DEL MIRACOLO VICENZA Cg CASTELFRANCO V. ™ E' chi è andato all'estero per allenare, come Nevio Scala, e chi l'estero lo trova in Italia quando si siede a parlare con il proprio datore di lavoro. Francesco Guidolin allena la prima squadra straniera del campionato italiano: il Vicenza, comprato da un certo Julius (quasi discendesse da Cesare) che ha una finanziaria che ne rappresenta altre che ne nascondono altre ancora ma che riconducono a finanzieri inglesi, scozzesi, sudafricani. Hanno puntato sul calcio italiano come fanno con le nostre aziende in Borsa. Guidolin non ne sembra sconvolto. «Io tratto con le persone che sono capaci o incapaci e non mi importa che lingua parlano», dice. E questi inglesi come sono? «Capaci, mi sembra. E più disponibili a investire di quanto non sia mai successo nella storia del Vicenza: mai stati così ricchi, al punto da avere un rimpianto». Che non siano arrivati prima? «Se avessero preso il Vicenza a febbraio o marzo per una volta nella vita ci saremmo messi in corsa per certi giocatori e creato una squadra più forte. A quell'epoca però non sapevo neppure se saremmo sopravvissuti». Invece adesso siete solidi. «Come società senza dubbio: ci si sta attrezzando. Ma rimaniamo una squadra che punta a salvarsi e a superare il primo turno di Coppa Coppe, sperando che il sorteggio ci aiuti». Tra i giocatori da inseguire c'era anche Baggio? «Non sarebbe mai venuto». Perché lei preferisce non avere in squadra i fantasisti? «No. Perché qui non ci sono le condizioni economiche per mantenerlo: intendo un bacino di tifosi, un grande stadio...». Ma il sacchiano Guidolin lo vorrebbe un fantasista? «Ho Iannuzzi, e a Baronie non manca l'estro. Però una squadra deve avere soprattutto l'equilibrio in campo e nello spreco di energie. Se poi c'è un uomo che inventa e fa gol, mi facilita la vita». Torniamo agli inglesi. Quanto feeling può esistere tra la loro mentalità e una struttura provinciale come il Vicenza? «Qui ci sono sempre state le idee ma non le possibilità. Ora ci sono anche queste ed è un passo avanti. Il loro stile di gestione anglosassone va bene ovunque: quotarsi in Borsa, possedere uno stadio, sviluppare il merchandising, fare più soldi insomma. Ormai il calcio è un affare». £ a lei piace? «Sì, perché può far star bene tutti. Comunque non si torna indietro: meglio adattarsi e smetterla con la retorica del bel calcio che fu». Ogni squadra ha un passato che l'avvicina alla gente. Così non si crea un'unica marmellata dall'Inghilterra al Brenta? «Cosa avvicina la gente al calcio è il calcio: ai tifosi non importa chi è il padrone e da dove viene». Spera che gli inglesi le dicano di fissarsi lo stipendio come hanno fatto al Chelsea con Gullit? «Divertente, ma non mi importa. Trovo assurdo che alle nostre cifre si litighi per 50 milioni in più o in meno: mi sembra più serio battersi per i giocatori giusti». Lei quanto è ambizioso? «Quanto serve in un mestiere». E quanto le rode non aver fatto il salto in un grande club? «Se dicessi che non mi importa sarei ipocrita. C'erano stati contatti e poi... Evidentemente devo migliorare ancora per meritarmelo». Pensa sia solo questione di bravura? «Devo pensarlo. E accettare le regole di questo gioco», Quanto le ha nuociuto l'etichetta di «figlioccio di Sac¬ chi», che oggi è in ribasso? «Credo nulla, perché non sono legato a teorizzazioni ossessive: ho sempre detto che ci sono molti modi per vincere e che non contano le formule. Purché non si giochi un calcio attendista». Qualche suo collega dice che lei parla bene ma razzola male. «Se gioca contro la Juve anche il mio Vicenza deve difendersi, ma solo perché la Juve costringe a farlo. Io contesto la scelta di essere attendista». E c'è ancora nel nostro calcio? «Molto meno di prima, quando giocavo io». Quale innovazione segnerà il campionato? «Si parla tanto della difesa a tre come una evoluzione più coraggio¬ sa e offensiva di quella a 4. Mah, io vedo che quando gli avversari attaccano non c'è differenza: insomma tutti questi numeri nascondono un bluff». Nei suoi sogni c'è allenare un grande club o Ronaldo? «Se avessi Ronaldo o uno come lui sarei anche in un grande club e risparmierei fatica perché non gli direi altro che: gioca come sai. E starei a godermelo». Quanto tempo si dà per diventare bravo da fare il salto? «Poco. Ho 42 anni ma ho più di 300 panchine alle spalle e quest'anno posso arrivare alla centesima di serie A. Ho cominciato presto e non voglio invecchiare nel calcio. Dunque...». Marco Ansaldo «I nuovi padroni non sono arrivati a tempo per farci più forti Ma è già bello esserci» LE ALTRE ITALIANE IN EUROPA COPPA DELLE COPPE (Sedicesimi di finale 18 settembre e 2 ottobre) VICENZA COPPA UEFA (Trentaduesimi di finale 16 e 30 settembre) INTER LAZIO UDINESE SAMPDORIA Guidolin ha le idee chiare: «Se avessi un Ronaldo in squadra starei a godermelo sicuro che farebbe bene senza consigli Difesa a tre o a quattro, sono tutti numeri che sanno di bluff. Quando gli avversari attaccano e sono più bravi non c'è schema che tenga, devi solo pensare a salvarti»

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