I pellegrini del dio Elvis

I pellegrini del dio Elvis Da tutta l'America muovono verso il Tennessee per onorare Presley nel ventennale della morte I pellegrini del dio Elvis A Memphis l'assalto dei 100 mila IL RADUNO DEGLI ORFANI DI UN MITO MEMPHIS DAL NOSTRO INVIATO Il 16 agosto del 1977, dopo aver passato la notte in bianco a causa di uno spezzatino troppo pepato, Elizabeth Cronin Russell, 29 anni, di Birmingham, Alabama, si alzò dal letto di pessimo umore, indossò la divisa rossa del supermercato in cui lavorava e salì sulla sua Thunderbird rosa. Alle 9 era, come sempre, dietro il bancone a tagliare carne. Nello stesso momento, a Memphis, Tennessee, dopo aver trascorso la notte tra una visita al dentista personale per farsi otturare una carie, un doppio a tennis e una suonata al pianoforte, Elvis Presley, 42 anni, di Tupelo, Mississippi, si alzò dal letto in cui non riusciva a prendere sonno e disse alla donna sul cuscino, Ginger Alden: «Vado in bagno a leggere». Lei si raccomandò: «Non ti addormentare». Lui si voltò. Aveva un pigiama verde e stringeva una copia di «La ricerca scientifica sul volto di Gesù», un libro sulla Sindone. Disse le sue ultime parole famose: «Non mi addormenterò». Quando, alle 2 del pomeriggio, Ginger si svegliò e non lo vide accanto a sé, aprì la porta del bagno e lo trovò, più che addormentato, morto, con la faccia affondata in un tappetino rosso alto cinque dita. Comunicò la notizia al mondo. Elizabeth Cronin Russell la apprese mentre stava facendo a pezzi un agnello. Mollò il coltello e uscì dal supermercato. La vita del re del rock'n roll era finita. La sua, cambiata per sempre. Buttò una borsa sulla Thunderbird rosa e partì per Memphis. Ci arrivò in cinque ore. Prese una stanza, la numero 101, al Days Inn dell'aeroporto. Ci pianse per ore. Fece la fila per vedere il corpo. Partecipò al funerale. Decise che la sua esistenza aveva trovato uno scopo: onorare Elvis. Da allora torna in pellegrinaggio tutti gli anni, nella settimana dal 9 al 16 agosto. Durante il viaggio ascolta sei cassette di Elvis e fa una sosta a Tupelo per comprare nuove decalcomanie da attaccare ai vetri del furgone che ha sostituito la Thunderbird. La stanza 101 del Days Inn è riservata a suo nome dal 1977 fino alla data che nessuno conosce. Quando ne apre la porta dice: «Casa». Quella di Birmingham è un reliquario del Ciuffolone. Quadri e ceri con la sua immagine, oggetti comprati alle aste e che lui avrebbe posseduto, sfiorato, guardato. C'erano anche due cani, chiamati Elvis e Priscilla (come la ex moglie). Va da sé che Elvis è morto e Priscilla abbaia an- cora. Poi ci sarebbero anche un divano bianco («l'aveva pure lui») e un marito di nome Louis posato sopra. Elizabeth dice di credere in tre cose: «Dio, la famiglia e Elvis», ma l'ordine non dev'essere questo. C'erano una volta «Dio, patria e famiglia». Ora la patria è Elvis. Almeno per i centomila americani attesi qui a Memphis per il ventennale della morte, per gli 800 mila che ogni anno visitano il santuario di Graceland, degli iscritti ai 500 fans club creati a suo nome, per tutti quelli che hanno comprato oltre un miliardo dei suoi dischi. E' un fenomeno senza precedenti. Gilbert Roadman, professore di Scienza della comunicazione all'Università della Florida, nel suo libro «Elvis dopo Elvis» scrive: «Di solito la popolarità di una star cala dopo la sua morte, qui avviene il contrario e non si intuisce fino a che punto possa arrivare». Il suo collega Norman Girardot, docente di religioni comparate, parla apertamente di «movimento parareligioso, con aspetti paralleli agli esordi del cristianesimo, buddismo e confucianesimo». Magari esagera, ma annotando tutto quello che accade in questi giorni intorno all'immagine di un cantante sepolto vent'anni fa, sul taccuino finiscono stranezze mai viste, cifre economiche da multinazionale e un punto interrogativo dopo le parole «come è possibile». Se Elizabeth Cronin Russell vi sembrava strana, eccovi un inventario di altra, varia umanità giunta a Memphis. In prima fila, i sosia di Elvis. Ce ne sono tremila in tutto il mondo e molti di loro hanno il proprio fans club. Ogni anno a Ferragosto si elegge il migliore. Segnalo soltanto i più notevoli: Alan Meyer, che faceva l'ingegnere alla Nasa e si è licenziato perché ha scoperto che guadagnava di più imitando il suo idolo; Clarence Giddens, l'improbabile sosia nero; Ito Kiyoshi, il non più probabile sosia giallo; Roberto Lopez in arte El Vez, la versione messicana, che non ricorda affatto Elvis; Miguel Quintana, del Colorado, anni 11, imitatore di Elvis da quando ne aveva 3; Dave Pyle, in arte Green Elvis, che riscrive in chiave ambientalista i testi di tutte le canzoni; Herselvis, la versione femminile omosessuale; il fu Herbert Baer, «fu» nel senso che è riuscito a farsi cambiare legalmente il nome e adesso si chiama, è ovvio: Elvis Presley. Di tutti gli emuli del Ciuffolone mancano soltanto Little Tony e Bill Clinton (che lo citava spesso in campagna elettorale e, in tv, suonò al sax «Don't be cruel»). Poi, in ordine sparso, avanzano: Baby Aron Patterson, classe 1978, la cui madre Deborah ebbe la bella pensata di dichiararlo «Elvis reincarnato», promettendo un milione di dollari a chi fosse riuscito (come?) a dimostrare il contrario e che ancora og¬ gi, a 19 anni, è omaggiato dal «Baby Elvis Fans Club» (20 dollari per l'iscrizione); Jukka Ammondt, docente finlandese di lettere antiche che traduce in latino i testi di Presley (così «Tutti frutti» diventa «Totus potus» e «It's now or never», «Nunc hic aut numbquam»); la poetessa Victoria Crosby che ha messo in rima la vita di Elvis in un poema di 256 pagine; Larry Geller, il parrucchiere personale del cantante che oggi vive facendo il conferenziere, raccontando al mondo come otteneva l'effetto banana. Infine, l'esercito dei visionari, tutti quelli che hanno visto Elvis dopo la sua morte, dalla casalinga che per prima lo avvistò seduto a un burger king nel Michigan, fino al maggiore Bill Smith, asso della II guerra mondiale, secondo il quale non solo il Re è vivo, ma lotta insieme a lui, nel senso che spesso, dice, si sfidano a colpi di karaté. Visionari che aumenteranno il prossimo 16 agosto quando l'ologramma di Elvis suonerà con la sua band in concerto a Memphis. Folclore, fin qui. Poi però va annotato che la «Elvis Presley Enterprise» è tra le prime cento aziende di marketing in America e il suo fatturato cresce ogni anno. La furba Priscilla, che la conduce, ne in¬ venta una al mese. A luglio ha inaugurato un ristorante Elvis Presley in Beale Street a Memphis, investendo 4 milioni di dollari. Visti gli introiti della prima settimana, ha deciso di aprirne uno in ogni città. Il motto dell'ex marito era: «Cura gli affari», e lei lo ha fatto proprio. Il fantasma di Elvis ha fatto la fortuna di migliaia di persone e di una città. Vent'anni fa, se non moriva Elvis moriva Memphis. Dopo l'uccisione di Martin Luther King erano cominciati la Elvis, gonfio e ingrassato, poco prima di morire crisi e l'esodo, apparentemente irreversibili. Poi Elvis è passato a miglior vita e Memphis anche Oggi,. Memphis senza Elvis sarebbe come Las Vegas senza i casinò. Grazie alla sua morte, è rinata. Hanno riaperto il Peabody Hotel, ristrutturato Beale Street, inaugurato locali lungo i suoi lati (il prossimo sarà l'Hard Rock Cafè), sfamato e alloggiato il milione di pellegrini che ogni anno viene fin qui ad adorare l'idolo. Tra Elvis e la città esiste un rapporto di odio-amore. Paul Gerald del «Memphis Flyer» ammette: «Dopo un po' non ne puoi più. Dici: sono di Memphis e subito ti chiedono se hai visto Elvis, di recente. Per questo, tempo fa, ho cominciato a dire: sono di Dallas. Ma ora anche peggio: mi chiedevano di J. R. Ewing». Anche lui è tornato a casa, anche lui conclude: «Non possiamo che dire grazie a Elvis. Ha trasformato ogni cosa, qui». Qui, la cappella mortuaria dove è stato sepolto per pochi giorni, prima di essere trasferito a Graceland, è in vendita per 800 mila dollari e l'agente immobiliare che la tratta si fa fotografare davanti al cancello mentre salta come se fosse Elvis sul palco. Tutto quello che ha avuto a che fare con Ciuffolone ha un prezzo enorme, ma c'è sempre qualcuno disposto a pagarlo. Com'è possibile che si sborsino 41 mila dollari per la sua carta di credito, 68 mila per un abito di scena, 101 mila per una Cadillac e neanche quella rosa? Com'è possibile che 380 persone all'ora paghino il biglietto (10 dollari) per entrare nel Giardino delle meditazioni a Graceland, omaggiare la tomba di Elvis, lasciare fiori e messaggi, raccogliersi in preghiera, rivolgendosi non a Dio, ma a un cantante? Fossero quattro gatti, ma sono centinaia di migliaia, molti dei quali nati dopo il '77. Neppure Elizabeth Cronin Russell sa spiegarlo. Dice: «Una sera, in un drive in di Atlanta, ho visto "Love me tender" e nulla è più stato come prima. Qualcosa di simile all'amore, ma per qualcuno che non ti apparterrà mai». Qualcosa di simile all'amore, che ti fa attraversare mio Stato in auto, cinque ore di fila per essere lì, dimostrando a se stessi che in qualcosa si è creduto, che non ora tutto deserto. E se l'oasi era solo un miraggio, che importa? Era così bello immaginarla. Dalla finestra della stanza 101 del Days Inn, Elizabeth guarda le luci nel nulla intorno a Memphis e non ha dubbi: è il posto più bello della terra. «Are you lonesome tonight?», ti senti sola stanotte? Cantando sottovoce risponderebbe no. Gabriele Romagnoli Cresce l'esercito di chi giura di averlo visto dopo la morte E c'è anche chi traduce le sue canzoni in latino Ci sono alcuni professori che parlano di un vero movimento parareligioso E la città fa affari miliardari Ci sono alcuni professori che parlano di un vero movimento parareligioso E la città fa affari miliardari Fan nel Giardino delle meditazioni a Graceland, tomba di Elvis o Elvis 100 mila o Kiyoshi, il sia giallo; Rol Vez, la vere non ricorda Quintana, del mitatore di Elveva 3; Dave Elvis, che rientalista i te; Herselvis, la omosessuale; fu» nel senso gi, a 19 anni, è omaggiato dal «Baby Elvis Fans Club» (20 dollari per l'iscrizione); Jukka Ammondt, docente finlandese di lettere antiche che traduce in latino i testi di maggiore Bill ih oaEraPp«pMcvsclagJtcmv Fan nel Giardino delle meditazioni a Graceland, tomba di Elvis Priscilla, la bella e furba vedova, che ha trasformato il culto di Elvis in un affare miliardario. A destra, un gruppo di fan inglesi riuniti per celebrare con un party il giorno della nascita di Presley