Vino grandi alleanze verso la Borsa

Accelerano gli accordi internazionali. i produttori italiani: non possiamo stare alla finestra l'export italiano Accelerano gli accordi internazionali. i produttori italiani: non possiamo stare alla finestra Vino, grandi alleanze verso la Borsa «Il mercato ormai è mondiale, servono capitali» MILANO DAL NOSTRO INVIATO Bacardi proprietaria di Martini & Rossi, Cinzano assorbita dalla Idv-Grand Met, Frescobaldi lavora in coproduzione con gli americani di Mondavi, Gancia si è accordato con Remy Martin. E ancora: Santa Margherita vuole la Corvo Duca di Salaparuta, Càvit produce per Gallo e si vocifera che il colosso americano concretizzerà accordi similari anche in Toscana e in Abruzzo. Le «grandi manovre» nel settore vitivinicolo durano da tempo, ma ora si stanno accentuando. Quali le cause? L'Italia, maggior produttore al mondo, ne esce rafforzata o indebolita? «Difficile dare una risposta a questi interrogativi, anche perché ognuna delle operazioni citate ha una sua filosofia - dice Giuseppe Martelli, direttore generale dell'Associazione enologi -. Certamente, nella stragrande maggioranza dei casi, la molla che ha fatto scattare questi accordi va ricercata nella tendenza mondiale a concentrare maggiormente la distribuzione e, dove possibile, la produzione. Logiche diverse, quindi. Ad esempio ritengo che gli accordi tra Frescobaldi e Mondavi per produrre grandi vini rossi portino principalmente ad un indiscusso rafforzamento di immagine, mentre quelli tra Càvit e Gallo si basino soprattutto su aspetti di natura commerciale e quindi di approvvigionamento di prodotto italiano da lanciare con marchio americano sui mercati internazionali. Ma da cosa nasce cosa e non è detto quindi che il discorso non possa avere altre positive ramificazioni». ((Ancora diverso è il contesto in cui si sviluppa l'operazione Santa Margherita-Corvo - prosegue Martelli -: qualora si realizzasse, si formerebbe una concentrazione tra una delle più importanti case vinicole del Nord con il più diffuso e rinomato marchio del Sud, che darebbe vita ad un polo di produzione e di commercializzazione di vini di qualità di tutta considerazione. In conclusione - termina il direttore di Assoenologi - luci ed ombre possono essere sintetizzate in due concetti. Se l'unione è fatta per avere maggiore aggressività e forza di penetrazione commerciale, tendendo sempre verso il miglioramento della qualità, va bene, se invece è fatta per affrontare solo situazioni contingenti o per fornire a basso prezzo un prodotto oggi di moda e quindi vincere la concorrenza di fascia bassa, utilizzando magari un marchio affermato, il discorso non è certamente positivo». Investire necesse est, dice Gianni Zonin, il maggior produttore privato italiano. «Il futuro del vino sta nei grandi numeri - spiega e l'unico modo di ampliarsi è andare regione per regione ad acquistare aziende e vigneti, ma per farlo servono investimenti forti, mentre il ritorno economico è lento. Probabilmente, più che le joint venture a dare un'iniezione di vitalità al settore sarà la Borsa. Credo che vedremo presto riprodursi l'esempio australiano, dove molte società vitivinicole sono quotate al listino». «L'Italia del vino - prosegue Zonin - ha un fatturato di 12.500-13.000 miliardi ed un export di 4500 miliardi, cifre di tutto rispetto, che però provengono da un tessuto estremamente frazionato. Il mercato poi è spesso a vendita regionale e il consumatore dimostra ancora una certa diffidenza verso la grande azienda, che associa a caratteristiche di mediocrità qualitativa. Un assurdo, se si pensa che l'americana Mondavi, universalmente riconosciuta come una delle migliori firme" del settore, produce 60 milioni di bottiglie l'anno». E la necessità di conquiste estere per le nostre aziende vitivinicole è confermata da Rolando Chiossi, presidente e amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini. «In passato erano fatti episodici o si investiva in reti commerciali, come abbiamo fatto noi in Francia e in Usa - spiega Chiossi - ora invece il settore si sta internazionalizzando e si investe su due binari. Il primo porta ai mercati in via di sviluppo, come l'Est europeo, il Sudamerica, il Sud-Est asiatico. Questa via è dedicata soprattutto ai vini da tavola che hanno dei problemi di mercato in Italia. Il secondo binario è l'internazionalizzazione d'elite: si sta formando un mercato globale che va dalla California al Cile, alla Francia, dove si producono quei vini che hanno un mercato globale, come Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay e Sauvignon blanc, che coprono il 30-40% del commercio mondiale del vino. Noi italiani abbiamo quindi tutto l'interesse a non essere esclusi da questo giro e di qui gli investimenti all'estero, anche perché in Italia è più caro produrre e nel giro di qualche anno è presumibue che queste tendenze si rafforzeranno. Il futuro non può prescindere dall'estero: dovremo continuare a sostenere le produzioni autoctone, ma impostarci sui nuovi gusti». E in tema di mercato globale bisogna considerare che gli Usa sono un trampolino verso l'area asiatica. «Lì c'è un mercato di almeno 300 milioni di persone con la stessa capacità di spesa degli europei e affascinati dallo stile di vita europeo - avverte Vittorio Fre¬ scobaldi, presidente della Marchesi de' Frescobaldi -; i nostri consumatori sono ormai in tutto il mondo, quindi l'azienda deve ragionare in questi termini per essere competitiva. Oggi si parla di Europa e di Mondo, come mercato e su questo mercato ci sono forti scossoni a cui bisogna reagire. Come? Con le alleanze tra buoni produttori: noi lo abbiamo fatto con la joint venture conclusa con Mondavi: un'operazione realizzata per radicarci profondamente nel mercato Usa, che è il più ricco del mondo. E sottolineo - aggiunge Frescobaldi - che non c'è nessun timore di essere fagocitati: è un fatto di efficienza e di fiducia in se stessi. Negli Usa si è passati da vini tipicamente francesi a vini tipicamente italiani, come il sangiovese, quindi, come italiani, possiamo tornare ad essere protagonisti. Certo, per affrontare questa sfida c'è bisogno di capitali da investire per allargare le nostre aziende, altrimenti con quali muscoli arriveremmo sul mercato globale?». Vanni Cornerò Due le linee guida: conquistare i Paesi in via di sviluppo e nella produzione seguire i nuovi gusti g l'export italiano In ettolitri Fonte: Istat Elaborazi Federvini Gianni Zonin (a sinistra) e Giuseppe Martelli Vittorio Frescobaldi e Robert Mondavi recentemente hanno concluso una joint-venture tra le rispettive case vitivinicole