«I disoccupati? Meno dell'1%»

Una ricerca dell'ufficio studi Confìndustria corregge i dati elaborati dall'Istat Una ricerca dell'ufficio studi Confìndustria corregge i dati elaborati dall'Istat «I disoccupati? Meno dell'I %» Tante «pretese» per lavorare ROMA. Sorpresa. La disoccupazione, in Italia, non supera A sostenerlo è Confìndustria, nel suo ultimo studio (che porta la data aprile '97) sull'occupazione. Partendo da dati Istat e utilizzando definizioni più stringenti del concetto di disoccupazione, viale dell'Astronomia arriva alla conclusione che nel nostro Paese, quelli veramente alla ricerca di un posto di lavoro sono solo lo 0,7%. Il documento analizza il tasso ufficiale di disoccupazione oggi al 12,4%, ed evidenzia il fatto che dalle risposte degli intervistati all'indagine Istat sulle forze lavoro traspare «uno sforzo di ricerca che non sembra assumere il carattere di estrema urgenza: in generale, il disoccupato risulta alla ricerca di un'occupazione che sia in linea con le proprie aspettative professionali, di salario, di condizioni di lavoro, di orario e di luogo dell'attività lavorativa». Sempre secondo l'indagine Istat, poi, solo il 22% dei disoccupati italiani dichiara che accetterebbe un posto di lavoro ovunque esso si trovi, mentre il 40% accetterebbe solo posti di lavoro nel proprio Comune di residenza. Il 72% dei disoccupati rifiuterebbe posti di lavoro per un salario netto mensile inferiore a 1 milione 250 mila lire. Solo una percentuale limitata dei disoccupati accetterebbe poi un lavoro part-time o a tempo determinato. Confindustria fa notare inoltre che alle elevate condizioni di riserva si accompagnano azioni di ri¬ cerca attraverso un unico canale, comprese azioni che si possono considerare automatiche o quasi, azioni come iscriversi all'ufficio di collocamento, parlare con amici e parenti, leggere gli annunci sui giornali. «Complessivamente - si sottolinea nel rapporto - se si tiene conto dell'insieme di queste attitudini e ci si basa su definizioni più stringenti del tasso di disoccupazione, si giunge a un abbassamento anche sostanziale del tasso di disoccupazione». Secondo gli industriali «escludendo di volta in volta coloro che sono disposti a lavorare solo nel Comune di residenza o esclusivamente a tempo pieno o a tempo parziale o coloro che hanno effettuato solo un'azione di ricerca di lavoro, il tasso di disoccupazione si collocherebbe al 7% circa, cinque punti sotto il tasso ufficiale. Definizioni ancora più restrittive che considerino solo persone che non pongono alcuna condizione nell'accettazione del lavoro, spingerebbero il tasso di disoccupazione fino a un minimo di circa l'l%». Esattamente lo 0,7%. Confindustria ritiene che questa fenomenologia della disoccupazione (coesistenza di alta disoccupazione e di elevate condizioni di riserva del disoccupato) può essere spiegata da un lato col fatto che «la maggior parte dei disoccupati è costituita da figli e coniugi che vivono in famiglia (escludendo i disoccupati in senso stretto, costoro rappresentano circa il 74% delle persone in cerca di lavoro), dall'altro con l'esistenza di un'ampia economia sommersa che sfugge in parte alle statistiche». Le due spiegazioni non sono evidentemente alternative. Specialmente al Sud, il sostegno della famiglia (i cui redditi sono stati incrementati anche da ampi trasferimenti pubblici, soprattutto sotto forma di pensioni di invalidità) consente al giovane meridionale di porsi in attesa dell'occasione buona (posto stabile in banca, nell'ente locale ecc.) e di rifiutare le occasioni giudicate inadatte perché precarie o inferiori alle aspirazioni professionali. L'opportunità di accedere ad attività lavorative irregolari, generalmente in nero, aiuta evi- dentemente a prolungare la disoccupazione d'attesa. Confindustria segnala poi che rigidità e segmentazioni comportano un ricambio dello stock di disoccupati italiani estremamente limitato, inferiore a quello d'Europa, che già registra tassi di ingresso e di uscita dalla disoccupazione notevolmente più bassi dì quelli statunitensi. L'Italia è il Paese che presenta al tempo stesso l'incidenza più bassa di disoccupati in senso stretto (coloro che hanno perso o abbandonato un precedente lavoro hanno rappresentato in media nel decennio 1983-93 appena l'l% della forza lavoro in Italia, contro il 2,4 in Germania, il 4,6 in Francia, il 2,7 nel Regno Unito e il 3,5% negli Stati Uniti) e l'incidenza più alta dei disoccupati di lunga durata (coloro che sono alla ricerca di un posto di lavoro da oltre 12 mesi erano lo scorso anno oltre il 60% dei disoccupati totali nel nostro Paese, contro il 49% nell'Ue e meno del 10% negli Usa). Questi fatti - dice Confindustria sottolineano che «più di quanto avviene negli altri Paesi europei, la disoccupazione «si concentra principalmente tra coloro che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro, chi ha già un posto di lavoro ha minori possibilità di diventare disoccupato, e una volta entrati nello stato di disoccupazione le probabilità di uscirne sono estremamente basse». [r. e.] L'ITALIA Al RAGGI X Tassi di disoccupazione e le misure della non occupazione su dati istat: ITALIA CENTR0 NORD SUD Tasso che esclude chi ha un salario di riser- „ . -7 i&& vaSuperiore a 1.500.000 lire aette mensili °'* 3'' ,H'H Tasso che esclude chi e disposto a lavorare 7 , , 6 13 6 solo nel Comune di residenza * ' ' Tasso che esclude chi vorrebbe lavorare so- 77 A6 142 lo a tempo pieno o solo part-time 1,1 ' ' Tasso che esclude chi ha effettuato solo una s- -« 117 azione di ricerca negli ultimi 30 giorni 0,0 ' ' Tasso che esclude chi non ha effettuato al- , 5 ? . 5, meno 3 azioni di ricerca negli ultimi 30 giorni *' ' ' Tasso che esclude chi non e disposto a la- « - 1» B 5 vorare ovunque ' ' Tasso che include solo persone senza prefe- „ 7 n „ 1 9 renze su luogo, orario, tipo di contratto ' ' ' Giorgio Fossa

Persone citate: Giorgio Fossa