« Così ho visto morire Maurizio »

« IL R&C€@iS?@ DEI SUPERSTITI « Così ho visto morire Maurizio » La notte di terrore accanto al corpo del capitano NORMA (Latina) DAL NOSTRO INVIATO L'appuntamento era per ieri mattina alle sette, davanti alla caserma dei carabinieri di Norma. Si sono ritrovati in cinque: Ascenzio Battisti, Giuseppe Colonna, Roberto Morrea, Giuliano Palombi e Rizziero. I primi quattro, riconoscibili dalle tute arancione indossate, erano volontari della squadra della protezione civile di Roccagorga. Rizziero, 54 anni, era l'unico non in arancione: lui, del gruppo doveva essere la guida. L'unica traccia che i cinque avevano erano le ultime parole giunte dall'aereo scomparso: «Stiamo volando su Norma», poi, più nulla. Ma quella intorno a Norma è una strana e vasta regione, situata alle falde dei Monti Lepini, la barriera di roccia chiara che si erge sulla piana di Latina. In pochi possono dire realmente di conoscere i suoi meandri. In pochi sanno come districarsi nella fitta boscaglia che riveste le alture. Soltanto i pastori, che fra questi monti sono nati e continuano a vivere con le loro pecore, ci riescono. Un pastore è anche quel Rizziero di cui nessuno conosce il cognome, soltanto l'età: 54 anni. Con lui i quattro volontari della Protezione Civile si sono incamminati verso Carpinete, direzione Est-Nord-Est. Un'ora più tardi sono partiti anche gli altri gruppi, per un totale di una trentina di persone, una decina di telefonini e un bel po' di elicotteri, destinati a battere palmo a palmo l'intera regione. Dopo quattro ore di cammino, Rizziero e i suoi avevano percorso ebrea quaranta chilometri. Ormai erano sotto il Monte Lupone, in una zona chiamata Tre Confini perché rappresenta la barriera naturale fra i Comuni di Cori, Montelanico e Norma. L'illusione di fresco respirata al mattino appariva soltanto un ricordo remoto. All'improvviso, tra il rombo degli elicotteri e i fruscii del bosco di castagni, Ascenzo Battisti ha udito qualcosa di diverso, delle urla, un chiaro «aiuto» rivolto verso quegli elicotteri ciechi che da ore e ore volavano senza vedere. E' stato un telefonino a restituire la vista agli elicotteri, a segnalare di aver trovato l'aereo. «Il capitano è morto da mezz'ora» sono state le prime confuse parole che Ermenegildo Franzoni ha pronunciato quando i soccorritori sono finalmente giunti a prelevarlo. Non ha raccontato molto di più, non ricordava nulla dell'incidente. E' scoppiato a piangere e ha abbracciato i suoi salvatori. «Diceva solo di essere partito da Pratica di Mare», hanno raccontato i soccorritori. Dopo aver trasportato via Franzoni, hanno prelevato anche Matteo Pozzoli, svenuto, poi si sono diretti verso l'aereo. L'hanno trovato «praticamente intatto, come se fosse planato sotto gli alberi, solo la fusoliera era danneggiata e il vetro anteriore rotto». Alle 12,10 i due sopravvissuti giungevano al Policlinico Gemelli di Roma. Matteo Pozzoli era tornato in sé, ma la sua memoria era ancora chissà do¬ ve: «I suoi ricordi sono fermi al decollo e poi riprendono nella notte, dopo l'impatto», ha raccontato Andrea Arcangeli, responsabile dell'equipe di rianimazione. Con il padre è stato più disinvolto: «Mi ricordo soltanto di aver dato una gran zuccata». Franzoni era più lucido, è stato lui a offrire i primi squarci su una notte da incubo che la sua mente vorrebbe dimenticare: «Mi ricordo soltanto dell'impatto con il fogliame della boscaglia, poi abbiamo cominciato a aspettare i soccorsi. Maurizio stava molto male. E' morto, forse dopo mezz'ora dallo schianto. Noi sentivamo gli elicotteri che ci passavano sopra la testa, sa¬ pevamo che ci stavano cercando, ma non ci ha visto nessuno». Lui, ferito al bacino, è riuscito a muoversi. Ha tentato di lanciare messaggi via radio, poi ha continuato a aspettare. All'alba ha lasciato l'aereo e gli amici e ha iniziato a arrampicarsi lungo la boscaglia. «La gamba mi faceva male, ma non avevo alternative. Mi sono trascinato fino a quando ho sentito delle voci». Era la salvezza che arrivava, per chi era ancora in grado di accoglierla. Non per il capitano Poggiali, lui non ce l'ha fatta. «Per loro era un fratello - ha raccontato il padre di Matteo Pozzoli - questo rimane un giorno di lutto». E di rabbia: quella dei genitori di Poggioli, i primi a giungere al Policlinico Gemelli. Vittime di un beffardo errore, uno scambio di cognomi che ha alimentato le loro speranze e reso anche più amara la notizia della morte del figlio. «Ci hanno telefonato ieri mattina - si ò sfogata la madre con un'amica - ci hanno detto che Maurizio era disperso. Poi, più niente, per ore. Oggi la notizia del ritrovamento. Abbiamo sperato fino all'ultimo. Quando ci hanno detto che era morto non ci abbiamo creduto. Mio marito è impazzito, ha spaccato tutto». Anche lei, poco dopo, è svenuta. Flavia Amabile «Ricordo solo di aver battuto una gran zuccata. Sentivamo gii elicotteri sopra di noi ma nessuno veniva a soccorrerci» IL VELIVOLO ~\\ rrh ""~n~i IL MODELLO: SIAI-208 CARATTERISTICHE: MONOMOTORE AD ELICA, AD ALA BASSA E COSTRUZIONE METALLICA IN ALLUMINIO. HA UNA PICCOLA AUTONOMIA DI CARBURANTE. VELOCITA' MASSIMA: 200 CHILOMETRI L'ORA CIRCA. IMPIEGO: SERVIZI DI COLLEGAMENTO, PICCOLI TRASFERIMENTI DI PERSONE E MERCI SU ROTTE MOLTO BREVI. A sinistra l'arrivo in ospedale del maresciallo Franzoni Il velivolo Siai-208 che si è schiantato nel bosco Sotto il recupero della salma del capitano morto nell'incidente, Maurizio Poggiali

Luoghi citati: Latina, Montelanico, Norma, Roccagorga, Roma