La nobile guerra di Mugello e Veneto

La nobile guerra di Mugello e Veneto PANEALPANE La nobile guerra di Mugello e Veneto ECNICHE di sopravvivenza, individuale e collettiva, di persone e di partiti. Smanie di riconoscibilità, di autoaffermazione purchessia. Furbizie e ricatti. Nelle elezioni del Mugello, a Di Pietro, candidato dell'Ulivo, viene contrapposto da Rifondazione comunista Sandro Curzi, già direttore di Telekabul, che accentua nello scontro una non edificante valenza spettacolare. La mossa di D'Alema, che intende capitalizzare la popolarità del magistrato di Mani pulite e insieme normalizzarlo, sbarrando per sempre la strada alle sue tentazioni di avventurismo plebiscitario, sarà discutibile ma attiene alla teoria e alla pratica di una politica riconoscibile. Assai meno apprezzabile quella degli inopinati avversari a sinistra. Le loro argomentazioni, ammantate di intransigenza ideale, non potrebbero essere più speciose. Dicono che Tonino ha il cuore a destra e non può rappresentare decentemente il centrosinistra e i suoi alleati. Trascurano il fatto che Di Pietro ha pure scelto di fare il ministro nel governo Prodi e gli va dunque accreditata una certa linearità. E non riescono forse a tollerare, turandosi il naso, la presenza di Dini al ministero degli Esteri, ben più qualificante di un seggio senatoriale del Mugello? Dicono che Di Pietro è stato imposto dal pds e non è espressione diretta degli elettori, inadeguato ad affrontare i loro problemi. Ma Pino Arlacchi, che ha lasciato vacante il seggio, non è mugellano né toscano, ma calabrese. E' stato chiamato alla vice segreteria dell'Onu per occuparsi di criminalità e droga: le sue competenze non erano tali da sintonizzarlo con i problemi del Mugello. Ma l'entrata in campo di Curzi appare ancora più strumentale, una puntura molesta e accidiosa di tafano, dal momento che il candidato ufficiale di D'Alema, stando ai sondaggi e alla percentuale di consensi ottenuta finora in quel collegio dal pds, vincerebbe comunque la sua battaglia. Qualche analogia con il Mugello si riscontra a Venezia, che si prepara al rinnovo del governo locale. Bossi, che se ne stava da qualche tempo silenzioso, ha pensato bene di ricordarsi agli italiani con l'ennesima sortita agostana. Ha proposto una intesa con l'«anima liberale e liberista» del Polo, cioè Forza Italia, contro «i comunisti e i teocratici» che vorrebbero fare man bassa della Laguna. Un accordo provvisorio, strettamente locale, inteso a insediare una giunta leghista o amica nella capitale della Padania, escludendo però ogni collusione con i «fascisti». Il linguaggio di Bossi, quando non si limita alle contumelie, è di non fa-. cile decrittazione. Non si capisce se con «teocratici» alluda a certe diffide ecclesiastiche contro la Lega o agli interessi teologici del sindaco-filosofo Cacciari. Per ora, sembra avere spinto il riluttante Cacciari a ripresentare la propria candidatura, M^i ha provato ascolto anche in esponenti di Fòrza Italia, e perfino di Alleanza Nazionale, che si sono applicati à una sottile esegesi della parola «fascista» per capire se Bossi si riferisse proprio a loro. E'proprio vero che vertigine chiama vertigine, se gli amici di Berlusconi diventano immemori del ribaltone leghista che ha affossato il suo acerbo governo. Con tutta la diversità di situazioni, nel Mugello e a Venezia si manifesta una analoga propensione - là da parte di una componente riottosa della maggioranza di governo, qua da parte di una forza politica che si è autoemarginata - a scompigliare le carte, a imporsi con prepotenza, a mettere in crisi i delicati equilibri bipolari. Bossi come, per interposta persona, Bertinotti. Dio sa se abbiamo bisogno di partiti che, oltre alla difesa avventata di pur legittimi interessi, si lasciano trasportare dalle pulsioni narcisistiche dei loro leaders. Lorenzo Mondo do |

Luoghi citati: Fòrza Italia, Venezia