Bossi: intese col Polo? Venezia sarà eccezione di M. Tor.

Il leader lumbard smentisce trattative: il centrodestra è diviso, la Mussolini è per il sì Il leader lumbard smentisce trattative: il centrodestra è diviso, la Mussolini è per il sì Bossi: intese col Polo? Venezia sarà eccezione Casini agli alleati: niente manovre spregiudicate ROMA. Disposti a tutto pur di conquistare la poltrona di sindaco a Venezia, sottraendola al centrosinistra? Chi getta acqua sul fuoco è proprio Umberto Bossi, il leader della Lega che per prima ha lanciato il sasso dell'accordo Carroccio-Polo. «Più che una certezza è un'aspirazione», sostiene il senatur. E aggiunge: «Per Venezia non c'è alcuna trattativa con il Polo. Le diversità politiche sono enormi, non potremo mai trovarci dalla stessa parte anche se Berlusconi è un imprenditore, ma da tempo ho perso l'illusione che lui sia meno statalista della politica ideologica. Il Cavaliere rappresenta un potere sociale anomalo con le sue televisioni». Più possibilisti, invece, alcuni esponenti del centrodestra. «Se il Polo rinunciasse ad esplorare fino in fondo le possibilità di un rapporto migliore con la Lega sostiene Antonio Marzano, responsabile economico e vicepresidente di Forza Italia alla Camera - il risultato sarebbe quello di danneggiare l'elettorato di centro-destra che è sia elettorato del Polo, sia della Lega». Va con i piedi di piombo, Pierferdinando Casini, leader ccd. Ritiene «importante» una convergenza tra Polo e Lega su Venezia, ma dice no a «manovre spregiudicate che porterebbero alla rovina» del Polo e, in ogni caso, rifiuta l'intesa «se il Bossi non rinuncia chiaramente alla secessione». E chiede l'abiura al senatur: «Non mi interessano tanto le sue pretese sul nome del candidato - osserva -; per me è assolutamente fondamentale che Bossi si butti alle spalle la secessione, perchè noi gli accordi con le forze secessioniste non li facciamo. Se non c'è questo chiarimento, per quanto mi riguarda, il discorso si chiude subito». Dall'appello all'avvertimento: «Nel Polo lo sappiano - precisa Casini -: se qualcuno è così disinvolto da fare accordi con i secessionisti pur di bloccare l'Ulivo noi ci opporremo. Si rischia di fare solo il gioco della sinistra. Nel Polo ci sono troppi zelanti che credono di recuperare una prospettiva con manovre spregiudicate». E' divisa An, dove commentano l'ipotesi di intesa con Bossi sia Mirko Tremaglia che Alessandra Mussolini. «Ben venga l'accordo con la Lega - sostiene la nipote del duce, schierandosi a favore di un accordo -. Basta guardare come si comportano e come votano i senatori e deputati leghisti in Parlamento: sono molto più vicini a principi e valori di centrodestra che non di centrosinistra». Più cauto, invece, è Tremaglia, già amico di Tonino Di Pietro, prima della discesa in campo dell'ex pm nelle file dell'Ulivo. Bossi chiede a Berlusconi di rompere con An? Tremaglia rilancia: «Se la Lega non rinuncia alla secessione non si possono stringere accordi con i suoi esponenti. Non ci si può chiedere di andare contro la nostra natura. I Le "colonne d'Ercole" oltre le quali non possiamo andare sono quelle dell'unità e dell'identità nazionale. Questi valori sono per noi delle "pietre miliari" che, se dovessimo disconoscere, finirebbero per ingenerare sconcerto e confusione dei nostri elettori». E' ancora l'onorevole Mussolini, però, a tranquillizzare il collega deputato: «Nessuno crede più a Bossi quando parla di secessione. Tutti abbiamo capito che lo fa soltanto per alzare il prezzo nel suo contenzioso con lo Stato centrale per realizzare un forte federalismo». In attesa che le forze politiche scoprano le loro carte, comun¬ que, è ancora Umberto Bossi a non nascondere che coltiva nel suo pensiero una «eccezione» per poter conquistare la capitale del governo leghista. «In tutte le altre città del Veneto - sottolinea - la Lega ha una percentuale tale che può vincere da sola, ma non a Venezia, città che si è venduta allo statalismo per beneficiare dell' assistenzialismo che intravede nelle leggi speciali anche se quei soldi sono soldi delle Padania». E allora? Allora, il Carroccio «culla il sogno di un accordo pragmatico, col Polo, perché lì è necessario...», [m. tor.]

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