CULTURA SUL RING TRA ROMA E MILANO

CULTURA SUL RING TRA ROMA. E MILANO CULTURA SUL RING TRA ROMA. E MILANO O spettro del comunismo è tornato a far parlare di sé, ha scritto un critico acuto e ironico come Giancarlo Ferretti sul Manifesto di qualche giorno fa, tirando i fui della polemica da lui innescata, sempre sullo stesso giornale, con una vera e propria «catilinaria» contro le pagine culturali del Corriere della Sera, accusate di «mania anticomunista» e di pesanti deformazioni del recente passato del pei. Ma ormai, sottolinea con un certo sarcasmo, «è uno spettro inoffensivo che tutt'al più fa discutere gli intellettuali di sinistra». Inoffensivo? Forse. Quel che è certo è che gli intellettuali, di sinistra e non solo, mai come negli ultimi tempi sembrano aver recuperato il gusto di «discutere», anzi meglio di confrontarsi, anzi proprio di litigare apertamente. L'ulti- l ÌSEUA ornato l li SALOTTO CONTRO fomentare ì& liti* mm >o ha difeso ed è i li SALOTTO CONTRO pg pma polemica a largo raggio è nata dal filologo Dante Isella, che ha letteralmente fatto a pezzi il Diario postumo di Eugenio Montale, concludendo che è aprocrifo e che l'autrice «vera» è Annalisa Cima, l'ultima musa del poeta premio Nobel. L'attacco è venuto sul Corriere, l'interessata gli ha risposto con un certa asprezza su Repubblica, e infine Rosanna Bettarini, la filologa che con Contini aveva molto lavorato su Montale e curato l'edizione critica (nel caso del Diario postumo è la diretta responsabile dell'expertise), ha replicato con foga dal supplemento culturale del Sole, rimproverando a Isella di aver fatto un gran pasticcio per motivi forse extraletterari; poi ha querelato per diffamazione Lalla Romano, intervenuta nella polemica a fianco dello studioso. La Romano risponde, evocando tra l'altro la categoria dell' «imbecillità», e la sensazione che la disputa sia ormai andata molto oltre i confini della critica letteraria si rafforza: «Ma Isella avrà le sue ragioni; e che ragioni forti...», concludeva del resto, sibillino, l'articolo della Bettarini. E avrà avuto ((ragioni forti» ancorché sottaciute Giuseppe Scaraffia quando (sempre sul Corriere) portò un attacco frontale al libretto secentesco sulla moglie di Molière [La famosa attrice, Adelphi) curato da Cesare Garboli? 0 Franco Cordelli che contestò, sempre a Garboli, la datazione di L'odore del sangue (il romanzo postumo di Goffredo Parise pubblicato a cura del grande critico e di Giacomo Magrini per Rizzoli) e si beccò su Repubblica una sferzante risposta? 0 ancora Angelo Guglielmi, che dall'Espresso lascia partire un siluro mica male, accusando i curatori di aver fatto un torto alla memoria di Parise, rendendo pubblico «un romanzo di stampo moraviano, afflitto dalla pesantezza dimostrativo-linguistica che in genere opacizzava i romanzi di Moravia»? I fronti aperti sono numerosi, tanto da far pensare a un generale ((tutti contro tutti» di fine secolo, ma forse una logica «geopolitica» a ben guardare può venir fuori. Magari tenendo conto anche di qualche sferzata giunta sempre dall'Espresso contro la rivista milanese Panta che secondo Roberto Cotroneo dedica troppo spazio a Enrico Ghezzi, autore del Blob guglielmino, «12 epiche righe» contro le 11 di Moravia, tanto per fare un esempio. Insomma, chi ha paura di Alberto Moravia? Se lo chiedeva Enzo Siciliano quando non era ancora presidente della Rai, denunciando una congiura del silenzio intorno allo scrittore scomparso. E se lo chiedevano gli alfieri del Gruppo '63 quando un anno fa, per bocca di Renato Barilli, marciarono in nome degli scrittori «cannibali», dei «cattivisti», sui «buonisti» ovvero ^erbaccia sotto l'ulivo», e contro il solito Garboli esplicitamente associato al clan moraviano. Nord contro Sud, strutturalisti e assimilati contro romani se non di nascita almeno d'elezione? Giornali milanesi contro quelli romani, Panorama contro L'Espresso, ma anche «cattivistì» contro «buonisti», roccaforti universitarie contro il «partito Rai»? In questi casi la carta geografica è davvero molto complicata. Ma ancora una volta sembra emergere l'antico dualismo culturale fra Milano e Roma, fra la città degli editori e quella del Palazzo. Un'ipotesi attendibile? I protagonisti si tengono al largo, soprattutto Garboli che, bisogna ammetterlo, sembra essere stato un po' «perseguitato». E' in vacanza, con le polemiche ha chiuso. Ma un «romano» come Giulio Ferroni (che scrive però su un giornale del Nord) accetta di stare al gioco, e leggere l'ipotetico campo di battaglia. Con risultati curiosi. «Vedo una miriade di lotte e scontri parziali, che hanno ciascuno singolarmente le proprie ragio¬ ni, ma da cui non emerge un obbiettivo generale - osserva -. Manca anche un po' d'ironia, che pure sarebbe utile». Da Roma a Milano senza un perché? «Se parliamo di letterati, allora diciamo che dal pullulare degli scontri non si capisce quale letteratura si voglia nell'una o nell'altra parte. Si è perso l'aspetto militante di un tempo, quando ci si scontrava sul senso della cultura. Un vuoto che collegherei proprio alla mancanza d'ironia: quando tutti si prendono troppo sul serio il motivo vero è che non c'è una passione, un'idea di cultura, di letteratura, o di poesia». Non troppo lontano da queste posizioni è un ((nordico» come Sebastiano Vassalli. «Può darsi che in tutto ciò vi sia una ragione profonda. Certo, negli Anni 60 e 70 si percepiva una tensione fra le due città: non c'erano solo odi e questioni personali, ma anche diffe¬ renze ideologiche e direi di modi di vita. Oggi è tutto così sparpagliato». E nel parapiglia trionfano i media. «Gli intellettuali hanno avuto sempre tanta voglia di litigare fra di loro. La avevano nel passato, l'hanno conservata oggi che pure sono più rilassati, hanno minori problemi economici di un tempo, sentono più deboli le tensioni ideologiche, sono lambiti e tentati dal buonismo. Eppure...». Vassalli, lei sostiene che c'è un colpevole, dietro tutto ciò? «Beh, diciamo che vengono aizzati dai media, che fomentano lìti e poi abbandonano i litiganti al loro destino». E perché non si ribellano, allora? «Perché è un mediocre spettacolo cui tutti noi cerchiamo, ohimè, di partecipare». Dallo spettro del comunismo alla sindrome del ring. Che sia questa la «ragione profonda»? sazioni: due introducono Incontro Montale, ancora per Scheiwiller». Sono le lettere-legato e il testamento del '78 («La bomba», lo chiamava Montale) la trincea di Annalisa Cima. Legge: ((Annullo e revoco ogni mia precedente disposizione e scritto, ed io Eugenio Montale, in piena facoltà, nomino (in segreto) Annalisa Cima mia erede universale». Ma l'ordigno non dovrebbe esplodere: «Il poeta stilò il testamento a scopo difensivo. Come a dire: sappiate che di Annalisa mi fido. Conosceva il mio assoluto disinteresse. Ma sia chiaro: rinuncio al lucro, non ai diritti morali», L'aquila in alto levata riconduce a Satura, ai versi che qualcuno, in questa commedia, dovrà un giorno recitare a mo' di cilicio: «Ma ora tu sai tutto di me (...)/; ora sai che non può nascere l'aquila dal topo». Bruno Quaranta Mario Baudino LETTERATURA TRA SCIENZA E IMPETO Aproposito delle cosiddette polemiche letterarie il mondo si divide in due. Da una parte un pizzico di speculazione giornalisticofracassona; dall'altra la riprovazione moralistica. Se penso all'ipotesi che ho fatto sulla data dell'Odore def sangue di Parise, mi accorgo che chiunque passava dava un colpo. Il più significativo, Ermanno Paccagnini. Perché un recensore scrupoloso come Paccagnini ha liquidato un problema filologico come una polemica, per di più tacciandola di «solita» e «inutile»? La verità è che le «polemiche» sono uno dei modi tradizionali della letteratura di manifestare se stessa. Se con l'avvento di «Repubblica» i quotidiani sono diventati i veri settimanali, essi hanno ormai la funzione che un tempo avevano le riviste letterarie. Al contrario che inutili, credo che le polemiche suscitate negli ultimi due anni dal «Corriere della Sera» siano tutte sotterraneamente legate tra loro. Perfino nella questione MontateCima, Rosanna Bettarini ha risposto a Dante Isella dalle colonne della , «Repubblica». Ma il nodo della questione non è tanto quello di un gruppo editoriale contro l'altro, «Corriere» e «Stampa» contro «Repubblica» e «Espresso»; né quello di una città, Milano, contro un'altra, Roma e province varie. Non è neppure quello dell'eredità novecentesca: Gadda contro Morante, semiologia e strutturalismo contro tradizione. Il problema è il significato di questa eredità. Letteratura come scienza (conoscenza, meditazione) contro letteratura come sentimento (impeto, intuizione). Personalmente sono dalla parte di Henri Laborit. Diceva che il genio è aver letto il maggior numero possibile di libri e disporre quindi di una più ampia possibilità di sperimentare combinazioni. Franco Cordeili

Luoghi citati: L'aquila, Milano, Roma