«Qui anche i santi pagano il pizzo» di Fulvio Milone

«Qui anche i santi pagano il pino» «Qui anche i santi pagano il pino» Le mani della camorra sulla festa patronale La racconta un impiegato comunale, «uno dei tanti cittadini onesti che abitano in periferia e che non ne possono più di vivere sotto una cappa di paura». «Non possiamo neppure onorare in pace il nostro santo - racconta il funzionario -. La processione di San Giovanni, il 24 giugno, è esclusiva di una famiglia che conta nel quartiere. Non mi chieda quale, non posso dirglielo. I guaglioni vanno a prendere il busto del patrono e di buon mattino, con gran frastuono di trombe e tamburi, bussano di casa in casa e di negozio in negozio per raccogliere le offerte». Un modo come un altro per riscuotere il pizzo? Il sospetto è proprio questo. Quest'anno il consiglio circoscrizionale ha tentato di restituire la festa alla gente di San Giovanni, ma è stato inutile. «All'inizio c'era grande entusiamo. Con il consenso del parroco abbiamo costituito anche un comitato, il Comitato Festa Santo Patrono. Ma è durato poco: nell'organizzazione si sono inseriti anche quei personaggi, e uno dopo l'altro i promotori si sono tirati indietro adducendo mille pretesti. Insomma, non se n'è fatto più nulla». Don Cristoforo Lucarelli, parroco della chiesa di San Giovanni Battista, è conosciuto dagli abitanti della zona per il suo impegno sociale. Fino a qualche tempo fa partecipava alle assemblee indette dal consiglio circoscrizionale, ha scritto un libro sul quartiere e la sua storia. Ma ora non vuol sentir parlare di camorra. «Preferisco astenermi da ogni commento perché non voglio essere frainteso - si schermisce -. Se parlo dall'altare della camorra? No, preferisco invitare alla preghiere attenendomi alla mia funzione sacerdotale». Un tempo San Giovanni era diverso, dice il vecchio impiegato comunale. «Parlo degli Anni Sessanta e dei primi Settanta. Questo era un quartiere sano, abitato dagli operai che lavoravano alla Cirio e alla Del Gaizo, un'altra industria conserviera, alla cristalleria Ricciardi e in decine di piccoli laboratori artigiani. Poi c'è stata la crisi ed è tutto finito. Sbaglia chi dice che la camorra è arrivata dopo il terremoto dell'80: c'era già prima, nella metà degli Anni Settanta». Da allora la lotta fra Stato e malavita non è mai cessata. I clan si sono consolidati al punto da impossessarsi di intere zone trasformate in cittadelle fortificate. Ci son voluti cinquecento poliziotti per espugnare il rione Pazzigno, un complesso di case costruite con fondi pubblici e destinate ai terremotati, ma occupate dai ragazzi del clan di Carmine Reale, soprannominato «'o cinese», e di suo fratello Patrizio. E per rimuovere i cancelli che sbarravano le scale degli edifici e i vetri antiproiettile montati alle finestre, gli agenti furono costretti a chiedere aiuto ai vigili del fuoco e agli operai del Comune. Ma nel futuro del quartiere si apre uno spiraglio di luce. Nei progetti del sindaco Antonio Bassolino, San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli dovrebbero essere trasformati in un polo produttivo per attirare investimenti italiani e stranieri. Nei prossimi giorni il Consiglio comunale darà l'ok per la costituzione della società consortile «Napoli Est», guidata dall'ex presidente della Finmeccanica Fabiano Fabiani, per gestire lo sviluppo della periferia orientale. Fulvio Milone La scena dell'ultimo delitto di camorra avvenuto a San Giovanni a Teduccio A sinistra il sindaco di Napoli Bassolino

Persone citate: Antonio Bassolino, Barra, Bassolino, Cristoforo Lucarelli, Del Gaizo, Fabiano Fabiani, Ponticelli, Ricciardi, Santo Patrono

Luoghi citati: Napoli