Gli Usa: «Arafat blocca il terrore»

Due attentati in un giorno: uccisi 12 fedeli sunniti Clinton critica anche gli insediamenti israeliani, «ma i bulldozer non sono come le bombe» Gli Usa: «Arafat, blocca il terrore» «Altrimenti è impossibile trattare» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Se ci saranno dei progressi sul problema della sicurezza, Madeleine Albright è pronta ad andare in Medio Oriente entro la fine di agosto. Lo ha detto lei stessa ieri, annunciando che il negoziatore americano Dennis Ross compirà alla fine di questa settimana il viaggio che è stato rimandato a causa delle bombe di Gerusalemme. Avrà colloqui con Benjamin Netanyahu, Yasser Arafat e probabilmente anche con altri leader mediorientali, ed è da quei colloqui che la signora Albright si aspetta i progressi che potrebbero indurla a compiere personalmente il viaggio. In un discorso che poco dopo Bill Clinton - durante una conferenza stampa dedicata prevalentemente al nuovo bilancio che ha appena firmato - ha definito «molto importante» e del quale ha in qualche modo rivendicato la paternità, dicendo che era stato concordato martedì sera, la Albright ha in pratica delineato la portata della nuova «discesa in campo» che nei giorni scorsi vari commentatori americani avevano sollecitato al Presidente, accusando implicitamente la sua amministrazione di non occuparsi troppo del processo di pace. Lui, pur ribattendo con passione che non era vero e che «non tutto può essere fatto pubblicamente», ha comunque sentito il bisogno di fare qualcosa di «visibile» ed ecco il discorso della signora Albright di ieri. «In questo momento - ha detto il segretario di Stato - ci troviamo di fronte a una crisi di fiducia che ha messo a rischio i passi avanti compiuti ed ha fatto,, riemergere, antiche animosità». Il problema è quindi quello di ristabilire «un senso di sicurezza» su cui ricostruire il processo di pace. «La condizione fondamentale è un reciproco impegno alla lotta contro la violenza, che oltre tutto costituisce comune buon senso». Il desiderio di pace «è forte e costante - ha detto ancora la Albright - e la cosa che gli estremisti e i terroristi temono di più è il fatto che nonostante le bombe e nonostante le minacce di ulteriori violenze il processo di pace sopravviva». Sia la Albright sia Clinton hanno avuto parole non precisamente benevole nei confronti di Netanyahu e dei suoi «atti unilaterali», come la creazione di nuovi insediamenti che «pregiudicano il processo di pace» e contribuiscono ad «alimentare la crisi di fiducia»; ma che il loro obiettivo primario ieri fosse Arafat e la necessità che si adoperi di più contro il terrorismo come del resto avevano detto a caldo, quando arrivò la notizia delle bombe al mercato di Gerusalemme - è apparso chiaro. «Noi - ha detto Clinton - abbiamo fatto presente più volte a Israele che nulla deve essere fatto in direzione opposta a ciò che gli accordi di Oslo dicono. Ma non è possibile fare un parallelo fra quegli atti unilaterali e il terrorismo, con l'uccisione di gente innocente. Un conto sono le bombe e un altro conto sono i bulldozer. I terroristi sono nemici degli israeliani ma anche dei palestinesi che vogliono la pace, ed è indispensabile che Arafat se ne renda conto». La previsione sul lavoro che Ross compirà durante il suo viaggio in Medio Oriente è dunque piuttosto facile. Si concentrerà soprattutto sul leader pa¬ lestinese e sulle misure contro il terrorismo che Washington si aspetta da lui. Forse, diceva ieri qualcuno, Ross è anche autorizzato a ventilare una possibile «consulenza» che gli americani potrebbero offrire ad Arafat per attuare meglio quelle misure, sempre che la sua volontà politica di intraprenderle si dimostri genuina. Solo a quel punto gli americani sono disposti a riprendere le pressioni su Israele affinché venga una volta per tutte messa da parte la politica del fatto compiuto, cioè la creazione di nuovi insediamenti. Quello che né Clinton nella sua conferenza stampa, né la Albright nel suo discorso hanno chiarito, è che cosa concretamente Ross dovrà portare a casa, affinché il suo viaggio sia considerato positivo, o comunque abbastanza promettente da indurre il segretario di Stato a recarsi sul posto di persona, come ha annunciato. Ma ci sarà tempo per scoprirlo. Franco Pantarelli La Albright: «La pace è ciò che i terroristi temono di più Sono pronta a venire a trattare in Medio Oriente» il premier israeliano Benjamin Netanyahu con il principe ereditario giordano Hassan, ieri in visita di Stato in Israele A destra il segretario di Stato americano Madeleine Albright