«Cattolici fate politica» di Antonella Rampino

Il premier al raduno degli scout: non fate le cose in cui non credete anche se ve lo chiede la gerarchia Il premier al raduno degli scout: non fate le cose in cui non credete anche se ve lo chiede la gerarchia «Cattolici, fate politica» Prodi: ma alla Chiesa si può disobbedire AVELLINO DAL NOSTRO INVIATO «Lo Stato sociale? E' la più grande conquista del XX secolo, ma occorre un nuovo patto sociale tra generazioni, basato su equità e giustizia». Romano Prodi, in questa domenica d'agosto, parla ai 12 mila educatori dell'Agesci riuniti in Irpinia e tocca i temi importanti del suo governo (l'Europa, il Welfare, l'occupazione) ma affronta anche il nuovo ruolo che spetta ai cattolici in politica: «Il cristiano che opera in politica deve essere giudicato per il merito politico e non per la sua visione religiosa». E' un tema che sta a cuore al premier. Tanto da affrontarlo anche nell'altro appuntamento di questa giornata in Irpinia, a Piani di Verteglia, dove è stato invitato al raduno degli scout. E' la prima volta che l'Associazione guide e scout cattolici italiani, la cosiddetta Agesci, invita un presidente del Consiglio. E vabbè che il grande raduno ha luogo solo ogni 18, 20 anni al massimo, e la volta precedente sarebbe toccato ad Andreotti. Ma, con i tempi che corrono, «c'è tanta crisi di valori», per dirla col cardinal Giordano che arringa la platea di ragazzi a suon di «... e ricordatevi, il sesso è come la droga», il punto è che i cattolici italiani non hanno più il loro luminoso faro. E gli scout, che in un ventennio sono diventati 200 mila e sono rimasti orfani della de, cercano cittadinanza. E Prodi è venuto a dirgli che i valori dell'Ulivo, coalizione che lavora per il futuro dell'Italia, e che crede nella solidarietà, è la loro casa. «Ricordatevi di Paolo VI, quando diceva che la politica è un modo esigente di essere cristiani». Paolo VI lo diceva, e i cattolici votavano tutti per la de. «Ricordatevi di don Sturzo» insiste allora Prodi: «Qualora il cristiano si estraniasse dallo Stato moderno si dovrà assumere le proprie responsabilità di fronte a Dio». La platea adora Prodi, anche se non capisce perché a un certo punto lui dice «... e se la Chiesa vi dice di fare qualcosa in cui voi non credete, non fatelo». Né, a richiesta diretta, il presidente si spiega meglio. Così resta il dubbio: sarà una polemica con l'Osservatore Romano che ogni tanto dà strigliate a Palazzo Chigi? Sarà perché i boy scout italiani hanno «aperto» ai gay, e il Vaticano non ci pensa neppure? Il fatto è che gli scout italiani non sono molti, rispetto per esempio al milione che conta la Gran Bretagna, o ai parecchi milioni degli Stati Uniti. Ma sono, per un buon terzo, giovani e adulti. Dunque, a conti fatti, un elettorato centrista di 60 mila e più persone, oltre, come si dice, tutto l'indotto. E così il cardinal Giordano, arcivescovo di Napoli e in predicato per il papato, è costretto a controbilanciare il presidente del Consiglio: «La politica non è tutto. E so che, tra voi, c'è molta discussione, perché non la pensate tutti allo stesso modo». Silenzio sotto le conifere. Prodi, beninteso, non ha fatto nessuno sforzo a fare il superboy scout. In un palco allestito a 1200 metri, sul quale tutti vestivano come fossero a una cresima, è arrivato in maniche di camicia con un maglione blu getta¬ to sulle spalle, esattamente come il presidente del Senato Nicola Mancino. Ha ascoltato sorridendo i canti a base di «Siamo un arcobaleno di anime». Si è crogiolato a sentir parlare di «sfida a cercare la felicità nella complessità», e di «come essere uomini e donne di frontiera», e «il nostro scopo è migliorare la qualità dei cittadini». Sapeva, insomma, di non essere nel territorio del buonismo veltronian-kennediano, ma in quello del cattolicesimo moderno, il vecchio perbenismo della classe media italiana scaldato col «think pink», con l'imperativo «pensa positivo» di matri¬ ce anglo-americana. Si è trovato a suo agio in un mondo di lupetti e coccinelle, di esploratori e guide che diventano, da grandi, classe dirigente, e vengono chiamati «capi». E infatti i 12 mila capi scout che lo ascoltavano compostamente seduti sull'erba, e leggendo ad alta voce la Costituzione italiana, parte prima, traboccavano di Timberland, Tod's, Nike e Rolex. Dodicimila capi vogliosi di scendere in campo: prima che arrivasse Prodi, si sono messi a sbertucciare la Costituzione, parte seconda, versione uscita dalla Bicamerale d'alemiana. Ma poi è arrivato Prodi, e si sono subito ricomposti: «Voi siete il grandissimo supporto della famiglia italiana, che va scomparendo» ha detto, mentre gioiose urla da capi indiani coprivano le sue parole. «Vi sono grato per la vostra disciplina e severità, virtù che, nessuno lo sa meglio di me, sono un esercizio quotidiano». E poi li ha aggiornati sulla politica di Palazzo Chigi, l'Europa non si fa con le virgole e le percentuali, la missione in Albania ci ha dato dignità internazionale, lo Stato sociale è la più grande conquista del ventesimo secolo, «ma per riformarlo sono indispensabili organizzazioni come la vostra, che producono solidarietà e qualità della vita». Se avessero potuto, avrebbero battuto le mani anche le conifere. Antonella Rampino «Lo Stato sociale è la più grande conquista del secolo ma va riformato» Il presidente del Consiglio Romano Prodi con il cardinale di Napoli Michele Giordano

Luoghi citati: Albania, Avellino, Europa, Gran Bretagna, Italia, Napoli, Stati Uniti