BASTA CON I SOSPETTI INCROCIATI di Giorgio Bocca

BASTA CONI SOSPETTI INCROCIATI GIUSTIZIA E CASO ANDREOTTI BASTA CONI SOSPETTI INCROCIATI UN mio articolo sulla Stampa («Il caso Andreotti, considerazioni a margine di un processo») ha provocato un'aspra risposta di Giorgio Bocca nella Repubblica di ieri («La strana voglia di salvare Andreotti»). Riassumo per comodità del lettore. Sono partito dalla constatazione che Bocca, come molti ormai, ammette la possibilità dell'assoluzione. Il processo è indiziario, le prove potrebbero non essere conclusive. Ma questo non significa, osserva Bocca, che Andreotti sia innocente. Anche se la prova del bacio a Totò Riina si rivelasse debole, il processo avrebbe dimostrato che vi è stato per dieci anni un accordo politico-criminale fra una parte della de, una parte della magistratura e la mafia. Di questo patto Andreotti era il vertice e il garante. Allora, tuttavia - osservo io non stiamo più parlando di «concorso esterno ad associazione mafiosa», ma di un vero e proprio complotto decennale contro la legalità repubblicana. Se è questo il problema, vi è una evidente sproporzione tra l'aula di Palermo e la materia del contendere. Se è questa la sostanza del «caso Andreotti» non stiamo giudicando una persona, ma dieci anni di storia italiana. Non credo che questo possa accadere in un'aula di tribunale dove i procuratori e il giudice perseguono specifici reati, ma non hanno veste per processare la storia nazionale. Si faccia ad Andreotti un processo per alto tradimento e lo si faccia nelle Camere o in una sede speciale creata dal Parlamento. Risponde Bocca che io «tiro l'acqua al mio mulino», che un processo in Parlamento servirebbe ad archiviare l'intera vicenda e che sono innocentisti tutti coloro che «in un modo o nell'altro hanno partecipato ai privilegi e alle impunità del potere». Non basta. Avendo io scritto che il processo Andreotti ha nuociuto all'immagine internazionale dell'Italia, Bocca replica che questo è un argomento della «cultura mafiosa» e che fu usato, salvo errore, da Sergio Romano CONTINUA A PAG. 6 PRIMA COLONNA

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