Danila nudo di campionessa

21 Primeggiava nello sport, stregò Soldati: intervista con la modella, testimone di un'epoca fra arte e cultura Danila, nudo di campionessa L'«altra dimensione» della musa di Cremona ATORINO Roma, nel '43. Beh, si aveva la sensazione di stare su una zattera», lutto a un 1 certo punto si era fermato. E' per questo che i Cremona sono saliti a Venezia? «Ma no. La colpa fu dei. topi. Avevano invaso la nostra garsonnière di via del Vantaggio. Quanto erano carini, ma tutte le mattine ne trovavamo venti o trenta nella trappola, i primi li abbiamo annegati, poi ci siamo sentiti degli assassini. Allora io mettevo la gabbia in una cartella con quelli che squittivano e ogni giorno andavo a Villa Borghese a liberarli. Una gran fatica e c'era sempre qualche vagabondo a fare profferte oscene. Dopo di che arrivano anche le cimici, tutte felici si diffondono per la casa... A quel punto non restava che fuggire. Ci siamo sistemati inizialmente alla pensione dei Dogi a fianco dell'Orologio di San Marco, potevamo vederne tutti i meccanismi, ci sono stati momenti bellissimi». Pur nel buio di quel periodo. Danila Dellacasa vive nel suo appartamento, felicemente caotico, di via Maria Vittoria tra le opere di Italo Cremona, i dipinti superbi, nudi, uccelli, le metamorfosi e le incisioni, teste, scorci e le armi antropomorfe dal segno beffardo e magistrale: dalla finestra aperta i grandi alberi attorno all'Istituto d'Arte fondato nel '55 dal pittorescrittore, sul tavolo il famoso teschio di cavallo/a, trovato mezzo secolo fa nei prati intorno a Roma «e adesso ne farò qualcosa di speciale, per ora è un segréto». Ha ottant'anni e oltre, piccola signora tuttora agilissima soprattutto di mente ma anche di corpo (ex campionessa sportiva, nuoto, pallacanestro e soft-ball, capitana alla fine dei Trenta dei Tigers torinesi, del che molto s'inorgoglisce), ironica con grazia e più buonumore del marito, appena tornata da un viaggio-crociera a San Pietroburgo e Mosca. Una delle ultime testimoni di un'epoca, «siamo rimasti Paulucci e io». Il ricordo va con fervore ai primi anni del suo lungo matrimonio con Cremona, scomparso nel '79. Quando tra il '39 e il '45, il pittore già affermatissimo, aveva essenzialmente lavorato come scenografo per il cinema, con più d'una incursione anche nel teatro: in quella ventina di film, dalla Figlia del Corsaro Verde a Cenerentola e il signor Bonaventura oggi «raccontati», attraverso bozzetti, guaches, foto, disegni non solo di Cremona ma anche di Carlo Levi, Mollino, Paulucci, dalla bella mostra «Arte e Cinema- Torino 1930-1945» aperta sino al 17 agosto a Palazzo Bricherasio e attorno ai quali Lorenzo Ventavoli, raffinato esperto, ha costruito per Lindau il suo libro Lo curiosa industria - Italo Cremona, un pittore al cinema, che finisce per essere un ritratto «italiano». Era l'Italia del fascismo e «fascisti erano tutti o quasi, poi d'improvviso nessuno lo era mai stato, eccetto noi due...» dice serenamente Danila Cremona: «Ma quei film non erano fascisti, operine leggere, graziosissime però fatte bene, con molta serietà professionale...». Il biglietto di ingresso nel cinema è costituito per Cremona dalla prima esperienza romana, nel '38, con il Pietro Micca al quale approda chiamato, proprio per la sua competenza in armi, insieme a Levi e a Mollino. Un terzetto d'eccezione. Con Levi le strade divergono, con Mollino il legame era nato molto tempo prima, per durare sino alla morte del funambolico architetto e designer. Certo, compagni di baldorie giovanili. Non per nulla Guido Ceronetti, amico soprattutto epistolare di Cremona che è stato anche magnifico scrittore, specie dagli Anni 60 in poi (dalla Coda della cometa al Tempo dell'Art Nouveau, studio fondamentale), trae dalla raccolta Armi improprie il bozzetto I casini di Torino. «Un testo esemplare - scrive Ceronetti - dove c'è questo lampo di superiore sorriso davanti a uno scorcio importante di storia» e dove l'artista, andando ben oltre il «colore», annota: «Il fa¬ scismo al suo nascere fu molto apprezzato nei casini. Arditismo, fiumanesimo, daveronismo, studentismo piacevano alle prostitute che avevano confidenza coi teschi dei medicinali, con le minacce di morte in generale, con la questura, col manganello». E' così, conferma Danila Cremona che è stata anche una delle sue modelle con la devota Vittoria, con la quale si scambiavano i ruoli, specie posando per i nudi: «Italo aveva una grande passione per le case e io gli dicevo: "Ma perché hai sposato me invece che una di quelle ragazze?"». Di madre russa e di nonno siberiano e diplomatico, la giovane Danila era assai acculturata, però lontana dal mondo delle lettere e dell'arte: laureata in economia si era gettata a capofitto nello sport. «Non sapevo neppure che esistessero i pittori, a Torino avevo sentito appena parlare di Casorati. Credo sia questo che piacque a Cremona». Era piaciuto anche a Soldati che sul finire degli Anni 20 ebbe una specie di colpo di fulmine. ((Amico di Giacomino Debenedetti, nostro parente, il quale diceva sempre di me con voce molto cavernosa "Danila ha la posa della controposa", Soldati era venuto a trovarci a Pragelato, a piedi da Ulzio. Due ore dopo andava da mia madre a chiedere la mia mano. Ero divertita ma non ci credetti molto. Lui partì per l'America, io intanto avevo adocchiato un ragazzo che faceva pallacanestro...». Proprio Mollino fu tra i primi a conoscere la giovane fidanzata di Cremona. «Vennero un giorno nella palestra di via Marocchetti dove giocavo con la Reale Società Ginnastica contro il Fiat, avversario classico. Un ingresso sensazionale. Mollino ha sotto il cappello due occhi luciferini, Italo, bel ragazzo, sembra un po' distaccato. Quasi la partita si ferma, nell'impeto del gioco faccio un terribile ruzzolone, loro se ne vanno preoccupati, per poco il mio matrimonio sfuma». Si sposano nel '39 al Giglio subito dopo il ritorno dall'Abissinia del giovane «cineasta», dove Brignone ha girato Sotto la Croce del Sud, film d'esordio di Doris Duranti, «una toscanaccia sboccata, molto simpatica con la pelle come un petalo di magnolia. Ma nessuna gelosia anche perché ho sempre frequentato poco l'ambiente del cinema. Mio marito e io, ciascuno se ne stava con i propri impegni»: anche nella Torino del dopoguerra, il periodo più fecondo e solitario di Cremona pittore, con pochi grandi amici. «Arpino, li sentivo parlare fitto e poi scoppiare in fragorose risate, Paulucci che si faceva precedere da una telefonata e qualche volta Italo lo respingeva "perché sei antipatico" gli diceva per gioco», le visite discrete di Camerana da cui nacquero I passatempi del professore mentre la dinamica Danila si dedicava toto corde al «prac». «Era il nomignolo che Italo aveva dato alle mie sedute medianiche che continuano, e adesso oltre che con mia madre sono in collegamento con mio marito. E' ed era una cosa molto seria per me, la ricerca dell'altra dimensione, di cui ha usufruito anche lui, nonostante il suo scetticismo. Fu quando doveva essere operato, ma venne salvato dall'intervento di Penna Blu che mi era apparso, rassicurante, nella notte. Sto cercando un piccolo negozio che vende gioielli fatti dai pellerossa, vorrei una collana con la penna blu e non c'è mai». Mirella Appiotti Un libro e una mostra a Torino con dipinti, foto e disegni che la vedono protagonista tte . A re. alelmo no nel apmcevedon Il pittore-scrittore Italo Cremona al lavoro. A destra «Metamorfosi», olio su tela (1936-1937), esposto alla mostra di Palazzo Bricherasio. Sotto, un'Immagine giovanile di Danila Dellacasa