Anche Priebke poteva riscattarsi. Se Torino è smarrita

Anche Priehke poteva riscattarsi Se Torino è smarrita AL GIORNALE Anche Priehke poteva riscattarsi Se Torino è smarrita Migliaia di SS si rifiutarono di uccidere Leggo su La Stampa del 2 agosto: «La condanna di Priebke vista da un ragazzo» (Fabrizio Anselmo di Imperia). Caro Fabrizio, ho letto con molto interesse la tua lettera, nella quale esprimi la tua convinzione che Priebke è stato obbligato a sparare alle Fosse Ardeatine (e che quindi non è colpevole). Ebbene, ho dedicato più di 50 anni a studiare la storia del nazismo, delle SS, della Gestapo e dei Lager di sterminio e ho accertato che gli individui della Gestapo e delle SS hanno fatto quello che hanno fatto volontariamente. Più precisamente ma sommariamente, come è consentito dallo spazio concesso ad una lettera a La Stampa, Hitler non ha mai parlato in politichese, il 14 febbraio 1920 ha pubblicato il programma del nazismo, strutturato su 4 capisaldi: razzismo, dittatura, riunione di tutte le persone di lmgua tedesca in una Grande Germania (incorporare l'Austria, la Regione dei Sudeti, l'Alsazia e la Lorena, gran parte della Polonia occidentale, Memel e rettifiche di confine col Belgio), ciò che significava certamente una nuova guerra mondiale e, inoltre, come quarto punto, la colonizzazione di territori dell'Est europeo. In Mein Kampf, pubblicato nel 1925 e venduto, fino alla presa del potere (30 gemiaio 1933), in 1.230.000 copie Hitler riconfermò tutto questo. Ebbene, ci furono circa 500 mila tedeschi che chiesero volontariamente di entrare nelle SS per partecipare volontariamente al criminoso disegno hitleriano e, sottolineo io, aderirono dal 1933 in poi, quando in Germania erano già stati deportati nei Lager 500 mila tedeschi portatori di altre ideologie e i nazisti, allo scopo di scoraggiare le opposizioni, facevano circolare notizie deterrenti su quanto vi avveniva. I 500 mila volontari frequentarono corsi di formazione professionale della durata di circa due anni e mezzo durante i quali veniva loro ribadito che ap¬ partenevano ad una razza superiore con il diritto di dominare su tutte le altre, così come era anche ribadito ciò che Hitler voleva da loro per realizzare il suo programma. Durante questi corsi molti giovani tedeschi rinunciarono e altri furono scartati perché inadatti. I promossi giurarono fedeltà a Hitler, ma lo fecero soltanto dopo aver saputo chiaramente ciò che volevano da loro. Circa 100 mila dei supposti super-uomini furono destinati ai reparti degli Einsatzgruppen, che uccidevano prigionieri inermi, ebrei, zingari e partigiani, e nella Gestapo che provvedeva agli arresti, alle deportazioni e alle rappresaglie nei Paesi dell'Europa occupata, e altri 100 mila circa furono destinati al funzionamento dei Lager di sterminio. Ebbene, anche nei Lager, come negli Einsatzgruppen e nella Gestapo, era possibile riscattarsi con una semplice domanda di trasferimento ad altri servizi. Nel solo Lager di Mauthausen, da me preso a campione, su 15 mila SS che vi furono destinate, 9 mila o furono giudicate inadatte dal Comando e trasferite, molte per essersi rifiutate di uccidere, come è stato confermato durante i processi celebrati dagli Alleati nell'immediato dopoguerra, o sottoscrissero tale domanda e furono tutte accontentate, 6 mila preferirono restare a Mauthausen a continuare a uccidere prigionieri inermi, donne, vecchi e bambini compresi, piuttosto che andare al fronte dove il nemico era armato, sparava e uccideva. Priebke scelse volontariamente di restare a Roma a fare quello che ha fatto. E' certamente colpevole. Caro Fabrizio, circa 40 mila italiani furono deportati nei Lager di sterminio: 32 mila partigiani e patrioti e circa 8300 ebrei. Sopravvissero in 2430. Spero di esserti stato utile. Se vuoi saperne di più, nelle librerie ci sono i miei libri. Molti auguri. Vincenzo Pappaletter a Milano Il boia «ubbidiente» e l'eroe Salvo D'Acquisto Un giovane studente di, Imperia ha scritto sabato scorso al giornale per giustificare l'operato di Priebke, nel lontano 1944, perché conseguente agli ordini ricevuti. Nella stessa infausta epoca, Salvo D'Acquisto, carabiniere napoletano, si accusava di un attentato non commesso per salvare 18 persone. Priebke ne ha uccise 335! Un confronto tra queste due figure d'uomo non va nemmeno posto e, tuttavia, ritengo che l'obbedienza di Priebke non onori l'umanità mentre quel ge- sto sublime del carabiniere, la riscatta. Anche i moderni boia che curano le esecuzioni terminali hanno «un compito» ma è pur sempre un compito che essi si sono scelto. A prescindere, dunque, che la fama nefasta di Priebke precedette l'eccidio delle Ardeatine credo che soltanto una cattiveria profonda e un odio furioso abbia sostenuto per 335 volte quella mano omicida. Un'obbedienza, caro Fabrizio, da non prendere ad esempio. Nietta Saltuari Dondio Bolzano Se il treno «stramazza» e la gru «si accascia» Tra le 13,35 e le 13,40 di domenica 3 agosto ascolto al Tgl (la forchetta col rotolino di spaghetti che mi rimane a mezz'aria) un audace cronista il quale riferisce che dopo l'incidente dell'espresso Reggio Calabria-Torino, «stramazzato» (il verbo è suo, sennò perché scriverei a un giornale?) alla stazione Casilina di Roma, si era verificato un paralizzante avvenimento supplementare: la gru che doveva rimuovere i vagoni deragliati «si è accasciata» (anche questo verbo è suo e per questo mi autosospenderò dal pagamento del canone Rai) sugli altri binari, ostruendoli. Neanche il più efferato dei futuristi avrebbe scritto che un treno «stramazza» e una gru si «accascia» senza almeno descrivere i sentimenti terminali. Cosa potrebbe pensare, infatti, un treno mentre «stramazza»? E una gru, mentre «si accascia», non cara a se stessa con le forze residue: no, non devi cadere, prova a restare in piedi? Ma dico: al Tgl non c'è un caporedattore, un caposervizio, un usciere, un barista di passaggio che possano, se non evitare, almeno lenire pietosamente certi oltraggi agli utenti? E questo senza neanche il bisogno di chiedersi chi abbia assunto in Rai alcuni audaci cronisti. Dido Sacchettoni, Roma Perché non riaffiori l'anima nera della città Basterà ridurre la vendita di birra o chiudere i Murazzi alle 3 per impedire che avvengano episodi come quello del giovane marocchino «affogato»? E per impedire che si inviino a un extracomunitario pacchi-bomba (è accaduto alcune settimane or sono) che cosa dovremo fare: chiudere gli uffici postali un'ora prima? Abito e lavoro a Roma, ma torno spesso a Torino dove ho vissuto e studiato fino a dieci anni fa. Episodi come quelli citati mi fanno pensare che Torino stia vivendo una sorta di «male oscuro» che ne appanna i riflessi. Quindici anni fa un tessuto fatto di partiti, sindacati, associazionismo cattolico e non, case editrici, assessorati si dimostrò in grado di far fronte ad un'emergenza grave come queUa del terrorismo (di fronte al «coprifuoco» che quello sembrava voler imporre alla città, come non ricordare iniziative tipo «Torino-Enciclopedia», pensate proprio per far uscire la gente di sera?). Oggi mi sembra che di fronte ai Murazzi o a Porta Palazzo la città sia come smarrita, incapace di trovare una risposta adeguata a quello che prima di diventare di ordine pubblico è un problema culturale: come confrontarsi con chi viene da un Paese straniero, ha la pelle di un altro colore e ragiona in modo diverso da noi. Da dove nasce questo smarrimento? Non sarà proprio l'assenza di quel tessuto culturale che esisteva quindici anni fa e oggi non c'è più (o è molto sfilacciato) a far riaffiorare l'anima nera della città: quella che negli Anni 60 faceva scrivere sui portoni «non si affitta ai meridionali» e oggi si diverte a veder affogare un giovane marocchino? Non so se la mia analisi sia corretta o se sia viziata dalla lontananza. Ma credo che di fronte alla situazione che stiamo vivendo sia più giusto farsi questo genere di domande che non discutere se sia meglio chiudere i Murazzi alle 3 piuttosto che alle 5 o se sia meno pericoloso vendere la birra in bottiglia, in lattina o nei bicchieri di plastica. Donato De Bonis, Roma