«Non si ascolta la paura e la montagna si vendica» di Alberto Papuzzi
«Non si ascolta la paura e la montagna si vendica» «Non si ascolta la paura e la montagna si vendica» era contrario alle gare di arrampicata, perché gli sembrava che irreggimentassero un'attività libera per eccellenza. Ha cambiato idea? «No. Io mi batto per un alpinismo libero. Spero che l'intelligenza degli alpinisti cresca, così da evitare .uno spreco di vite. Io penso alla necessità di ristabilire uno steccato. Una volta chi andava in montagna sapeva di dover superare una barriera che era fatta di difficoltà tecniche, di fatica, di esposizione al vuoto, di pericolo. Questa barriera è stata smontata. Le corde fisse che aiutano tutti a sabre una parete, le chiodature con spit che trasferiscono in quota la tecnica delle falesie, le funivie che ti portano ai piedi dei ghiacciai, gli elicotteri che ti prendono sulla Nord dell'Eiger, hanno creato l'illusione che la montagna sia facile». Ventotto morti sul Bianco, 20 morti sulle Orientali. I numeri non sono invenzioni dei giornalisti. Alpinisti, guide, storici all'inizio erano scettici: la montagna, dicevano, vuole sempre le sue vittime. Ma il bilancio non è mai stato così nero, nonostante l'evoluzione delle tecniche e dell'equipaggiamento. E' possibile che le Alpi siano sottovalutate, da quando l'alpinismo di punta si è trasferito sulle montagne extraeuropee? «No. Le Alpi sono sempre state all'avanguardia anche rispetto all'Himalaya. Quello che accade qui poi accade altrove. Adesso sull'Everest salgono in 500 e fra poco avremo lassù i problemi che abbiamo qui. Il problema vero è che la gente non vede più la montagna come qualcosa di grande e difficile - dice Messner, che sull'argomento sta scrivendo un libro -. Non ha né rispetto né paura. Ha trasformato la montagna in una cartolina illu¬ strata. Vede una cima in tv e vuole andare a salirla. Poi trovi la neve molle, il temporale, o la valanga. Adesso tutti salgono col telefonino, per chiamare l'elicottero in caso di pericolo. Ma spesso è troppo tardi». Però fra le vittime del Gran Zebrù c'è anche una guida alpina: «Non posso e non voglio giudicare, non conoscendo la dinamica dell'incidente». Ma la parola disgrazia non fa parte del lessico di Messner (che in monta¬ gna ha perso due fratelli). Dice con il suo modo aspro e diretto: «Bisogna stare attenti a usare la scusa della disgrazia. Perché non è la montagna a fare errori. La montagna è lì. Gli errori li fa l'uomo. Se tu sali, è già un errore, perché se non vuoi morire non devi salire. Non bisogna mai dimenticare che scalare significa mettersi in un pericolo. Chi va senza paura, per me è già fuori». Alberto Papuzzi «Ci vuole subito una conferenza europea degli alpinisti» «C'è chi pensa che basta salire col cellulare per stare tranquilli»
Persone citate: Messner
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