Asti, l'incubo della nube tossica di S. Mir.

Asti, l'incubo della nube tossica Il rogo è doloso: presi campioni di aria da analizzare, oggi i risultati Asti, l'incubo della nube tossica Vanno a fuoco seimila tonnellate di rifiuti plastici ASTI. Seimila tonnellate di rifiuti plastici provenienti dalla Germania dati alle fiamme per cancellare il «corpo del reato». E' l'ipotesi più accreditata dagli inquirenti per spiegare l'incendio che ieri pomeriggio si è sprigionato in un deposito alla periferia Ovest della città. Una colonna di fumo acre e nero si è levata altissima in cielo aprendosi in quota in un sinistro fungo, che ha coperto in breve il cielo di Asti, oscurando il sole. Nel deposito, che era stato posto sotto sequestro, affittato dalla società Slu di Vezza d'Alba era l'inferno. Migliaia di balle di plastica pressata avvolte dalle fiamme. I vigili del fuoco di Asti, con rinforzi giunti da Alessandria e Torino, hanno prima cercato di circoscrivere il rogo poi con le idrovore hanno pompato l'acqua direttamente dal vicino fiume Borbore. Ieri sera c'erano ancora fiamme, ma la situazione appariva ormai sotto controllo. In prefettura c'è stato un summit. In serata, da Roma, Legambiente ha chiesto immediate analisi dell'aria per accertare l'eventuale presenza di diossina che si sviluppa quando bruciano certi tipi di plastica. Gli abitanti delle cascine e delle villette in un raggio di trecento metri dal deposito sono stati invitati a restare in casa con le finestre chiuse a «titolo precauzionale». Un elicottero dei vigili del fuoco è entrato nella nube per compiere prelievi di aria. Altre analisi sono state compiute al suolo. Oggi se ne saprà di più. Oltre all'allarme ambientale c'è il risvolto giudiziario che porta al filone del traffico internazionale di rifiuti. Luciano Tarditi, il sostituto procuratore che aveva già condotto l'inchiesta sulle attività illecite alla discarica di rifiuti tossico nocivi di Pitelli a La Spezia, ha indagato anche su quel deposito dove in pochi anni si era accumulata una montagna di plastica proveniente dalla Germania. «Dopo l'entrata in vigore della legge tedesca che impone 0 riciclaggio degli imballaggi - ricorda il magistrato - l'Italia ha importato 30 mila tonnellate di scarti di plastica, ufficialmente per riciclarli. Seimila di queste, oltre 500 Tir, sono finite al deposito di Asti della Slu il cui titolare, Giuseppe Nota di Vezza d'Alba era in affari con la Dalplast di Bergamo e questi con l'ente tedesco Dkr». Dopo le indagini del nucleo della Forestale di Brescia sono stati tutti inquisiti. Ma la ditta italiana aveva ottenuto il dissequestro, con l'ingiunzione che avrebbe dovuto far tornare la plastica in Germania entro pochi mesi. Ora è rimasta solo la cenere. [s. mir.]

Persone citate: Giuseppe Nota, Luciano Tarditi, Vezza