Ma quante «cassandre» hanno sbagliato i conti

Ma quante «cassandre» hanno sbagliato i conti Ma quante «cassandre» hanno sbagliato i conti UGGERIAMO un calcolo semplicissimo che si può fare con una breve riflessione; un gioco da ombrellone, ma serio ed oggettivo, da farsi anche senza carta e matita. Si scelga a piacere un qualsiasi momento del recente passato: due anni, o tre; fate voi. E si ricordi che a quel tempo l'Italia appariva in bilico tra due prospettive opposte e tanto nette da non ammettere vie di mezzo: un radioso avvenire se ce l'avesse fatta a risanare le sue finanze, a comprimere l'inflazione, insomma a partecipare al processo di integrazione monetaria dell'Europa; oppure un rovinoso declino nel caso quell'obiettivo fosse stato mancato e fosse iniziata una lenta ma ineluttabile deriva che l'avrebbe certamente allontanata dai Paesi che per cultura, assetti economici e struttura sociale costituiscono il riferimento più forte della nostra storia, della nostra realtà, delle nostre aspirazioni. Ciascuna di queste prospettive era sostenuta da argomentazioni oggettive poiché nessuna realtà è mai fatta di un colore solo. E tuttavia vi era chi inclinava verso previsioni più o meno funeste e chi verso la parte opposta, ciascuno tentando di convincere tutti gli altri con tesi che molto spesso, da una parte o dall'altra, obbedivano non solo ad una analisi oggettiva della realtà dei fatti e dei numeri, ma anche ai più disparati interessi politici, economici, finanziari. Quanto è accaduto successivamente ha dato ragione a chi sosteneva che l'obiettivo sarebbe stato raggiunto e torto a chi andava ripetendo che saremmo rimasti fuori dall'Europa. Malgrado quanto questi ultimi andavano sostenendo, l'Italia ha realizzato l'aggiustamento imposto dai trattati sulla unione europea in termini di disavanzo pubblico, di inflazione, di tassi di interesse ed anche di tendenza del debito pubbhco, dunque rispetta le condizioni per partecipare alla moneta unica persino più di altri ben più blasonati Paesi. Ma non si tratta di assegnare per questo premi o diplomi, bensì di fare, appunto, un calcolo, anche approssimativo, di quali sono stati i costi dell'errore di chi, in buona fede o meno, le previsioni le ha sbagliate e le ha fatte sbagliare ad altri. Molti questo calcolo potranno farlo anche sui loro specifici casi. Un primo esempio può essere fatto sui risparmiatori. Chi si fosse fatto convincere che questa Italia non ce l'avrebbe fatta avrebbe impiegato le sue disponibilità o in altre valute, perdendo sugli interessi e sul cambio, o in lire a breve termine per cui oggi, e presumibilmente per gli anni a venire, dovrà contentarsi di un rendimento che difficilmente potrà superare il 5-5,50%. Chi, al contrario, si fosse regolato sulla previsione opposta avrebbe investito in lire a medio-lungo I termine a tasso fisso, ed ora I avrebbe i suoi soldi impiegati in una moneta stabile con un rendimento assicurato del 10 e più per cento. La differenza non è certo da poco. Un altro esempio può essere fatto sulle imprese. Quelle che avessero seguito gli scenari più pessimisti che venivano disegnati si sarebbero indebitate in lire ad alto tasso di interesse, mentre quelle che avessero seguito le previsioni più fiduciose sul futuro della lira e dell'Italia si sarebbero indebitate in valuta con notevole risparmio di interessi e (fatta eccezione per il dollaro) anche guadagni sui rimborsi. Anche in questo caso la differenza non è da poco. L'uno e l'altro esempio, dei tanti che possono essere fatti, sono sufficienti per comprendere che se fosse stata più netta e diffusa - o meno contestata la percezione del potenziale dell'Italia, il processo di aggiustamento sarebbe stato anticipato ed accelerato, consentendo alla finanza pubblica un più tempestivo recupero sulla spesa per interessi, quindi una azione meno pesante per abbattere strutturalmente il disavanzo primario e, in definitiva, una minore penalizzazione del potenziale di crescita dell'economia. Piangere sul latte versato è esercizio inutile quanto mai. Ma non lo è il ricordare tutti quelli che hanno sbagliato inducendo tanti altri ad operare contro il loro interesse. Non c'è bisogno di far nomi, tanto i rigoristi irriducibili e le cassandre di mestiere sono ben noti e non mancano di farsi in/diyiduare quasi tutti i giorni. «Vanno - ricordati soprattutto perché, a dispetto della evidenza degli errori di valutazione commessi, continuano, appunto, a diffondere e propagandare previsioni funeste, ad agitare il deterrente di rischi e minacce, a minimizzare i risultati positivi conseguiti e ad enfatizzare i problemi ancora aperti; tutto con la stessa insistenza e la stessa presunzione di certezza che non sarebbero giustificate neppure se i fatti avessero loro dato ragione. Sul futuro le idee possono sempre divergere, tutte hanno pieno diritto di cittadinanza ed, anzi, un sereno confronto tra di esse è necessario per favorire la ponderazione di ogni scelta. Ma tra quelle di chi ha dimostrato di avere ragione e quelle di chi ha dimostrato di avere torto qualche differenza andrà pur fatta, specie da parte di coloro che già in passato sono stati indotti in valutazioni errate e volessero evitarlo per l'avvenire. Luciano Benetton creto legge per le agevolazioni fiscali. Tempo massimo quattro anni per mettersi in regola, poi addio benefici. E qui sarà interessante vedere come si regolerà il Montepaschi, dove da Roma hanno dovuto mandare l'economista Luigi Spaventa a dare la sveglia. Non va in vacanza il Nord-Est. Mentre Gilberto Benetton mette a punto il progetto sul porto turistico di San Rocco, alle porte di Trieste, nel quale sono soci Arca Merchant, Dario Azzaro e gli austriaci di Svaroski (gioielli di cristallo), la Regione Veneto presieduta da Giancarlo Galan decide Alfredo Recanatesi BSÌ esi BSÌ | di diventare azionista della Serenissima, la società che gestisce la Padova-Brescia. Comprerà le quote della Cariverona di Paolo Biasi e del Mediocredito delle Venezie, Motivo dell'intervento: impedire che «poteri forti» di altre regioni arrivino a comandare. Nel frattempo Mario Carraro prosegue nella costruzione del Movimento del Nord-Est, trasversale e non secessionista, che strizza l'occhio ai seguaci ed ex seguaci di Umberto Bossi. Con prudenza perché, a pochi passi, c'è Massimo Cacciari a contendergli la leadership ideologica del territorio, forte della benedizione di Massimo D'Alema. Alla città dei Gonzaga guardano invece Luigi Lucchini e il figlio Giuseppe. Aspettano che la Techint di Gianielice Rocca acquisti la Belleli di Taranto per farsi avanti per la Beiteli di Mantova. Magari in partnership con qualche immobiliarista bresciano. Valeria Luigi Sacchi Spaventa