RICHTER la tastiera della libertà

Il geniale pianista è morto a 82 anni nella sua dacia vicino a Mosca: un'arte interpretativa che non accettava limiti Il geniale pianista è morto a 82 anni nella sua dacia vicino a Mosca: un'arte interpretativa che non accettava limiti RICHTER la tastiera della libertà Eseguiva che riusad affasEra anchpredile caastradiMone di MaEMOSCA E civiltà russa ed europea hanno perduto un artista figlio della loro inseparabile diversità. E' morto ieri pomeriggio, nella sua dacia poco lontano da Mosca, il pianista Sviatoslav Richter. Aveva 82 anni, ha ceduto ad un infarto. Riceverà l'onore dei funerah di Stato: non è stato un suddito obbediente, ha dovuto soffrire l'origine tedesca della famiglia, ma la sua patria non è mai riuscito ad abbandonarla. Fu costretto a servirla anche clamorosamente, quando, per due giorni e due notti, suonò, come gli venne chiesto dal Partito, accanto al feretro di Stalin. Scelse la musica a cinque anni, «per l'emozione provata ascoltando mio padre suonare il quinto Notturno di Chopin». L'abbandono alla violenza dell'emozione resterà una sua cifra riconoscibile, che non andrà mai confusa con una passionalità romantica, un'adesione immediata alle pulsioni del testo. Sceglieva di suonare chi riusciva ad affascinarlo, non concedeva limiti alla propria libertà di tempo, di tocco, di fraseggio. Libertà così accentuata da fargli ammirare, più di ogni altro pianista, la «freddezza» di Benedetti Michelangeli. Si ama sempre ciò che è diverso da sé, irraggiungibile. Era anche pittore, prediligeva le calde astrazioni di Mondrian e Malevitch: scelta che doveva temperare l'adesione immediata, intuitiva alla musica di compositori che «prima di suonare devi sentire dentro di te come un vecchio amico». Ne trovò moltissimi, costruendo un repertorio di rara ampiezza e varietà e abbandonandosi, negli ultimi anni, anche alla tentazione della regìa lirica, con particolare attenzione alle opere di Benjamin Brìtten sconosciute in Russia. La svolta nella sua formazione musicale avviene a ventidue anni, quando, stanco di fare il pianista accompagnatore all'Opera di Odessa, si presenta al Conservatorio di Mosca e chiede, con stupefacente semplicità, senza avere un curriculum regolare, di essere ammesso alla classe di Heinrich Neuhaus. Racconterà il massimo didatta russo del Novecento: «Seduto al pianoforte, appoggiò alla tastiera le mani grandi, delicate e nervose e cominciò a suonare, con molta discrezione, quasi sottolineando la semplicità e la serenità della Pastorale di Beethoven. Era capace di una sorprendente penetrazione della musica. Bisbigliai ai miei allievi: "E' un musicista geniale"». Neuhaus lo conduce a svelare il mistero delle sonorità, dell'intensità del suono che deve generarsi da un'adesione fisica, dal respiro alle dita, alla scrittura. Ne nasce un fascino coloristico, una seduzione timbrica che Neuhaus aveva appreso nei lunghi soggiorni a Vienna e Berlino durante gli anni dello splendore liberty e delle prime avanguardie che darà in dote a Richter. Il travolgente di¬ i maestri civano cinarlo e pittore, igeva alde zioni ndrian levitch ci. Giungono menti critici, sordine russo, di RubinStein e Horowitz, sfuma in una sensibilità meno febbrile, filtrata da un pensiero al quale mai sfuggono le geometrie interne dell'opera, come raccontano le sue interpretazioni mozartiane, intessute di clarté e passione, e come svela, nella Sonata in sol maggiore D 894 di Schubert, l'incantamento che Richter riesce a inventare, in un gusto molto moderno di rottura esasperata del flusso narrativo e di sillabazione quasi estatica, in grado di contenere l'abbandono lirico. «Lontano sia dall'impulsività degli artisti romantici, sia dalla fredda ponderatezza, è capace di un sentimento intellettualizzato, di un pensiero che si riscalda fino a diventare un'emozione tagliente», dice Lorin Maazel, che avrà frequenti occasioni di collaborare con lui. Mentre i pianisti della sua generazione, da Dinu Lipatti a Michelangeli, al connazionale Emil Gilels, attraversano l'Europa e costruiscono i primi successi, Slava rimane uno sconosciuto anche all'interno dell'Urss fino al 1945, quando vince un concorso riservato a pianisti sovietii primi riconoscii concerti diventano numerosi, ma devono passare altri quindici anni perché le autorità gli concedano la possibilità di suonare all'estero: prima in Finlandia, poi negli Stati Uniti, La carriera internazionale di Richter comincia con sconcertante ritardo, ma subito recupera il tempo perduto imponendo la vastità provocatoria del repertorio, che sapeva conciliare Brahms e Saint-Saéns, i filoni tedesco e francese del secondo Ottocento che anticipano, come fiumi che poi sfociano nello stesso mare, la crisi fertilissima del primo Novecento, colta da Richter interprete di Stravinskij e Hindemith, di Prokofiev e Webern, in uno spet tro che con l'età sembrava voler diventare sempre più ampio, senza mai dimenticare il ritorno all'ordine che deve precedere la libertà: Bach, di cui eseguì inte gralmente il Clavicembalo ben temperato. Praticò la musica da camera assieme ad amici come David Oi strakh, Mstislav Rostropovich, Leonid Kogan, accompagnando al pianoforte Elisabeth Schwarzkopf e Dietrich Fischer-Dieskau. La violoncellista Natalia Gutman trovò le parole esatte per raccontarne la differenza: «A contatto con lui, le persone cominciano a fare ciò che, prima, sarebbe sembrato al di sopra del le loro forze e possibilità. Quando la maggioranza dei musicisti ritiene che l'opera sia pronta, proprio in quel momento Richter CO' mincia a lavorarci». Aveva un diario, nel quale an notava tutti i concerti e le impressioni, spesso molto critiche, su di sé. Alternava periodi di sconcertante attivismo, come per sfogare il silenzio sofferto ne gli anni giovanni (nel solo 1986 tenne 150 concerti), a lunghe pause in cui trovava legittimo soltanto studiare. Gli piaceva molto viaggiare, «farsi viaggiare» diceva, e prediligeva i piccoli centri: in Italia, fu ospite frequente dei concerti di Asolo Musica, complice l'amore per quell'intatto paesaggio rinascimentale. in occasione dell'ultimo concerto a Roma, scese nel solito albergo. La croce ortodossa sul petto, stava seduto tra la finestra e il letto, dove ombra e luce del mattino si incontravano e sfumavano una nell'altra. Lui era nel giusto mezzo. La sera, al Teatro Olimpi¬ co, apparve, come di consueto, dopo che la sala venne immersa nel buio assoluto. Pretendeva che soltanto una piccola abat-jour appoggiata al suo Yamaha scialbasse quell'oscurità; si inchinò a tuffo, a molla, come sanno, ancora oggi, soltanto i musicisti russi, anche i più giovani, come avessero sempre di fronte Ivan il Terribile. Iniziò, ma si smarrì durante l'esecuzione della Fantasia in do minore di Bach. Com'erano felici, di fronte a quella catastrofe, i soloni esattissimi, da tempo convinti che la conclamata sua libertà fosse soltanto la maschera pietosa dell'inaffidabuità. Il vec¬ chio era ormai precipitato, e il declino sembrava accentuato dalla presenza inutile dello spartito davanti ai suoi occhi: lui, capace di imparare a memoria quindici programmi diversi, ma «per rispetto all'autore» incapace di rinunciare alla presenza del testo di fronte a sé. Dopo aver concluso, ritornò in palcoscenico, interruppe gli applausi, riprese tutta la Fantasia, esasperando il controllo eppure riuscendo a cantare. Poi non sorrise, si inchinò come scusandosi. Fu un gesto umilmente titanico. Sandro Cappelletto Eseguiva i maestri che riuscivano ad affascinarlo Era anche pittore, prediligeva le calde astrazioni diMondrian e di Malevitch LE INCISIONI CELEBRI J. S. Bach, // clavicembalo ben temperato (Ricordi) B. Bartok, Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra-, dir. L. Maazel (Emi) L. van Beethoven, Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra; dir. R. Muti (Emi) J. Brahms, Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra; dir. L. Maazel (Emi) F. Chopin, Andante spianato e Grande polacca brillante (Suite) W. A Mozart, Sonate K 282, 310, 548 (Philips) W. A Mozart, Concerto K595; dir. B. Britten (Nuova Era) M. Musorgskij, Quadri di un'esposizione (Philips) S. Rachmaninov, Concerti n. 1 e 2; dir. K. Sanderling (Cdm) C. Saint-SaSns, Concerto n. 5 per pianoforte e orchestra; dir. K. Kondrashin (Ricordi) F. Schubert, Sonate D 894, 575, 840 (Philips) A Skrjabln. Sonata n. 6 e Studi n. 2, 8,12,56, 65 (Mk) D. Shostakovic, Sonata op. 134 per violino e pianoforte (con D. Oistrakh) (Jvc) Così ammirava Michelangeli Dal diario di Sviatoslav Richter: «1° gennaio 1976, Mosca. Ascolto del Concerto in sol maggiore di Ravel. E' certamente la migliore realizzazione di ABM. Finora non ho ascoltato un'esecuzione che la superasse. E la freddezza, così caratteristica per questo pianista, qui è assolutamente al suo posto e non crea alcun conflitto con la musica. Il disco è un capolavoro che tutti noi abbiamo ascoltato con vero piacere».