«Francia, per favore colonizzaci» di Enrico Benedetto

«Francia, per favore colonizzaci» OCEANO INDIANO «La libertà ha significato disoccupazione e povertà». Ma Parigi rifiuta «Francia, per favore colonizzaci» Una delle Comore vuole perdere V indipendenza PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Stufa di un'indipendenza che le regala solo disoccupazione e povertà, il 14 luglio Anjouan ha deciso: con i suoi 424 kmq persi nell'Oceano Indiano tornerà ad essere francese abbandonando la Grande Comora e Moheli finora sue partner nell'avventura postcoloniaìe. Da quel giorno, fatidico, il tricolore sventola sull'isola. Malgrado l'univoca dichiarazione e i due martiri che vantano gli insorti, Parigi si guarda bene - tuttavia - dall'interinare il ritorno all'ovile. L'ambasciatore transalpino nella capitale dell'arcipelago, Moroni, preferisce non sbilanciarsi. Gli piacerebbe una «soluzione interna» che preservi 1'«integrità territoriale» comorese. In altre parole, la Francia replica all'inattesa avance dei nativi con il classico «No grazie». Paradossale, eppure vero. Con Jacques Chirac in ferie non lontano (la Réunion ospita da qualche gior¬ no la coppia presidenziale) e ambigui trascorsi di interferenze culminati nei putsch a firma Bob Denard, Parigi deve usare la massima prudenza. Su 4 Comore, ne amministra già una - Mayotte, la sola cristiana che nel 1976 preferì non abbandonare la Francia: un ulteriore scisma farebbe implodere la minuscola Repubblica. In loco la situazione rimane confusa. Da tre settimane gli osservatori vedono alternarsi dialogo e scontri di piazza. Il potere centrale si asserraglia nelle caserme, mentre in villaggi e cittadine prevale una kafkiana atmosfera insurrezionale. Per gli oltre 150 mila comoresi di Anjouan, l'Opia - principale gruppo secessionistico - incarna una «speranza impossibile»: lasciarsi dietro le spalle la formidabile crisi economica barattando inoltre le frustrazioni nazionali da minirepubblica con un'identità europea e il suo Welfare. Apparsa velleitaria e folkloristica sulle prime, l'iniziativa fa ormai vacillare il leader Mohamed Taki Abdoulkarim. Il 31 luglio Anjouan ha contagiato Moheli dove sono apparsi vessilli dai colori di Francia. E la fragile tregua attuale potrebbe incubare nuovi disordini. Il Presidente rivolgerà oggi un appello decisivo alla nazione. L'isola ribelle non vuole tuttavia parole, ma quattrini. E con l'irredentismo a rovescio sa di giocare una carta pericolosa ma efficace per smuovere le acque. L'interlocutore è Parigi ma, ancor più, Moroni. Anjuan si considera negletta. Nemmeno il premier Ahmed Abdou - che pure vi nacque - osa includerla nei suoi viaggi. Sarcastici, gli oppositori rivelano anzi come il primo ministro le preferisca Parigi per questuare al Quai d'Orsay - presso l'ex colonizzatore, dunque - appoggio e favori politici. Nel frattempo, Anjouan cova la disperazione. Con 600 abitanti per chilometro quadrato e una demografia irrefrenabile, lo scoglio basaltico conosce l'esodo endemico di boat-people. Destinazione Mayotte. Ad appena 35 miglia fa capolino il benessere francese. E che i suoi sessantamila abitanti vivano in condizioni miserevoli secondo i parametri europei, inimmaginabili nelle pur scalcagnatissime banlieues parigine, non pare turbarli. La République in versione musulmana fa rimpiangere Marianne. E il governo indigeno chiude in cella i patrioti come Abdallah Ibrahim che invocano: «Francia, eccoci». L'apologo finirà per entrare nei libri di storia. E il colonialismo assapora una tardiva rivincita. Il «per favore annetteteci» che già risuonava tra i valloni nelle Fiandre belghe, trova infine un esotico riscontro. Enrico Benedetto Bob Denard il «miliziano» protagonista di una serie di colpi di Stato alle Comore L'ultimo provocò la risposta armata della Francia