AYATOLLAH SOTTO ACCUSA
«Così uccideremo la pace di Arafat» AYATOLLAH SOTTO ACCUSA GIUGNO '96, DHAHRAN FEBBRAIO '96, ISRAELE LUGLIO '94, BUENOS AIRES Un camion-bomba esplode davanti alla base americana in Arabia Saudita: muoiono diciannove marines, i feriti sono oltre duecento. Per l'America è un colpo al cuore. Il segretario alla Difesa Perry dichiara: «L'Iran è il principale candidato al ruolo di sponsor dei terroristi». Pare dargli ragione un saudita che confessa di conoscere elementi importanti sulla strage. Estradato negli Stati Uniti, in tribunale l'uomo ha però ritrattato tutto. Tra febbraio e marzo muoiono cinquantanove persone in quattro attentati su autobus di Tel Aviv e Gerusalemme. Muore un mito (e una sicurezza): la capitale israeliana, considerata città santa anche dai musulmani, aveva goduto quasi ininterrottamente di uno status di «città protetta» riconosciuta pure dai terroristi di Allah. Gli Stati Uniti accusano: «Ci sono campi per l'addestramento dei terroristi suicidi e la fabbricazione dei loro ordigni in Iran». Salta in aria il palazzo delle comunità ebraiche nella capitale argentina, decine i morti. La guerra senza quartiere degli estremisti islamici agli ebrei e al loro Stato si sposta oltreoceano (un anno prima il terrorismo integralista aveva colpito alle Twins Towers di New York). Il ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres commenta: «Abbiamo sospetti sul regime di Teheran». L'agenzia iraniana «Ima» replica: «Sono stati i servizi segreti americani e israeliani, come sempre in combutta».
Persone citate: Ayatollah, Shimon Peres, Towers
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