Pista iraniana per la strage al mercato di Aldo Baquis

«I kamikaze? Non sempre noi dell'ala politica siamo informati e condividiamo le azioni del nostro braccio militare» Netanyahu: dobbiamo prosciugare la palude da cui sono partiti quegli insetti assassini Pista iraniana per la strage al mercato Gli 007: patto omicida fra Teheran e laJihad islamica TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Sbuca la pista iraniana dietro l'attentato al mercato ortofrutticolo di Mahanè Yebuda a Gerusalemme dove mercoledì 13 israeliani sono stati massacrati da due kamikaze islamici che avevano attivato due valigette cariche di tritolo di buona qualità. Dopo una prima rivendicazione della paternità dell'attentato, ieri gli islamici di Hamas hanno confermato che essi continuano a vedere con favore «la lotta armata contro il terrorista Benyamin Netanyahu» - il premier israeliano - ma hanno negato, per bocca del loro portavoce Abdel Aziz Rantisi, di aver compiuto la strage. Inoltre le analisi comparate del Dna dei due terroristi rimasti dilaniati dai loro ordigni hanno condotto gli esperti dell'Istituto di medicina legale di Abu Kabir (Tel Aviv) di escludere che si tratti di due attivisti di Hamas originari di Hebron indicati in precedenza dal ministro della Sicurezza Interna Kahalany come gli autori del massacro. Un esperto israeliano di terrorismo, il giornalista Zeev Schiff, ha rivelato ieri sul suo giornale Haaretz che esiste fra l'Iran e la Jihad islamica un accordo segreto in base al quale qualsiasi operazione terroristica compiuta contro lo Stato ebraico sarebbe generosamente compensata da Teheran con versamenti negli uffici della organizzazione palestinese (guidata da Ramadan Shallah) a Damasco. Schiff ha aggiunto che finora non ci sono prove concrete di un coinvolgimento diretto dell'Iran nella strage di Gerusalemme, ma ha ricordato che l'attentato è stato rivendicato non solo da Hamas ma anche dalla Jihad. Da parte sua anche l'Ansa ha riferito che la pista iraniana era stata ipotizzata anche un mese fa in seguito al fortuito sventamehto di un attentato sulla spiaggia di Tel Aviv, dopo che la borsa contenente l'esplosivo era stata rubata da un ladro. Il premier Netanyahu - che ancora alcuni giorni fa aveva orgogliosamente detto alla televisione: «Con me i palestinesi hanno dovuto abbandonare il terrorismo» - ha nel frattempo mutato avviso e ha mestamente annunciato ieri agli israeliani che il terrorismo «è un fenomeno stabile, e non dipende né dal processo di pace né da questa o quella politica israeliana». «Quegli assassini ha aggiunto - non agiscono perché c'è o non c'è un processo di pace. Ci ammazzano - ha proseguito in quella che appare fra l'altro una implicita risposta alle polemiche dichiarazioni del capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro non per quello che facciamo ma per quello che siamo: una entità sionista nel cuore del Medio Oriente». «Ci uccidono - ha concluso - perché ci vogliono far sloggiare da qua». E' passato appena un anno, ma l'Israele del Likud sembra lontano anni luce da quello ottimista e fiducioso di sé dei premier laburisti Rabin e Peres che puntavano a fare dello Stato ebraico un perno centrale di un «nuovo Medio Oriente» connotato da frontiere aperte e da cooperazione economica. Di fronte al pessimismo esistenziale del primo ministro e di fronte alla ripresa degli attentati suicidi, come reagiscono gli israeliani? «Con un istinto tribale», risponde il professore Yohannan Peres, un sociologo dell'università di Tel Aviv. Già la settimana scorsa, in un sondaggio alla radio, Netanyahu aveva sonoramente sconfitto il leader laburista Ehud Barak. Negli ultimi giorni i sostenitori della linea dura nei confronti dei palestinesi si sono rafforzati nelle loro convinzioni. «Il terrorismo è permanente. Quello che cambia è la lotta contro di esso» ha spiegato Netanyahu ai dirigenti dei servizi segreti che sono adesso intenti a ((prosciugare la palude da cui sono partiti quegli insetti», ossia i due kamikaze palestinesi. Aldo Baquis