Gallo: corsi nell'esercito per le missioni umanitarie di M. Mo.
Gallo: corsi nell'esercito per le missioni umanitarie INTERVISTA IL PRESIDENTE Gallo: corsi nell'esercito per le missioni umanitarie NAIROBI DAL NOSTRO INVIATO Presidente Gallo, la commissione dì inchiesta suggerirà una scuola di pace per i militari impegnati in missioni internazionali. Come siete giunti a questa conclusione? L'esercito italiano ha un nuovo regolamento ispirato ai valori democratici ma per affrontare i nuovi compiti internazionali i soldati devono essere istruiti su cosa fare e come lo devono fare. Sul rispetto dei diritti umani così come sul rispetto delle popolazioni locali. Perché crede che ci sia questa necessità? E' inutile nascondere che nel nostro esercito vi sono certe truppe rampanti. Con singoli elementi che, con il loro piglio, vanno a dire che sono dei do¬ minatori. Questi giovani militari, che siano di leva o di carriera, devono stare al loro posto. Si devono rendere conto che altri popoli hanno altre culture ed altre società. Società che, anche se più modeste delle nostre, esistono e vanno rispettate. Lei pensa ad una vera e propria scuola per soldati di pace? Sì, penso ad un sistema di insegnamento e preparazione capace di istruire i militari su un punto deciso per il futuro: se sono inviati in queste missioni in zone critiche è perché sono chiamati a portare pace, civiltà ed aiuti. Se invece si svolgono queste missioni internazionali con l'animo di chi va alla guerra, alla fine si fa la guerra. Come pensate di creare questa scuola? Una volta c'era il centro adde¬ stramento reclute. Era una cosa seria, durava sei mesi. Oggi si è ridotto a venti giorni. Mi chiedo cosa si possa insegnare o apprendere in un periodo così breve. E' in questo momento, durante il car, che bisogna intervenire perché dopo i militari vengono assegnati alle loro unità ed hanno, naturalmente, altre cose da fare. Il punto è che manca una scuola all'interno dell'esercito. E deve essere ripristinata. Pensate dunque solo ad un rafforzamento del car? No, ad una buona preparazione di base, che ritengo decisiva, bisognerà aggiungere, prima della partenza, dei corsi ad hoc sui singoli scenari. Ma senza la prima, i secondi servirebbero a ben poco. Chi potranno essere gli insegnanti? Naturamente non solo militari. Anzi, soprattutto non militari quando si tratterà di istruire i soldati sui diritti umani. Avete parlato anche di questo a Nairobi con Amnesty International? Certo, il loro contributo di personale, documenti ed esperienza potrebbe essere molto utile per preparare i nostri soldati. Sarebbero dei buoni insegnanti. Soldati di leva o di professione? Da un lato è vero che oggi bisognerebbe lavorare di più sulla preparazione dei soldati di leva, perché i professionisti ce l'hanno già. Dall'altro però non rinuncerei del tutto alla leva perché lega il popolo all'esercito. Anche se è un dato di fatto che il sempre maggiore ricorso al servizio civile ha svuotato la leva di gran parte del suo significato, [m. mo.]
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