Scalfaro: l'indulto non crei ingiustizia di Renato Rizzo

GIUSTIZIA Ha parlato anche del problema lavoro: la disoccupazione purtroppo non va in vacanza Scalfaro: Findulto non crei ingiustizia Ilpresidente frena: il Parlamento non abbia fretta ROMA DAL NOSTRO INVIATO ROMA. Attenti alla fretta. C'è il rischio che si trasformi in furia assolutoria e passi, colpevolmente immemore, sopra «il sangue versato e le sofferenze di tanta gente». E attenti, soprattutto, alla giustizia dagli occhi miopi: quella che perde di vista «l'interesse generale» per prendere in considerazione «l'interesse nei confronti del singolo». Il presidente Scalfaro entra con durezza nel dibattito sull'indulto ai terroristi: «Ogni atto che ha il sapore della comprensione e della misericordia non può germinare squilibri nella giustizia o creare ingiustizia vera e propria». Parla alla cerimonia del ventaglio che sigla, tradizionalmente, l'interruzione dell'attività politica prima delle vacanze. E il suo discorso suona come monito a quel Parlamento che, in autunno, dovrà discutere il disegno di legge, approvato l'altro giorno in commissione, sugli sconti di pena verso chi ha combattuto nel partito armato: avanti, sì, ma con «juicio», concede manzonianamente. L'ufficialità ci offre la traduzione diplomatica d'una asprezza che il Capo dello Stato ha ben diversamente espresso nelle ultime ore rispondendo, in privato, a chi gli domandava come e perché fosse divampata questa sorta di febbre sull'indulto: «Potrei riassumere tutto con una battuta e dire che è una questione di arrivi e partenze, come il tabellone dei treni nelle stazioni». Ma chi è questo viaggia- tore che ha innescato un dibattito pieno di veleni nella maggioranza e riattizzato un dolore mai sopito nei famigliari delle vittime del terrorismo? Certo il Presidente non fa nomi, ma l'uomo evocato sembra rimandare a quello ricordato con dispetto dai popolari: il Toni Negri che, come afferma Rosy Bindi, si «è dichiarato fallito, mai pentito ed ha armato le mani di tanti giovani». Qui ed ora Oscar Luigi Scalfaro preferisce, però, citare se stesso ed il suo intervento del 2 giugno '96. Allora, rivolgendosi alle Camere, sostenne che «il reato non cambia veste e il delitto rimane. Così come resta la sofferenza di chi è stato colpito o ha pianto vittime e merita ogni pensabile rispetto. E nessuno dice, infatti, che un sì o un no ad un atto di misericordia possa essere deciso dalla parte lesa per- che, in questo modo, passeremmo da una visione pubblica a una visione privata della giustizia. Ma, certo, guai a dimenticare». Guai soprattutto a lasciarsi travolgere da confusioni storiche assimilando la «febbre» di oggi a quella che divampò nel Paese alla fine della guerra. E', questo, il cruccio che assilla Scalfaro. E che prima di calarsi nell'ufficialità della cerimonia lo ha spinto a confi¬ dare a chi gli sta vicino: «Questa gran voglia di cambiare pagina» non nasce da un profondo e «corale» desiderio, da un'onda di popolo. «No, oggi non è come 50 anni fa: c'è un reale problema di perequazione, di equità da raggiungere tra chi non ha fatto un solo giorno di galera ed è fuggito e chi, invece, se ne è stato sempre in prigione». Eccolo, ancora, il fantasma di Toni Negri che porta con sé una voglia d'una rimozione collettiva giudicata velenosa ed ingiusta dal Colle. Ascoltiamo allora un altro pensiero del Presidente che trapela dai suoi colloqui privati e che ce lo mostra mentre, con il pensiero, torna «alla vicenda dell'Alto Adige e a quando dovetti dire al Capo dello Stato austriaco che era inaccettabile mettere sullo stesso piano quelli che avevano solo varcato una frontiera e quelli che, invece, s'erano fatto il carcere». Cautela, allora, sulle scelte e sui giudizi che le ispirano. E nel chiuso del suo studio proprio in queste ore s'è lasciato andare ad uno sfogo a commento del dibattito su indulto ed amnistia: «Mi sembra che le radici di tutto siano, in particolare, nella tendenza a considerare il delitto politico meno importante di quello comune. Ma perché mai uccidere qualcuno perché la pensa in modo diverso da te deve essere meno grave che ammazzare per ragioni di soldi o per altro? No, io non sono d'accordo: la considero, anzi, un'aggravante». Preoccupazioni che potrebbero diventare risentimenti se la Camera dovesse innescare, con le sue decisioni, «squilibri che turbino l'interesse generale». Meglio, allora, rituffarsi nell'ufficialità di quest'incontro d'inizio estate con i giornalisti. Meglio recuperare due «pagine indimenticabili» della politica di questi ultimi mesi: il successo della Bicamerale e la missione italiana in Albania. E' l'occasione per lodare un'opposizione che s'è comportata «come nelle grandi democrazie stabilizzate». Ringrazia Casini che non ha «mai dubitato della correttezza e della sensibilità di Scalfaro». E ringrazia Berlusconi che ne approfitta per sottolineare che, però, l'Italia non sarà una vera democrazia acquisita sino a quando «non ci sarà un sistema che tuteli i cittadini anche di fronte ad un uso della giustizia che finisce per metterle a rischio». Renato Rizzo

Persone citate: Berlusconi, Oscar Luigi Scalfaro, Rosy Bindi, Scalfaro, Toni Negri

Luoghi citati: Albania, Italia, Roma