Al festival delle parole di Augusto Minzolini

Al festival delle parole PRIMA PAGINA Al festival delle parole E' l'ennesima lite di mezza estate GIANFRANCO Fini la butta lì, Pierferdinando Casini come ogni anno dichiara che «Berlusconi da solo non basta», Clemente Mastella minaccia di andarsene dal Polo per aumentare la suspense sulla festa della Vela. Questa volta anche Mirko Tremaglia sfoga il suo rancore contro il cavaliere che ha spinto Antonio Di Pietro ad andarsene di là. E questo in una giornata. Poi la solita telefonata serale tra Fini e Berlusconi («mi ha detto - racconta quest'ultimo - che era una tempesta in un bicchier d'acqua») che getta le basi per le pacche sulle spalle, gli abbracci e i sorrisi di domani. Beh, per evitare figure così imbarazzanti bisognerebbe augurarsi che Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema litigassero davvero, o che il Polo si sbarazzasse una volta per tutte del Cavaliere. E invece, come ogni estate, si assiste a un festival di parole, a una liturgia della politica che neppure la Bicamerale riuscirà mai a riformare, che rende meno visibile - questa è la cosa peggiore - ciò che si muove. Ad esempio, perché Berlusconi ce la dovrebbe avere con D'Alema? Per la prima volta dopo anni, il Parlamento italiano ha cambiato indirizzo sulla giustizia, ha licenziato un provvedimento di stampo garantista come la riforma del «513». Questa realtà è stata nascosta dal duello giornaliero che il leader del Polo ha ingaggiato con il «candidato alla candidatura» dell'Ulivo per il collegio senatoriale del Mugello. Quella reazione di pancia che Berlusconi ha ogni volta che i cronisti gli pongono una domanda sull'ex pm. Invece, il dato nuovo è che il drappello dei «giustizialisti» alle Camere, alla vigilia dell'arrivo di Di Pietro, si è alquanto ridotto, a destra e a sinistra: «Ormai - osserva uno che se ne intende come Marco Boato - sono rimasti solo gli ultimi mohicani». Un discorso simile si può fare anche sull'argomento della «leadership del Polo». Il problema quest'anno è stato posto partendo da un dato di fatto: l'Ulivo sta allargando la sua capacità di rappresentanza degli interessi costituiti del Paese («il regime» per dirla con Fini). Basti pensare all'alleanza strategica stipulata qualche settimana fa dalle Coop rosse e dalla Compagnia delle Opere, il braccio finanziario di Comunione e^Liberazione. Ma questo discorso con la leadership del Polo c'entra poco e niente. Il problema semmai riguarda la capacità del Polo, così come è strutturato adesso, di fronteggiare l'abilità dell'Ulivo di aumentare la propria influenza grazie al gover- no. Se si arrivasse alla conclusione che l'impresa è impossibile, non ci sarebbe un cambio di leadership: non ci sarebbe più il Polo. In questo caso, mentre le aree moderate del centrodestra potrebbero tentare un'ipotesi centrista (insieme a ppi, ex psi, Dini), Fini non avrebbe una strategia alternativa. Inutile dire che sono discorsi che lasciano il tempo che trovano, visto che nel nostro Paese - dopo una lunga fase di transizione - il bipolarismo sta mettendo radici. Discorsi per aria un po' come quelli su una nuova leadership del Polo, dal momento che un altro portato del nuovo sistema è che le leadership possono essere messe in discussione solo dalle sconfitte elettorali: saranno le elezioni presidenziali, quando si svolgeranno, a decidere chi tra Prodi e Berlusconi rimarrà in politica. Come avviene in tutte le altre democrazie occidentali. Purtroppo, cambiano i sistemi istituzionali, ma il costume della politica nostrana rimane lo stesso. Bastano due dichiarazioni per ri¬ mettere in un gioco virtuale tutto in discussione, per ricominciare da capo e aprire una bagarre di un giorno e mezzo. Forse bisognereb¬ be imparare che nel nuovo sistema, nato per garantire governi di legislatura, per impedire ribaltoni e cambi di alleanze, la politica dovrebbe avere delle ferie obbligate. E non è detto che alla fine non lo imparino anche loro, i politici. «Io non parlo da dieci giorni - promette D'Alema - e non mi sentirete dire nulla per un altro mese». Lo stesso Berlusconi, che nelle ultime 48 ore ha inondato con le sue dichiarazioni le agenzie di stampa, ieri sera è arrivato a dire: «Ci vuole un bagno freddo. Speriamo che tutti vadano in vacanza in montagna». Già, anche il Cavaliere deve essersi convinto che è meglio immergere la testa nell'acqua per evitare i colpi di sole. Augusto Minzolini