Il quartiere dell'assedio di Bruno Gambarotta

Il quartiere dell'assedio Il quartiere dell'assedio dirizzo a qualcuno ti sentirai chiedere: chi era questo Daun? Per non fare la figura dell'ignorante vai a leggerti la storia dell'assedio e poco per volta ti appassioni. Per dire: il nostro Daun, che tra parentesi è sulla targa di una via che è molto più corta del suo nome, era un austriaco, maresciallo dell'esercito piemontese e comandante supremo della difesa di Torino. Parallele a via Daun sono le vie dedicate a Leopoldo principe di Anhalt, che era il comandante delle truppe prussiane e al barone Carlo Pietro D'Allery, il valoroso comandante della Cittadella. Un austriaco, un prussiano e un savojardo al Servizio di un Savoja che combatteva contro un re che tra l'altro era anche suo cognato, avendone sposato la sorella. Quella era l'Europa unita, altro che Maastricht! Aggiungiamoci le vie Michele Antonio Vibò e Giovanni Michele Boccardo, rispettivamente arcivescovo e sindaco di Torino nel 1706, segniamoci le vie del Ridotto, delle Trincee, dei Fornelli, del Campo e della Fontanella e siamo pronti a giocare al gioco dell'assedio. Resta che la palma del nome più suggestivo ce l'ha il vicolo degli Approcci. Nei lontani Anni 50 la vita nel borgo Vittoria era fervida e intensa o almeno così la ricordo io; oltre a un'infinità di piccole e medie aziende, erano in piena attività le Ferriere Fiat che diventeranno Teksid, le Officine Savigliano, la Michelin; erano numerosi e affolati i circoli e le bocciofile, e alcuni sopravvivono in buona salute, come il Circolo dell'Amicizia in via Breglio. H tram numero 2 ave¬ va il capolinea in piazza Chiesa della Salute; per noi ragazzi era imperativo scendere al volo quando la vettura col terrazzino rallentava in curva per invertire il senso di marcia. C'erano molti cinema di terza visione, coi ragazzini che, per far sapere a tutti che erano entrati in sala, sbattevano rumorosamente i sedili di legno di tutta la fila prima di mettersi seduti. Le coppie andavano a baciarsi al cinema Apollo che si trovava in largo Giachino; le famiglie al Lutrario, il «Lutra», sulla salita che porta in via Stradella. Marcovaldo, l'immortale personaggio di Italo Calvino, avrebbe trovato facilmente tracce di campagna in borgo Vittoria, dove l'espansione edilizia aveva invaso i terreni delle cascine Fossata, Rossa, Carosetto, Scaravella, Ghiacciaia. Ancora oggi è possibile rintracciarne i segni: all'angolo di via Chiesa della Salute con via Villar resiste un edificio che è una vera e propria cascina, naturalmente senza i campi. Il centro del borgo è il piazzale della Vittoria che confina su uno dei lati lunghi col grande sagrato della chiesa della Madonna della Salute. Scrive a questo proposito Pietro Abate Daga in un libro del 1927 dedicato alle periferie di Torino e intitolato «Alle porte della città»: «Un audace e grandioso progetto dell'architetto prof. Reyceud, per iniziativa del sacerdote don Paletto, ebbe un principio di esecuzione in mezzo al piano che, a memoria della battaglia di Torino del 1706, erasi chiamato "della Vittoria" e sorsero così le fondamenta della Madonna della Salute, dichiarata prospettive si scompigliano, anche se amo il tardo neoclassico. E quando s'alzano i getti delle fontane, semplici, ascetici, e la linea di alte pietre e alte acque divide due mondi eguali, perfetti, speculari, e tanto ordine e tanta bellezza gelida a nessuno, credo, interessa fra gli astanti intenti a sé, alla cura del mondo che poi è far cacare cani o trangugiare sostanze: ma quando s'alzano i getti delle fontane si potrebbe anche evitare di comportarsi come questa mamma o sarà bambinaia? - che non ascolta, non sente proprio niente, mi guarda e non capisce anzi non mi vede nemmeno e di ciò che penso, di come sotto la pelle mi muovo, ora, non sa, non gliene importa. Quando s'alzano i getti è un bel trionfo, non siete d'accordo? Io me ne sto immobile, lascio fare. La fisso. C'è il caso che mi abbracci, e non venitemi a dire che sto esagerando, che questo non succede, che sono fantasie da quattro soldi. C'è davvero il caso che mi abbracci, e più la fisso più sento che potrebbe farlo. Ora si avvicina, è incerta. Le sue labbra sembrano tremare, o forse sta dicendo qualcosa. Sudata, è sudata. Forse ha capito. Allunga una mano. Mi tocca. Si appoggia, si lascia andare, e non mi stupisco se piange. La vita è dura per tutti, anche per me, che ora, in fin dei conti, sono solo una statua. Mario Banditi© monumento nazionale, nella quale si raccolsero, e si composero in un sacro deposito, le ossa dei caduti della memoranda battaglia. Il tempio, iniziato quarant'anni or sono, (dunque nel 1887) dal suo primo ideatore don Paletto, defunto poco tempo dopo, passò al parroco canonico Giaume e fu adibito in parte al culto, ma rimane purtroppo incompiuto e pare che sullo stabile gravino tali diritti di credito da non permettere alcuna previsione anche vagamente approssimativa circa la sua ultimazione. Con tutto ciò esso ha costituito un centro di attrazione, e nuove case vi sono sorte attorno». Quarant'anni fa, il punto di ritrovo della gioventù inquieta del borgo era il bar dell'Angelo sulla piazza della Vittoria, così chiamato per via di un bassorilievo raffigurante un angelo sul muro di fianco alla porta d'ingresso. Una leggenda metropolitana asseriva che, se tu avevi bisogno di un treno di gomme per la tua auto, bastava dirlo a voce alta in quel bar, senza rivolgersi a nessuno in particolare e il giorno dopo te le trovavi montate; ti facevano poi sapere quanto dovevi e a chi. Resta da dire là cosa più difficile a dirsi a chi già non provi sentimenti anàloghi. Cioè della bellezza struggente di questa perifera urbana, nella mescolanza di città e campagna, di fabbriche e di case di abitazione, spesso a un solo piano fuori terra, di officine nei cortili, di viadotti, di trincee e di terrapieni, di questo brulichio di vita che si alterna ad angoli dimenticati e silenti, dove l'erba cresce contrastando contro le pietre e l'asfalto. Una bellezza che in parte è venuta meno da quando le grandi fabbriche si sono fermate e sono diventate vuoti scatoloni. Per un quartiere sorto per ospitare abitanti che coltivavano la religione del lavoro è difficile cambiare destinazione e scopi. Bruno Gambarotta

Persone citate: Carlo Pietro D'allery, Giovanni Michele Boccardo, Italo Calvino, Lutrario, Michele Antonio Vibò, Paletto, Pietro Abate, Savoja

Luoghi citati: Europa, Torino