Da Aristotele a Linneo e oggi
Da Aristotele a Linneo e oggi Da Aristotele a Linneo e oggi VL C . Gli aghi del Pinus Peuce sono raggruppati all'estremità dei rametti. I coni immaturi, cilindrici, sono verde brillante e pendono verso il basso II nomi comuni o quelli dialettali con i quali si indicano molte piante possono generare confusione e soprattutto variano da un Paese all'altro e quindi non sono universalmente compresi. Per ovviare a questo inconveniente i botanici hanno classificato ogni pianta con un nome scientifico ben preciso, uguale in ogni parte del mondo. Come lingua fu adottato il latino poiché all'epoca delle prime classificazioni veniva usato da tutti gli scienziati; ancora oggi, nonostante non sia più in uso corrente, ò adottato in tutto il mondo per denominare le forme viventi. Ai vocaboli in latino classico ne sono stati aggiunti alcuni in latino «maccheronico» per poter indicare tutte quelle piante che non possedevano un nome all'epoca dei romani. In quel periodo infatti, e fino al Medioevo, molte piante erano designate con una frase che ne descriveva le peculiarità. Ancora prima cinesi, egiziani e altri popoli interessati allo studio delle essenze vegetali, le denominavano con vocaboli riferiti al loro impiego pratico (in genere medicinale). Fu Aristotele il primo a rendersi conto che dovevano esserci dei legami tra alcuni tipi di piante e che quindi si sarebbe potuto riordinarle in gruppi ben definiti. Si dovette però attendere fino al 700 per avere un metodo scientifico di nomenclatura degli esseri viventi. Il merito di questa intuizione spetta al naturalista svedese Linneo (Cari von Linné, 1707-1778) che introdusse la «nomenclatura binomia» («Species plantarum» 1753) in base alla quale ogni specie è designata con due vocaboli soltanto, e non con una frase, il primo riferito al genere di appartenenza ed il secondo alla specie. In questo modo non si potevano creare confusioni o equivoci. Linneo, classificando circa 7300 specie vegetali in base ai loro organi riproduttivi (numero di stami, ovari, ecc.), gettò le basi per la tassonomia, ovvero la suddivisione del regno vegetale in vari gruppi, ognuno comprendente organismi con caratteristiche comuni. Tra il XVIII e il XIX secolo i botanici come B. de Jussieu e A. P. de Candolle elaborarono e svilupparono questo metodo e attraverso analisi meno empiriche, grazie anche al microscopio, hanno potuto ordinare tutte le piante conosciute fino ad arrivare nella seconda metà di questo secolo alla stesura dell'International code of botanical nomenclature. Con questo codice è stata definita la normativa che regola la nomenclatura delle piante: il nome di una specie, accompagnato da una chiara descrizione, deve essere pubblicato su una rivista qualificata e qualora la stessa specie sia stata denominata da più botanici, vale il nome pubblicato per primo. Sia il nome del genere che quelli della specie e della varietà devono essere scritti in corsivo (il primo con iniziale maiuscola). Melissa costantinopolitana Attualmente la nomenclatura ufficiale comprende circa 250.000 specie vegetali. Diverso è il discorso per le piante coltivate che in genere presentano, rispetto alle specie spontanee, delle differenze morfologiche che vengono conservate solo con la moltiplicazione vegetativa. Per questo motivo è stato redatto un codice apposito, l'International code of nomenclature for cultivated plants (1980), che comprende anche le «culti-var» ossia gli esemplari che presentano differenze, anche piccole, dalla specie di appartenenza, e che sono stati ottenuti mediante selezioni e incroci fatti artificialmente. Il loro nome è scritto in carattere tondo tra virgolette e segue il binomio generespecie. Se non si riesce a risalire alla specie, il nome della cultivar è preceduto solo dal genere di appartenenza (es. Prunus «Acco- Corona imperialis mulliflora ■ Marauiglia alia, seu Lactuca romana nigra sjfie fiore I disegni sono tratti dall'erbario dipinto di Ulisse Aldrovandi naturalista bolognese del Cinquecento lade»). Per gli ibridi, incroci tra due specie dello stesso genere, si interpone tra il nome del genere e quello della specie il segno X (Cytisus x beanii). Abbiamo già parlato delle categorie in cui sono suddivise le piante: il genere, che comprende piante affini, la specie, che include piante simili che possono fecondarsi tra loro, e la varietà. Può essere interessante conoscere il significato dei nomi dati a queste categorie. Per alcuni, tramandati da tempi lontani, non è facile, altri sono nomi di fantasia o più semplicemente il nome popolare «latinizzato». Ma molte piante posseggono nomi che hanno un certo senso; possono essere riferiti alla provenienza (Parrotia persica, Cedrus libani), commemorativi in ricordo di un personaggio famoso, dell'esploratore che scoprì la specie o del botanico che l'ha individuata (fìosta sieboldiana da P. von Siebold, Berberis darwinii da Darwin, Euonymus fortunei da Fortune), oppure relativi a caratteristiche botaniche, anatomiche o altri attributi (Liriodendron tulipifera con fiori a forma di tulipano, Ligustrum ovalifolium, Osmanthus fragrans, Buxus sempervirens), all'uso o all'ambiente in cui vive la specie. Può anche accadere che alcune specie vengano riclassificate dai botanici, per cui per un certo periodo sono indicate sia con il vecchio che con il nuovo nome. I vivaisti poi attualmente adottano nomi moderni per le nuove cultivar da loro selezionate; in questo caso il nome dovrebbe essere scritto in tondo ma senza essere racchiuso tra virgolette. Mario Vietti VL VC' VL .VC' Il Pinus Peuce (Pino di Macedonia) ha la chioma densa. I rami inferiori, spesso pesanti, sono disposti in modo ^ simmetrico. Altezza: fino a 20 m. FARE UN ERBARIO
Persone citate: Acco, Berberis, Fortune, Linneo, Mario Vietti, Ulisse Aldrovandi
Luoghi citati: Macedonia
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