Un asteroide più nero del carbone

Un asteroide più nero del carbone Un asteroide più nero del carbone IL grande successo e le impressionanti immagini del suolo marziano inviate a terra dal robot Sojourner hanno offuscato un altro grande appuntamento spaziale verificatosi una settimana prima: il fly-by da parte della sonda Near (NearEarth Asteroid Rendez-vous) dell'asteroide 253 Mathilde. Si tratta del terzo e più grande asteroide osservato da vicino da una sonda spaziale, ma, a differenza di 951 Gaspra e 243 Ida immortalati dalle telecamere della sonda Galileo in viaggio verso Giove e costituiti da rocce silicacee, Mathilde è formato prevalentemente da composti del carbonio e ha quindi un colore estremamente oscuro: riflette tra il 3 ed il 4% della luce del Sole, due volte meno del carbone. L'importanza dello studio di asteroidi di questo tipo risiede nel fatto che presumibilmente sono oggetti che nei 4,5 miliardi di anni di vita del Sistema Solare non hanno subito processi che possano aver alterato in maniera significativa la loro composizione originaria, e rappresentano quindi mi campione della materia di cui era costituita la nebulosa circumsolare da cui si è formato il nostro sistema planetario. La fascia degli asteroidi è formata da decine di migliaia di piccoli pianeti di composizione diversa (le dimensioni di quelli sinora scoperti vanno dai 950 km di Cerere sino a pochi chilo¬ metri), è localizzata tra le orbite di Marte e Giove ed ha una larghezza che supera i 150 milioni di chilometri. E' ormai certo che gli asteroidi sono corpi che a causa delle perturbazioni gravitazionali indotte dal vicino Giove non hanno potuto aggregarsi per formare il decimo pianeta e la varietà composizionale di questi oggetti ed i meccanismi che governano la loro evoluzione si sono rivelati negli ultimi decenni un potente strumento per studiare le fasi evolutive che hanno portato alla formazione del Sistema Solare come oggi lo conosciamo. L'obiettivo principale della sonda Near, lanciata nel febbraio 1996, e prima delle missioni a basso costo (150 milioni di dollari) del programma Discovery della Nasa, è 433 Eros, un asteroide di una ventina di chilometri di diametro che appartiene ad una numerosa famiglia di oggetti che non fanno parte della fascia principale, ma da cui quasi certamente provengono, le cui orbite si avvicinano e talvolta intersecano quelle della Terra, rappresentando quindi un potenziale pericolo per il nostro pianeta. L'appuntamento con Eros è previsto per il gennaio 1999 quando Near, raggiunto l'obiettivo, si immetterà in orbita ad esso ad una distanza di poche decine di chilometri per effettuarne uno studio estremamente dettagliato. Ed è proprio la necessità di te¬ nere bassi i costi della missione che ha portato Near nelle vicinanze di Mathilde. Infatti per risparmiare, il lancio fu effettuato con un vettore relativamente poco potente confidando nella spinta gravitazionale (gratuita) che verrà data alla sonda, per aumentarne l'inclinazione dell'orbita, nel gennaio del prossimo anno durante un suo passaggio ravvicinato con la Terra. Le immagini di Mathilde trasmesse da Near e riprese da una distanza di circa 1200 chilometri, ci hanno lasciati stupefatti. Quando, insieme ai colleghi del gruppo di Planetologia dell'Osservatorio di Torino, le abbiamo viste apparire sugli schermi del computer, la prima domanda che ci siamo posti è stata quella di come un oggetto delle dimensioni di poco superiori ai 50 km possa aver resistito senza andare in frantumi ad impatti che hanno scavato crateri di dimensioni paragonabili o addirittura superiori al suo raggio e profondi alcuni chilometri. Il più grande di questi ha un diametro di circa 30 km e si stima che sia profondo 10 - al suo interno potrebbe starci comodamente mia città come Torino, compresa la sua cintura. Si pensa che sia stato causato dalla collisione con un oggetto delle dimensioni di circa 3 km che viaggiava ad una velocità intorno ai 5 km/sec. (18.000 km/ora). Ma la maggiore sorpresa, e forse anche una spiegazione alle di- Pianetino vagante tra le orbite di Marte e Giove Eccezionale immagine di Mathilde, ripresa il 27 giugno '97 dalla distanza di 1200 chilometri mensioni dei crateri, è venuta qualche giorno dopo quando la sonda ha inviato a terra i primi dati che hanno permesso di determinare la massa di Mathilde. La misura è stata effettuata indirettamente grazie al rallentamento (1 millimetro al secondo) subito dalla sonda durante il passaggio ravvicinato e causato dal debole campo gravitazionale dell'asteroide. Da questa minuscola decelerazione è stato calcolato che la massa di Mathilde è di circa 100.000 miliardi di tonnellate, un milionesimo della Luna. Assumendo un diametro medio di 52 km (un valore preliminare determinato grazie alle immagini inviateci da Near), Mathilde ha una densità di 1,3 grammi al centimetro cubo - di poco superiore a quella dell'acqua. Ma le meteoriti di composizione analoga a quella di Mathilde e che con ogni probabilità provengono dalla fascia degli asteroidi, hanno una densità di 2,6 grammi al centimetro cubo. Sebbene la densità potrà aumentare una volta che si terrà conto della forma irregolare dell'asteroide, è improbabile che il valore finale possa alla fine avvicinarsi a quello suddetto. La spiegazione più plausibile è che Mathilde sia formata da un conglomerato di detriti poco compattati («ruble pile»). Se così fosse, sarebbe anche giustificata la presenza degli enormi crateri. Infatti, come dimostrato anche in laboratorio, l'energia dell'impatto su oggetti di questo tipo viene in buona parte dissipata dalla struttura non omogenea del bersaglio, evitando così la sua distruzione catastrofica. Le analisi teoriche ed i modelli numerici dimostrano che asteroidi di questo tipo possono esistere e la loro origine potrebbe essere dovuta alla riaccumulazione gravitazionale sul frammento di maggiori dimensioni rimasto dopo la distruzione catastrofica del corpo originario a causa di un impatto verificatosi in epoche remote. Per la verità il primo ad intuire che almeno alcuni asteroidi potevano essere formati da accumuli di frammenti tenuti assieme dalla reciproca attrazione gravitazionale fu Cari Barks, il più creativo e originale degli illustratori della Walt Disney. Barks infatti negli Anni 50 disegnò un fumetto in cui si vede Paperino che lanciatosi da un'astronave su un asteroide sprofonda in questo ammasso di frammenti e riappare dalla parte opposta dove viene salvato dal provvidenziale intervento di zio Paperone che lo raccoglie con una retina per farfalle. A partire dagli Anni 70 questa ipotesi ha raccolto molti consensi e adesso, grazie a Near, sembra anche che vi sia un riscontro osservativo diretto. Mario De Martino Osservatorio Astronomico di Torino A destra un vettore Ariane (per la messa in orbita di satelliti) sulla rampa di lancio a Kourou, nella Guiana francese nell'agosto del 1992 UNA delle richieste emerse con più chiarezza dall'incontro nazionale su «La ricerca scientifica in Asi: 1998 2002», tenutosi venerdì 11 luglio nell'aula convegni del Cnr, è stata quella di una più efficace informazione del pubblico circa gli ..viluppi della ricerca spaziale in Italia. Questo breve resoconto . uolc essere una prima risposta a questa esigenza. L'occasione era particolarmente significativa, in quanto si è trattato della prima volta in cui la comunità scientifica, le maggiori industrie coinvolte in attività spaziali e l'Agenzia hanno avuto modo di confrontarsi in un incontro di ampio respiro. 11 presidente di Asi, prof. De Julio, ha aperto i lavori presentando i criteri base del Piano spaziale nazionale (Psn) che dovrà coprire il quinquennio 1998-2002. Tra le note positive, il presidente ha ricordato le delibere del Comitato intermimsteriale per la programmazione economica (Cipe) che fissano, seppur in marnerà indicativa, la disponibilità finanziaria di Asi RICERCA E MISSIONI SCIENTIFICHE

Persone citate: Barks, De Julio, Giove, Mario De Martino Osservatorio, Sojourner, Walt Disney

Luoghi citati: Italia, Torino