Elvis una lunga infelicità

DUE DETECTIVE SULLE TRACCE DI UN MITO IL CASO DUE DETECTIVE SULLE TRACCE DI UN MITO a 20 anni dalla morte, un libro rivela gli ultimi segreti della rockstar Elvis, una lunga infelicità Le ultime verità sui misteri d'una vita CLONDRA. HE cosa resta ancora da scrutare dietro le finestre di Graceland a vent'anni dalla morte di Elvis? Alcuni fan testardi vi cercano Presley in persona, sicuri che non sia mai defunto. Due giornalisti americani, invece, hanno deciso che la geografia ufficiale non offriva niente di nuovo per dissipare dubbi e paranoie sulla fine del re del rock. Razzolando lontano da Memphis, hanno trovato documenti decisivi: il referto dell'autopsia e l'unica copia di un dossier segreto sulla storia clinica di Presley, commissionato da un tribunale. , Responso: quel 16 agosto 1977 Elvis non è morto di overdose, ma di infarto. Sul colpo. La dieta a base di bombe caloriche è stata persino più letale dell'inferno farmaceutico in cui il nostro era disceso prima di quanto si pensasse. Dalla morfina era però diventato completamente dipendente solo all'inizio degli Anni Settanta, quando un terapista occasionale gliene aveva iniettate dosi da cavallo combinate con il cortisone: apparentemente attraverso l'agopuntura e a insaputa di Presley. Sconvolto quando venne a sapere di quella pericolosa cura, il medico personale di Elvis, George Nichopoulos, si fece in quattro per disintossicare il suo paziente con placebo e ricoveri, senza perderlo d'occhio. In un libro che uscirà tra qualche giorno a Londra da Heinemann con U titolo «Down at the End of Lonely Street», Peter Brown e Pat Broeske utilizzano per intero questo nuovo materiale, arricchito dalle testimonianze degli intimi di Elvis. La conclusione appare definitiva: secondo un eminente patologo, Joseph Davis, il famoso cocktail di medicine era stato ingerito da Presley alcune ore prima e non avrebbe potuto provocare un'overdose così tardiva. Inoltre non vi era traccia di edema polmonare, che quando compare è un sicuro segno di overdose. Al momento della morte, Elvis pesava 170 chili, molti dei quali messi su negli ultimi due mesi. Le sue arterie rassomigliavano a quelle di un uomo di ottant'anni: i sandwich di burro d'arachidi da 46 mila calorie avevano contribuito a indurirle come tronchi. Il suo cuore era terribilmente affaticato, ingrossato in modo abnorme dagli eccessi di cibo e psicofarmaci. E' straziante leggere come i paramedici del Baptist Hospital le abbiano provate tutte per rianimare il suo cadavere, già irrigidito dalla morte al punto che era impossibile intubarlo. Sono riusciti per ben due volte a provocare quattro deboli battiti cardiaci col defibrillatore, prima di arrendersi. Commenta Davis: «Il rigor mortis era cominciato due ore prima. In una morte per overdose non ci sarebbe probabilmente neppure stato. L'unica cosa che avrebbe ucciso Elvis a quella velocità sarebbe stata l'eroina, ma nel suo organismo non c'era nessun residuo». La cosa più interessante che sostengono i biografi è che il degrado del fisico di Elvis era stato graduale solo fino a un certo punto. La svolta fatale avvenne intorno al 1973: a quell'epoca Elvis conosceva benissimo le «pillole da ricreazione», ma secondo i biografi riusciva anche a stame senza. Invece fu un medico di Los Angeles che lo rese dipendente dagli oppiacei durante sei settimane di sedute di «agopuntura» per alleviargli il mal di schiena: allo stesso tempo, gli iniettò massicce dosi di cortisone e Demerol e finì per assuefarlo. Oggi l'autorevole tossicologo Forest Tennant commenta: «La cosa più importante da capire in questa tragedia è che l'organismo di Elvis aveva subito tragici cambiamenti biologici a causa di questa pericolosa combinazione. Continuare questa cura per più di dieci giorni significa rendere il paziente biologicamente dipendente dagli oppiacei». Poco tempo dopo, il dottor Nichopoulos prese in cura Elvis e s'insospettì quando gli vide il didietro martoriato dalle iniezioni. «Credevo che mi avessero curato solo con gli aghi», disse Presley. «Non credo proprio, figliolo», gli rispose il dottore. Nichopoulos è secondo i biografi la figura più ingiustamente bistrattata della storiografia di Elvis: da questo libro esce invece come un uomo che si è dato da fare per rimediare a disastri già avvenuti. Era arrivato per rimetterlo in quadro dai postumi della prima e quasi fatale overdose in una suite dell'Hilton di Las Vegas (il libro ricostruisce anche per la prima volta con certezza quel dramma: Elvis, in coma, era stato curato sul posto da un altro medico con un potente antidoto di solito somministrato ai malati terminali per evitare un ricovero al pronto soccorso che avrebbe fatto scandalo). Le novità sulla fine di Elvis si intrecciano con quelle sulla sua vita. «Il re» aveva profetizzato masochisticamente che non sarebbe sopravvissuto ai 42 anni, come sua madre. Gladys Presley in realtà ne aveva 46 quando morì di cirrosi epatica, e non di attacco cardiaco secondo la versione ufficiale. Fu distrutta dal bere e dalle anfetamine in cui si era rifugiata per dimenticare gli abusi e i tradimenti del marito. Suo figlio la adorava. Una volta sbatté contro 0 muro il padre dopo averle scoperto alcuni lividi sul collo: «Se le fai del male ti ammazzo!», aveva urlato quel ragazzone devoto. Ma le litigate violente continuavano. L'infelice Gladys, secondo sua sorella maggiore Lillian, beveva birra tutto il giorno, ma si vergognava di farsi vedere in quello stato da suo figlio e nascondeva le lattine. Sua madre era stata la colonna portante della sua esistenza. Dopo la sua morte Elvis rimase per sempre soggetto ad attacchi di depressione e lievemente psicotico. Dal ragazzo perbene che era, si trasformò in predatore sessuale. Il dolore lo portò alla deriva. Rientrato in Germania per finire il servizio militare, di notte si trasformava in playboy scavezzacollo: il mito del «soldato modello» è infranto anche dal fatto che Elvis sosteneva gli eccessi con barattoli di anfetamine, a cui anche i commilitoni attingevano liberamente. «Il re» era così ingenuo da credere che le pillole, prescritte di straforo da un dottore, fossero completamente innocue. Ma ci sono altre sorprese nel libro di Brown e Broeske. L'agiografia vuole che nel 1968 Elvis abbia chiesto in ginocchio la mano di Priscilla Beaulieu, con cui conviveva da cinque anni. Secondo gli autori, Elvis era invece riluttante a sposarsi ma temeva che il padre della fidanzata gli rovinasse la carriera se lui non avesse mantenuto la promessa di portarla all'altare. La nascita della figlia Lisa Marie mise precocemente fine all'armonia coniugale: Elvis aveva una fobia sessuale verso le donne che avevano partorito. Mentre lui si dava ad avventure occasionali, Priscilla si disperava nel suo casto purgatorio di moglie. Il piedestallo su cui Elvis la aveva messa per adorarla come aveva adorato sua madre fu la rovina del loro matrimonio. Maria Chiara Bonazzi Morte per infarto e non per overdose Iniziato alla droga con l'agopuntura Madre alcolizzata e matrimonio casto 1 Luglio 1997 CTIVE CCE O Elvis Presley: in agosto ricorrono i vent'anni dalla morte. L'America prepara dischi, libri e celebrazioni LONDRA. ncora da scrunestre di Grala morte di El dieta a base di ata persino più armaceutico in sceso prima di Dalla morfina completamente Sa 20 anElvLe uDIMe nIncoMe m Elvis Presley: in agosto ricorrono i vent'anni dalla morte. L'America prepara dischi, libri e celebrazioni

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