«Ecco i giudici che ci aiutavano»
Sui nomi dei magistrati scontro tra il presidente e i pm. e Caselli protesta per telefono Sui nomi dei magistrati scontro tra il presidente e i pm. e Caselli protesta per telefono «Ecco i giudici che ci aiutavano» Brusca: per quello che so, il senatore è colluso ROMA. Il giudice a latere del maxiprocesso di appello a Cosa Nostra Alberto Libertino Russo, attuale consigliere del Csm, avrebbe fornito informazioni sull'andamento del dibattimento al boss Bernardo Brusca attraverso alcuni medici. Lo ha detto Giovanni Brusca - rispondendo ad una domanda dell'avvocato Franco Coppi sui canali utilizzati dai mafiosi per condizionare la sentenza del maxiprocesso - interrogato per il secondo giorno consecutivo in veste di imputato di reato connesso al processo per mafia contro Andreotti che si celebra a Rebibbia. «Mio padre era riuscito a fare pressioni su questo giudice, dal quale attingeva notizie attraverso suoi amici medici del reparto di chirugia vascolare dell'ospedale Civico di Palermo». Il «dichiarante» ha rivelato di avere parlato con Nino Gioè, morto suicida, di un progetto di sequestro di uno dei figli di Andreotti. «Gioè diceva: dobbiamo farlo soffrire come soffrono i figli dei detenuti». Ricostruendo i suoi progetti depistanti, avviati all'inizio della sua collaborazione, Brusca ha ammesso di avere detto ai magistrati che il «bacio» tra Riina e Andreotti era «una stronzata». «Ma lo dissi sempre nell'ambito del progetto di screditamento delle dichiarazioni di Di Maggio. A me non interessava la posizione processuale di Andreotti. E nessuno mi ha mai offerto denaro per accusarlo». Immediata la reazione di Libertino Russo; «Che informazioni avrei dato, su come si svolgevano le udienze che erano pubbliche? E' ridicolo. I giudici parlano solo attraverso le sentenze. Brusca o chi gli ha parlato di me vadano a leggersi la sentenza del maxi processo e vadano a informarsi dei pericoli che correvo, visto che ero considerato il duro della Corte d'Assise d'appello, ragione per la quale da allora sono sotto scorta. Hanno sbagliato obiettivo, cercano nomi a casaccio che possano suscitare interesse». Brusca, colpito da un «ritorno di fiamma», ha raccontato l'uccisione del piccolo Di Matteo, e di come tentò di impedire che un laccio gli venisse stretto al collo. «Per lui, per Giuseppe, chiedo perdono a Dio e se potessi tornerei indietro. Ma ai genitori no, non sono disposto a chiedere perdono». «E ai familiari di tutte le altre vittime da lei uccise?», gli ha chiesto Coppi. «Per loro ho già chiesto perdono a Dio, chiederglielo direttamente sarebbe ipocrita. E poi non ho mai ucciso per fatti personali, ma solo per ragioni di Cosa Nostra». Sequestrato per oltre due anni e assassinato su suo ordine, Giuseppe era figlio di Santo Di Matteo, pentito di Altofonte, il primo a svelare il ruolo di Brusca nella strage di Capaci. «Dopo avere dato l'ordine di uccidere il bambino - ha rivelato Brusca - ebbi un ripensamento. Tentai di fermare i miei uomini, ma era sera, la catena di persone che avrebbero dovuto portare il messaggio non riuscì ad avviarsi. Quando andai l'indomani mi dissero che era stato fatto tutto». Brusca ha rivelato di avere tenta¬ to di corrompere, promettendo un miliardo, il presidente Carnevale, per ottenere una sentenza favorevole al maxi-processo. «Contattammo due avvocati, Lapis e Franz Maria Russo, a quest'ultimo consegnai un acconto di cento milioni, mi disse che Carnevale poteva manovrare dietro le quinte. Il primo avvocato lo aveva segnalato padre Giglio, sacerdote del mio paese, il secondo Peppino Farinella. Io non ero convinto, poi il maxi andò male, e cento milioni vennero restituiti». Ieri i due legali, Lupis (e non Lapis come ricorda Brusca), hanno respinto le accuse e annunciato querele. Brusca ha poi precisato che Cosa Nostra «sperava» che l'uccisione di Falcone fosse eseguita «in tempo per influire sulla scelta del presidente della Repubblica. Ma la data fu casuale, la strage l'avremmo dovuta fare comunque. Abbiamo preso due piccioni con una fava». Alla prima pausa Andreotti ha lasciato l'aula dichiarando: «Non mi sembra che questi tre giorni siano andati poi così male». Alla ripresa Brusca parla di lui: «Che Andreotti avesse sporcizie, questo non lo so, che era amico di Salvo Lima lo sapeva tutto il mondo e che Lima godeva dei vantaggi legati ai rapporti con i cugini Salvo per me era scontato. Dunque, per quelle che sono le mie conoscenze, Andreotti è colluso con la mafia». L'avvocato Coppi ha poi chiesto a Brusca di rivelare i nomi dei magistrati collusi, ma i pm si sono opposti. Il presidente Ingargiola ha ammesso la domanda, provocando così l'intervento telefonico del procuratore Caselli che da Palermo ha fatto sapere che ci sono «indagini in corso da parte di altre procure». Alla fine di un vivace scambio tra il pm Natoh e la difesa, Brusca ha ripreso a parlare aggiungendo i nomi di Salvatore Curti Giardina e Vincenzo Paino (deceduto), ex procuratori a Palermo. Al termine del controesame, il processo è stato rinviato a Palermo al 16 settembre, subito dopo il periodo feriale. Ir. cri.] A destra il senatore Andreotti ieri all'uscita dall'aula bunker di Rebibbia Sopra il pm Natoli, fotografato durante una pausa dell'udienza
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