«Scendeva veloce, come senza freni»

«Scendeva veloce, come sema freni» A UN PASSO DALLA TRAGEDIA «Scendeva veloce, come sema freni» / viaggiatori: che paura quei colpi sulla pista FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Non c'è più molto da guardare, adesso che Jean Remy Cuculier finisce con la sua schiena nuda seduto sulla barella, con il collo intrappolato da un asciugamano, forse, o da una fascia. Oh mamma mia, ripeteva Angela quando la portavano via, «era la prima volta, mamma mia». Non c'è più molto da guardare, l'ambulanza chiude il portello, e ora ha smesso di fumare la carlinga, ha smesso di schiumare, e non ci sono più vapori sotto il cielo, e non c'è altro che questo aereo affacciato sulle strade delle vacanze, con le sue lamiere contorte, il suo muso segato, il suo computer di bordo nudo, ormai inutile, davanti al cielo dell'estate, assieme al suo equipaggio di sopravvissuti, catapultati in un'altra vita, mercoledì 30 luglio, alle 10,40. L'ambulanza urla e il comandante Cuculier corre verso l'ospedale. Angela Loria piangeva che non ci salirà mai più su un aereo, «questa era la prima volta, mammamia». E alla sua prima volta, è successo che questo bimotore ha ronzato come una zanzara quando apriva il cielo di Nizza per partire, e alla fine del viaggio «s'è come inginocchiato sulla pista di Firenze Peretola», ha raccontato Alain Renard, «è pazzesco, vero?», ed è scivolato fuori, è entrato in autostrada e s'è fermato lì. Ha lasciato questo strano incubo a 14 passeggeri, una hostess e il copilota. Forse non ha lasciato più niente al comandante: sta morendo. E a mezzogiorno, nel vento di scirocco, c'era solo questo Atr-42 piantato su un'autostrada, come un treno che deraglia, come un mostro che impazzisce. «Andava troppo veloce», diranno i passeggeri, «sembrava scivolare, come se avesse rotto i freni». Questa specie di lombrico tutto pieno di colori, rosso blu bianco e verde, con i due seggiolini inclinati in avanti e le cloches abbassate, con il suo muso sbilenco appoggiato sulla Firenze- mare, lui solo a guardare da vicino altra gente che corre e che fino a pochi minuti prima puntava dall'alto, con grande indifferenza, come fanno tutti gli aerei del mondo quando calano dal loro spazio verso il nostro. Questo era sceso mentre Angela Loria, 18 anni, da Bordeaux, cercava di allungare il naso verso il finestrino.JLe case, le strade si facevano sempre più vicine, più grandi. «E' successo tutto così velocemente che non ho fatto in tempo a rendermi conto di niente. Lo racconto adesso perché me lo chiedete e allora fotografo il ricordo, il momento in cui ho avuto paura. Io ho visto la pista che correva, ma era la prima volta che ero su un aereo e pensavo fosse normale. Poi mi sembrava che l'aereo sobbalzasse e dopo ogni colpo si facesse più basso, ma non ne sono sicura, perdonatemi. Io sono sicura che la pista correva, correva. E d'un colpo è finita. Allora ho avuto paura. E' qui che c'è stato l'impatto». Dall'autostrada, Ermanno Pardini, 45 anni, da Camaiore, autista di bus, ha inchiodato proprio in quel momento il suo pullman della Lazzi a pochi metri dal muso dell'Atr-42: «L'ho visto venire verso di noi a ruota libera, diomio, e non sembrava nemmeno stesse frenando. Ero io che frenavo con tutta la forza che avevo come se volessi farlo anche per lui. Ha divelto la rete di protezione, poi s'è come alzato, quando è andato a sbattere su un piccolo poggio e si è fermato sulla corsia di emergenza, davanti a noi». Pardini è sceso dal bus, s'è avvicinato all'aereo. Anche Fiamma Folli è scesa dalla sua Twingo, che aveva inchiodato dietro al pullman: «Avevo sentito un gran botto, e avevo visto quel muso dell'aereo davanti a noi. Non riuscivo a credere a quel che vedevo». Beh, era un'immagine surreale, dice. Dentro, era tutto chiuso. «C'erano scene di panico», racconterà Marie Thérèse Lucette, «perché alcuni di noi non s'erano accorti di quello che era realmente successo, e forse pensavano che fosse un incidente più grave e avevano paura che l'aereo saltasse o che capitasse ancora qualcos'altro di brutto». C'era chi chiedeva aiuto, chi gemeva. Poi, sono arrivati i soccorsi e i pompieri hanno cominciato a segare il muso del bimotore per liberare i due piloti. Aline Boniface, la hostess, ha fatto scendere tutti i passeggeri, li ha aiutati uno per uno. Poi è crollata. «Ma è impossibile», ripeteva come un'automa. «E' impossibile, com'è potuto succedere?». Emanuel Patrice Bertet è uno dei primi che si affaccia sul prato ai bordi dell'autostrada: ha il naso rotto e la custodia con il suo violino che non lascia mai) che si porta dietro anche in ospedale, e di nuovo qui, quando li riaccompagnano per farli ascoltare dal magistrato. Emanuel dice che non ha avuto paura, anche se il naso gli fa tanto male, perché non c'è stato tempo: «E' successo tutto così velocemente. Eravamo tutti seduti con le cinture allacciate. Io avevo male, c'era qualcuno che gridava, ma io avevo male ed ero vivo. Ho pensato subito questo, che ero vivo». Adesso la cabina di guida è tagliata, con i suoi colori, i suoi seggiolini inclinati, tutto il suo mondo computerizzato, freddo, preciso. Mezzogiorno è già andato via. Alain Blayer, il copilota, aveva la bocca sanguinante. Il comandante, accanto a lui, fissava i soccorsi con lo sguardo perso, il collo piegato. Ora li hanno calati, lentamente. Mentre Marc Paul Aseguinozaza cercava di mettere a fuoco la memoria: «Veniva giù veloce e inclinato. Troppo veloce e inclinato. Questo è un piccolo aereo ed è sceso troppo rapidamente in rapporto al suo peso». E Alain Renard, altro passeggero: «Quando ha preso terra ha fatto un sobbalzo, e poi si è rialzato e ha fatto un secondo sobbalzo, Allora è avvenuta una cosa strana, perché a me sembrava che a quel punto l'aereo si stesse inginocchiando. Io ho avuto l'impressione che l'aereo andasse molto forte e come se la cloche fosse spin¬ ta in avanti». Dicevano tutti che avevano avuto un gran spavento, che era stato terribile. Marie Thérèse Lucette, la moglie di Aseguinozaza, piangeva. E anche Christiane Marchais piangeva. «Andava molto veloce, non so, correva correva». Era per questo che Angela Loria diceva che era una cosa strana, «perché ci sembrava di scivolare, come se si fossero rotti i freni. Uno quando pensa a un incidente aereo, si immagina di precipitare. Invece no. Ci sembrava di non poterci fermare, di andare via verso qualcosa, contro qualcosa». I sopravvissuti, quando parlano, non guardano mai su, verso il cielo. Hanno cerotti sulla fronte e labbra sanguinanti. Il cielo è sgombro, spazzato dallo scirocco. E poi qui sopra oggi gli aerei non volano più. Non c'è più molto da guardare, da questa parte. Pierangelo Sapegno L'autista del pullman: «Sembrava che ci puntasse, ho frenato con tutta la forza che avevo, si è fermato a pochissimo da noi» ATTERRAGGI FUORI PISTA 30 novembre 1993. A La- wrenceville (Usa), un aereo da turismo con problemi al motore atterra sull'autostrada 316. 24 maggio 1994. Tra Aix-enProvence e Marsiglia (Francia) un monomotore Robin, in difficoltà per un violento temporale, atterra sull'autostrada. 11 settembre 1994. Nei pressi dell'aeroporto di Tassignano (Lucca), un Ms 887 compie un atterraggio di fortuna in un campo adiacente l'autostrada Firenze-Mare. 24 novembre 1995. A San Paolo (Brasile), un Cessna ha i motori in panne e si schianta su una strada del quartiere periferico di Santana esplodendo. I sei passeggeri del velivolo muoiono. 27 marzo 1996. Tra Caleta Olivia e Fitz Roy (Argentina), un G 222 dell'esercito atterra sulla strada statale 3 della Patagonia perché si spengono i motori. 17 luglio 1996. Nei pressi di Beilen (Olanda), un aereo da turismo atterra sull'autostrada A28 per rifornirsi di carburante in una stazione di servizio. L'Atr-42 dell'«Air Littoral» semidistrutto