In cinquemila per 255 posti di bidello di Marco Sartorelli

I primi sono arrivati alle 7: «Essere assunti vorrebbe dire fare tredici alla schedina» I primi sono arrivati alle 7: «Essere assunti vorrebbe dire fare tredici alla schedina» In cinquemila per 255 posti di bidello Tutto esaurito al Palasport In cinquemila, per 255 posti da bidello - ancora definito «operatore servizi educativi e culturali» nei bandi comunali - hanno riempito ieri mattina il palazzotto dello sport di parco Ruffini. I primi sono arrivati alle 7, la «chiamata pubblica», sulla base del punteggio più basso, è cominciata alle 9. Alle 9 e 15 era impossibile parcheggiare l'auto a meno di un chilometro dal parco. I veterani, che non mancano un appuntamento con il sogno di avere un lavoro, spiegano: «Si richiede soltanto la licenza media, c'è in palio uno stipendio "eterno" di un milione e trecentomila lire e sono almeno dieci anni che il Comune non cerca tante persone per un posto di lavoro così ambito: bidello. Essere assunti vorrebbe dire fare tredici alla schedina e mettersi a posto per sempre». Lo dice Bruno Passariello, 56 anni, un lavoro saltuario nei cantieri. Lui ha accompagnato la moglie «54 anni, iscritta al collocamento dal 1981. Se non trova lavoro almeno lei, non so come faremo...». Non lo sa nemmeno Rosaria Melano, 40 anni, come farà. «Il mio punteggio è 1001. Non so se mi chiameranno». Agita davanti al volto il libretto di lavoro e racconta: «Sono disoccupata da 7 anni. Ho cinque figli. Vado avanti con il sussidio dell'assistenza sociale: 363 mila lire al mese». Ripete: «363 mila lire al mese». Spiega: «Come faccio? Non mi vergogno: vado a mangiare alla mensa della parrocchia Sacro Cuore di Gesù. Poi mi presento davanti alle chiese a chiedere l'elemosina. Non posso fare altro». Seduta a pochi metri di distanza, sperando che gli altoparlanti facciano rimbombare all'infinito il proprio nome, è seduta Pina Marcelli. Un'altra storia, che cerca disperatamente un lieto fine: «Ho 40 anni, un figlio di 7, sono separata. C'è stato un periodo in cui ho lavorato: dieci anni all'Aurora, l'azienda delle penne. Quando hanno ridotto l'organico ho perso il lavoro. Ho lavorato come "becchina", come giardiniera nelle scuole. Adesso sopravvivo perché convivo con i miei genitori». Ma il suo punteggio è troppo alto: «1038, anche questa volta non ce la farò...». E non si illude nemmeno Marcella Diolosà, «anni 29, punteggio 981 e speranza zero». Si è presentata all'appuntamento al palazzetto dello sport con un due ore di anticipo: «Prevedevo l'arrembaggio...». Non si capisce quanto stia scherzando quando dice sorridendo: «Sarei disposta a dare un rene in cambio di un posto di lavoro». Poi, seria, ri¬ pete: «Sarei disposta a dare un rene per un posto di lavoro. Fisso». Quelli seduti accanto annuiscono. Marco Sartorelli A fianco, Rosaria Melano mostra il suo libretto di lavoro. Foto grande, un'immagine della folla che occupava le gradinate del Palazzetto dello sport del Parco Ruffini

Persone citate: Bruno Passariello, Marcella Diolosà, Pina Marcelli, Rosaria Melano, Ruffini