« Cerchiamo di non rischiare » di Angelo Conti

U INTERVISTA UN TOPO D'ALLOGGIO « Cerchiamo di non rischiare » // ladro-, non entriamo se la casa pare abitata IVIO di Capile, statale 24. L'appuntamento con Ilir è qui, vicino ai cartelli stradali, alle 8 del mattino. «Devi essere puntuale - si era raccomandato -. Perché posso dedicarti solo mezz'ora. Poi devo andare a lavorare e il padrone non ammette ritardi». E sono proprio le 8 quando una Renault grigia, scassata ma non troppo, si accosta al ciglio della strada: «Ti racconto quel che so, ma sia chiaro che è tutta roba del passato. Adesso ho cambiato vita». Ilir, 32 anni, albanese di Elbasan, faceva il ladro. «Sì, il ladro. Soltanto appartamenti, e solo case vuote. Non ho mai voluto correre del rischi inutili». Ecco dunque un vero esperto, utile a fare il punto sui furti in casa, visti però dall'altra parte. Quando hai cominciato? «Nel gennaio del '95, appena arrivato in Italia. No, niente gommone, d'inverno il mare.è agitato: sono uscito dall'Albania a piedi, entrando in Montenegro, poi ho fatto l'autostop sino al confine di Trieste. Ho passato la frontiera sul furgone di un ortolano, in mezzo all'insalata. Ha voluto 200 mila lire». Ma perché cominciare subito a rubare? Perché la Valle disusa? «Sono venuto qui perché a Gravere abitava un mio amico. Mi ha dato qualche consigliò, soprattutto mi ha spiegato che non c'era lavoro. Che dovevo arrangiarmi a rubare. Io ho insistito, lo giuro, volevo fare il muratore, il mestiere che facevo in Albania. Per una settimana sono rimasto chiuso in una stanza, che mi avevano trovato in una specie di baita. Quando è finita la legna, il mio amico mi ha detto che dovevo arrangiarmi. Così sono andato a rubare la prima fascina». Dalla fascina alle pellicce, ai televisori, ai videoregistratori. Il salto è stato breve? «No, nient'affatto. All'inizio rubavo la legna e svuotavo il frigorifero. Erano furti per sopravvivere. Solo dopo ho cominciato a scegliere alloggi e villette dei turisti». Come agite, di solito? «In piccoli gruppi. Tre è il numero migliore: uno fa da palo, due lavorano. Si cerca di arrivare con due auto diverse, così al ritorno la prima fa da staffetta e la seconda porta la refurtiva. I contatti li teniamo con i telefoni cellulari, ma possono bastare anche i fari». Perché, una volta svaligiata una villa, si punta spesso a svaligiare anche quella accanto. Non è rischioso? «No, tutt'altro. Perché il rischio autentico non è mai nel momento del furto, ma in quello del successivo trasporto della refurtiva. Quindi è meglio fare un carico notevole e un viaggio solo, piuttosto che tanti piccoli carichi e tanti viaggi». Quali case scartavi? «Innanzitutto quelle vicino a bar e ristoranti, poi quelle con i cani che non ho mai voluto avvelenare. C'è chi lo fa, ma capita spesso che l'animale prima di morire si lamenti, attirando l'attenzione di qualcuno. Quanto alle ville preferivo quelle ad un solo piano, e gli alloggi al primo o al secondo. Comunque, se cerchi un consiglio per evitare furti, meglio sempre generare un dubbio: una lampada, ima musica, un paio di mutande stese. Nessuno vuole rischiare». E la refurtiva? «Bisogna portarla per forza a Torino, in valle non c'è modo di piazzarla. E questo è un altro guaio. Ma una volta in città non è diffìcile: i marocchini comprano di tutto. I prezzi sono bassi: un televisore 20-30 mila lire, un cellulare di marca 50 mila lire, un videregistratore fra 50 e 100, un computer fra 100 e 200, una pelliccia anche 300 mila lire. I gioielli non hanno prezzi fissi, chi sa riconoscere le pietre fa grossi affari». In Albania non mandavi nulla? «Soldi. A Torino cambiamo le lire in dollari, che mandiamo a casa attraverso alcuni di noi che, con il permesso di soggiorno a posto, possono fare frequenti viaggi. Sì, 10 fanno di mestiere, trattengono 11 10 % di quanto trasportano. Ma è comunque un affare, perché il dollaro sul mercato nero in Albania, può spuntare anche il 20% in più del cambio ufficiale». Perché hai smesso? «Perché è un lavoro che non paga. Poi una notte mi hanno fermato i carabinieri, avevo in tasca un coltello e il libretto di circolazione di un'auto rubata. Mi hanno arrestato, sono stato dentro due settimane. Quando sono uscito ho trovato un lavoro serio: faccio il carrozziere 10 ore al giorno, ma va bene così. A rubare non penso più, anche se tanti miei connazionali lo fanno ancora. Adesso vorrei un'occupazione con i libretti, un permesso di soggiorno, la possibilità di far venire qui mia madre. Fare il ladro mi è servito per sopravvivere, ma non si può rubare per tutta la vita». Angelo Conti

Luoghi citati: Albania, Gravere, Italia, Montenegro, Torino, Trieste