Indagini sulla donna di Picabia. Esame di coscienza per la Svizzera

Indagini sulla donna di Picabia. Esame di coscienza per la Svizzera lettere AL GIORNALE Indagini sulla donna di Picabia. Esame di coscienza per la Svizzera «Falsa? Nessuna prova ma slogan e inesattezze» Scrivo a proposito dell'articolo «Falsa donna di Picabia esposta a Verona», apparso sulla Stampa lunedì 21 luglio, a firma di Mirella Appiotti. Tralascio di commentare le dichiarazioni di Enrico Baj riportate, perché i giochi sono belli, ma meglio farebbe il nostro se si attenesse a quelli patafisici. Femme aux allumettes, presumibilmente databile tra il '25 e il '28, l'opera di cui alcuni sospettano l'autenticità, ha ottime provenienze: basterà citare Michael Kewenig e Hans Neuendorf, unanimemente stimati e di certo non gli ultimi arrivati per quanto riguarda la conoscenza di Picabia. Si tratta peraltro di un lavoro che circola da anni e a proposito del quale, che io sappia, non è stata finora intentata nessuna azione tesa a dimostrarne la non autenticità. Ho saputo via fax dell'insorgere di dubbi solo il giorno prima della vernice. Ho più volte sollecitato riscontri non improvvisati, che permettessero di avere un quadro chiaro o per lo meno convincente relativamente ai sospetti che graverebbero sull'opera. Al momento ho ricevuto solo «slogans» e vaghe dichiarazioni, ma soprattutto ho dovuto dispiacermi di leggere gravi inesattezze, che ancora m'inducono a pensare che si tratti di un abbaglio o addirittura di uno scambio di persona, cioè di «femme». Qualche esempio. Mi si comunica, e ciò è ben noto alle redazioni dei giornali italiani, che l'opera è stata pubblicata nel catalogo della mostra di Dusseldorf del 1983 (presso la Kunsthalle), e in seguito ritirata dalle sale in quanto sospettata d'inautenticità. Ciò è falso. E' sufficiente consultare quella pubblicazione e verificarlo. Mi si comunica che l'opera non è pubblicata nel catalogo generale. Ma questo catalogo non esiste ancora e forse il primo volume uscirà fra qualche anno. A questo punto ci si rifugia su una monografia, che è tutt'altra cosa e in ordine alla quale, a suo tempo, mi par di sapere che sian sorte contestazioni proprio con alcuni degli attuali componenti del Comitato Pi- cabia. L'artista Lebel mi scrive, testuale, che «il grande clip metallico (nell'occhio di destra)» non esisteva all'epoca. Ma invece le clips sono piccole, non sono portasoldi, ma portacarte, e sono tra loro assolutamente identiche. Di quale opera parla Lebel? Baj nemmeno se lo domanda. Io sì, perché ne ho il dovere. Insomma, da Dada a Dada. Ma noi abbiamo delle responsabilità e ci muoviamo con i piedi di piombo, come è d'obbligo per un'Istituzione Culturale, la quale deve coadiuvare la chiarezza ma non può partecipare per l'uno o per l'altro dei contendenti, né affossare un'opera sulla base di elementi al momento errati, insignificanti o del tutto irrazionali. Attendiamo chiarezza senza partigianeria per nessuno e cerchiamo di facilitare, con il nostro atteggiamento privo di qualsivoglia convinzione preconcetta, uno studio serio e comparato. Mirella Appiotti ha scritto di Palazzo Forti come di una «sinora molto apprezzata sede espositiva». Grazie. Ritengo che in futuro sarà ancor più apprezzata proprio per il fatto di non sottostare a pressioni ingiustificate, di qualsiasi genere e da qualsiasi parte provengano, e per il fatto di porsi come luogo e occasione di serena e pacata verifica e ricerca, e non come palcoscenico per affrettate decisioni e narcisistiche certezze. prof. Giorgio Cortenova, Verona direttore della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti Un Paese che offre solidarietà e affetto La Svizzera ha quantomai bisogno di rinnovare la propria neutralità. Una necessità avvertita da tempo nel Paese, che un avvenimento come quello degli averi ebraici depositati nelle banche svizzere durante la seconda guerra mondiale può contribuire a promuovere. Credo tuttavia che bisognerebbe guardare alla Svizzera con minori pregiudizi. Giudicare oggi compiutamente fatti avvenuti cinquant'anni fa non è cosa semplice né tantomeno sbrigativa. Il famoso rapporto Eizenstat, accanto alle verità fa affermazioni che sono perlomeno discutibili: mi si può dimostrare che la collaborazione della Svizzera al regime nazista ha effettivamente prolungato la guerra? Chi mi garantisce che la guerra non sia durata più a lungo a causa invece della collaborazione che esisteva fra grandi industrie americane e lo stesso regime nazionalsocialista? A me pare che la Svizzera abbia iniziato uno sforzo non indifferente e soprattutto sincero per rivisitare la propria storia e far emergere le proprie colpe. Forse è uno sforzo che si percepisce meno all'estero, dove poco si parla delle migliaia di ebrei e di persone provenienti da molti Paesi europei che sono state salvate dalla Svizzera durante la seconda guerra mondiale; così come poco si parla della collaborazione che la Svizzera ha fornito in quegli anni ai Paesi alleati contro la Germania. In questi mesi non ho mai letto una riga, un parere di qualche famoso esperto storico che dicesse se a quell'epoca la Svizzera poteva fare altrimenti: che sarebbe successo in Europa se la Svizzera fosse stata invasa dai nazisti? E poi finiamola di descrivere la Svizzera come Paese chiuso a riccio: quasi il 20% della popolazione che vive oggi in Svizzera proviene da Paesi esteri. I miei genitori emigrarono dall'Italia negli ultimi Anni 50 per trovare un futuro in Svizzera. E accanto a qualche ostilità nei confronti dello straniero trovarono anche aiuto e collaborazione da parte delle autorità. La Svizzera non è solo un Paese nel quale l'amministrazione funziona e i servizi al cittadino sono per lo più efficienti. E' anche una nazione dove si può trovare solidarietà e affetto. Chiedetelo ad esempio ai richiedenti l'asilo, che giungono a migliaia in Svizzera, dove vengono accolti e ai quali viene garantita assistenza e istruzione per i figli. Quanti altri Paesi fanno uno sforzo in questa direzione? E per quanto riguarda il rapporto con l'Europa, mi sembra che un certo scetticismo presente in molti svizzeri nei confronti dell'unione europea sia analogo a quello che provano molti cittadini che dell'Europa unita già fanno parte. La differenza è che in Svizzera esiste la democrazia diretta, grazie alla quale il popolo sovrano esprime il suo pensiero, mentre altrove non è così: perché non proviamo a chiedere ai tedeschi, agli italiani, agli spagnoli, ecc. quale Europa vorrebbero? Stefano Moderimi Lugano (Svizzera) Quella «valanga di omicidi» a Genova Leggo sulla Stampa del 15 luglio) un articolo dal titolo: «Caso Boccassini. Tiziana Parenti: ora intervenga il p.g. di Genova», a firma Alessandra Pieracci. La cronista, dopo aver parlato del caso giudiziario che riguarda il magistrato fida Boccassini e l'on. Tiziana Parenti e riferito circa l'avocazione richiesta da quest'ultima al Procuratore generale di Genova, inopinatamente e senz'alcuna correlazione mi fa bersaglio dei suoi strali, attribuendomi una «gaffe» che, a suo dire, avreicommesso durante il discorso pr l'inaugurazione dell'anno giudisiario 1997 denunciando erroneanente «una valanga di omicidi che arebbero p+ati commessi a Genova. Si può forse indulgere al lesico della cronista, meno - ritengo alla disinformazione. Per i lettor del vostro giornale mi preme piutosto chiarire requivoco, che sta soto le parole e nasce dall'evidente cenfusione tra «notizie di reato» e -eati accertati. La rilevazione statistica presso le procure si riferisce, diaorma, alle notizie. Queste provenfono da varie fonti (e quindi sono a volte ignorate dalla Polizia locale) e possono in seguito rivelarsi irrfondrte. Per quanto concerne gli omicidi, sotto questo titolo viene iscritti a registro ogni caso di morte violenta o semplicemente sospetta, e ciò per consentire di svolgere legittinamente tutte le indagini, anche tecniche, occorrenti. E idati statistici circa l'attività processuale svolta, nell'anno che interessa, dai p.m. sono, di necessità, «incisellati» sotto il titolo di reato orginariarnente ipotizzato indipendentemente da un esito che, il più delle volte, non si conosce e può essere incora molto lontano nel tempo. E' ì criterio meno imperfetto per delibare l'andamento del fenomeno c ;linquenziale, anche a causa dei t mpi patologici del processo penali, Mi ero ripromesso di chiarire quanto sopra in sede d': ìaugurazione dell'anno giudiziarie 1998, ma la serietà del vostro giorn le, contrapposta al linguaggio grituitamente offensivo della cronisti, m'induce ad uscire dal riserbo irràostomi. Guido Zavandie, Genova frocuratore generale dellakepubblica presso la Core d'appello Prendiamo atto delle giujtificazioni di un dato che, all'epoc della sua comunicazione ufficiai provocò scalpore tra gli stessi «ai ietti ai lavori» tanto da sollecitali un intervento del questore di finova per smentùe le cifre, mtervejto debitamente riportato sulle jpgine dei quotidiani. Tale, pie.]