Il pifferaio magico degli hotel

IL MIO CLIMA IDEALE E' SILENZIOSO. Mariotti, ex direttore del Mayfair, ci riprova sulla 77a strada Il pifferaio magico degli hotel «Catturerò i vip italiani a New York» NEW YORK. Ha lasciato il famoso Mayfair su Park Avenue e da due mesi si è trasferito pochi isolati più su al Mark Hotel, sulla 77a strada, all'angolo con Madison. Dario Mariotti, per gli stranieri di passaggio da New York, è un'istituzione. «Chi arriva in questa città ha bisogno di una casa, di un posto accogliente dove ritirarsi dopo una giornata pesante», ci tiene a sottolineare questo signore, nato in Malesia, dove suo padre era ispettore per la Fiat, che dall'età di 14 anni ha passato la vita a lavorare negli alberghi di tutto il mondo, dall'India alla Germania, la Svizzera, l'Italia e Portorico, prima di approdare definitivamente negli Stati Uniti. Il Mark, proprio accanto al più grande e famoso Carlyle, meta di ricchi anglosassoni conservatori, ha più l'aria di una casa privata che di un porto di mare. Come il Westbury, più giù su Madison, o il vecchio Dorset, alle spalle del Museum of Modem Art, fa parte della categoria degli alberghi più piccoli, raccolti, che fanno sentire gli ospiti a casa propria e rischiano di essere schiacciati da quelli grandi e alla moda come il «Four Seasons» sulla 57a strada, progettato da Ieoh Ming Pei, il Waldorf Astoria su Park Avenue, il Soho Hotel a Down-town. Tutti luoghi dalle architetture storiche o ultramoderne, dall'aria che più americana non si può o rarefatti fino aU'mverosimile, per cui il cliente, chiunque esso sia, non è altro che un numero. A New York le grandi catene fanno una guerra silenziosa e costante alle piccole istituzioni. E negli alberghi succede quello che accade nelle librerie, dove il gigante «Barnes and Noie» schiaccia «Shakespeare and Company» o le «Corner Book- store». Ecco perché George Rafael, appena il Mayfair ha chiuso i battenti per diventare un residence, ha acchiappato al volo Mariotti. Vuole che, come un pifferaio magico, convogli i suoi affezionati, da Juan Carlos di Spagna a Mario d'Urso, a Montezemolo ad approdare al Mark, tra Central Park e il Whitney Museum, che in pochi mesi è diventato il salotto di New York, con le sue 180 camere sempre al completo. Mariotti, seduto al bar al suo solito tavolo, racconta i viaggi, le storie, i personaggi e le loro manie, che hanno affollato la sua vita. Fellini e Giulietta Masina, che vennero a presentare a New York «Ginger e Fred», Carlo Di Palma, uno degli affezio¬ nati, Woody Alien, che quando fa i suoi breakfast con Soon Yi non vuole nemmeno essere salutato, Sofia Loren, che pretende la pasta fatta in casa da sua moglie Gabriella, qualcuno scaramantico, che fa cambiare il numero alla stanza o qualcun altro, che non può dormire senza il cuscino di lana. Lui sorride e asseconda i tic di tutti. Sa il colore dei fiori preferito da ognuna delle ospiti, i giornali che vogliono al mattino insieme al caffè. Alle otto e mezzo, per gli italiani c'è il telegiornale Rai, il quotidiano, la frutta. E alla fine racconterà il tutto in un libro: «Un piede qua, un piede là: storie di spostati». Fiamma Arditi Sofia Loren è un'affezionata cliente di Dario Mariotti, quando arriva a New York gli chiede se può avere la pasta fatta in casa