Gli irriducibili delle Alpi

REPORTAGE REPORTAGE AZZARDO IN ALTA OUOTA Ma quello di ieri è stato un altro giorno nero sulle montagne: due morti e due dispersi Gli irriducibili delle Alpi «1pericoli non ci fermano nelle scalate» CERVINIA DAL NOSTRO INVIATO Nell'attesa che il Cervino smetta il broncio, il barometro dell'alpinismo volge al brutto. Sotto la «Gran Becca», come gli abitanti della Valtournenche chiamano il nero monolite, arrivano notizie di morte. Da Zermatt, la Cervinia svizzera, e da Chamonix. E da Bolzano: su un sentiero della Vetta d'Italia la neve fresca ha tradito un escursionista di Codogno (Milano), Enrico Mancini, 56 anni. E' scivolato accanto ai suoi due compagni di gita ed è precipitato per 300 metri. Sul Cervino di Zermatt è morto un inglese, che ha sfidato la parete nonostante i consigli delle guide alpine. Era già oltre quota 4000 quando la valanga l'ha portato con sé nel baratro di oltre mille metri. E ancora la neve può essere la causa della scomparsa di due alpinisti sul Monte Bianco, versante francese. E' dal dieci luglio che non danno più notizie. Erano in campeggio a Chamonix. Le loro tende sono ancora là. I gendarmi del plotone di alta montagna presumono che volessero sabre le Aiguilles Vertes, infilata di guglie velate da ghiaccio e chiazzate di neve. I due sono Donic Gree, 25 anni, e Arne van der Zwan, di 23, residenti in Gran Bretagna. Sono gli irriducibili delle Alpi, quelli pronti a sfidare bollettini meteorologi e consigli delle guide pur di dare la scalata alle vette. Altri invece preferiscono aspettare sotto il Cervino. Molti se ne sono andati, qualcuno ha arrampicato sulle montagne della conca del Breuil. Ma il «re» resta inawicinabile. E adesso anche i «Rambo», tutti muscoli e palestra, dopo aver provato ad «assaggiare» la montagna vera, lasciano perdere. Così il rifugio Bionde, che da Cervinia è un puntino nero nella neve, si è svuotato. Neppure «gli alpinisti di adesso» come li chiamano a Cervinia, e cioè la gente dell'Est europeo, resistono. Yan è arrivato su una vecchia «Skoda» bruciata dal sole e dagli anni. Si trascina dietro uno zaino gigantesco grigio-verde che deve pesare una montagna. Gli esce trenta centimetri per fianco. Da lontano questo ragazzo smilzo sembra un gigante. «Io non mi muovo - dice in un inglese stentato -. Non ancora». Ma è uno degli ultimi irriducibiU rimasti, uno che non aspetta, che prova quasi ogni giorno. I suoi amici se ne sono già andati. Erano arrivati con un pullman ansimante, di quelli che sembrano aver dipinto sul muso un ghigno satanico, mentre in realtà è la «dentiera» arrugginita del radiatore. In trenta, dalla Lituania. Hanno provato da tutte le parti, poi sconfitti hanno dato l'arrivederci al Breuil dicendo alle guide: ((Avevate ragione voi. Non si può fare». Yan assicura: «Sono pronto». Ma è fermo da due giorni. La salita alla capan- na Carrel, passaggio obbligato per la vetta del Cervino, deve aver minato il suo ottimismo. La «Carrel» è l'unica mèta raggiungibile. «Ma ancora a fatica», dicono all'ufficio guide di Cervinia. E' all'inizio deU'infinita cresta nera del «re», poco più di 150 metri sopra il colle del Leone. Per arrivarci bisogna arrampicare, passare la «cheminée», uno dei punti con corde fisse. Sotto c'è soltanto il vuoto. E poi lo scivolo candido delle valanghe lasciate cadere dalla Testa del Leone che sembra reggere a occidente il Cer- vino. E lì sotto una bicicletta e un paio di scarpe da ginnastica nascondono il mistero di quest'estate al Breuil. Una sorta di «fil rouge» che sa di dramma deve legare quella bici lasciata in una curva a ridosso del rifugio Bionde a un paio di «Rayban», un bastoncino allungabile da alpinismo e un pacchetto di caramelle gommose alla menta. Non c'è alcuna denuncia di scomparsa, ma la mountain bike era lì da venti giorni. Sotto il sellino un indirizzo di un negozio di bici di Genova. Caramelle, bastoncino e occhiati sono saltati fuori da un'enorme valanga proprio sotto la ((via» che sale sulla Testa del Leone e che porta al Cervino. Troppi segni sfavorevoli. E gli irriducibili di Cervinia cominciano a sparire. Le guide alpine, che non inseguono storie da raccontare ad amici creduloni, aspettano senza drammatizzare. Una di loro, Lucio Trucco, con brevetto fresco di un anno, è appena rientrato dalla Nord (in discesa) del Lyskamm, ribattezzata proprio per le valanghe «la mangiatrice di uomini». E oggi, se la notte sarà stata abbastanza fredda, guiderà sulla vetta della Nord del Breithorn Luca Melanzini, di Vanzago, fresco di maturità. «Fra due giorni spero che si possa fare il Cervino», dice Trucco. Speranza condivisa da Sergio Gabbio, guida di Alagna, che qualche giorno fa ha portato in quell'inferno di neve della Testa del Leone e fino alla «Carrel», John Williams, 60 anni, di San Francisco. «Una faticaccia - dice Gabbio -. Lui è molto bravo sulla roccia, ma davanti a quel ghiaccio e quella neve ha avuto paura. E poi le condizioni erano impossibili». Gabbio ha un altro cliente in attesa, la soubrette Kay Rush (prima era Kay Sandvick) che fu accanto a Vianello in ((Pressing». Domenica è arrivata in vetta al Monte Rosa. Ora tocca al Cervino. A guardare il cielo c'è anche un signore di 83 anni. Aspetta dal suo ottantesimo compleanno di rifare quel Cervino che vinse 12 anni fa. E' Holt Johannes, ingegnere, che ha progettato i ponti di Oslo. Fino a ieri era a Zermatt e in mattinata è arrivato a Cervinia, facendosi molti chilometri a piedi. Enrico Martinet A Cervinia arrivano anche dai Paesi dell'Est Ma qualche «rambo» poi rinuncia per paura Fra chi aspetta che il tempo migliori c'è la show-girl Kay Sandvick: «Domenica ho scalato il Rosa» E scatta un nuovo allarme Da una valanga emergono un bastoncino da alpinismo e un paio di occhiali L'abbondanza di neve è la causa principale delle recenti morti in montagna. A destra, la show-girl Kay Sandvick, che domenica ha scalato il Monte Rosa